Bazal'tgorod aveva accettato l'alleanza grazie alla mia intercessione.Cercai di contenere l'entusiasmo all'idea delle facce che mi avrebbero riservato Trèinor e gli altri ma, durante la traversata per i corridoi che ci avrebbero riportati alla sala del trono, il knjaz non perse occasione di dimostrarsi poco propenso alle trattative.
«Rimarrai qui» annunciò, senza neanche prendersi la briga di voltarsi, continuando a incedere a passo svelto lungo il dedalo buio. «Prendila come una garanzia che quei vigliacchi dei tuoi amici non se la svignino in vista della battaglia.»
Inghiottii l'insulto ai suoi danni e puntai gli occhi di fronte a me. Stavolta, neppure Ivan mi diede man forte. «Non sono dei vigliacchi, potete fidarvi di loro. Non avrebbero affrontato mesi di marcia, altrimenti.»
«Niente discussioni, ragazzina.»
«Non discuto, comprendo la situazione, ma l'accampamento di Gorazd è più vicino alle vostre porte.»
«E quello di Trèinor e il suo ridicolo stuolo di fatine si trova all'esterno. La nostra fortezza, invece, è impenetrabile. Vuole prenderti?» Zeknerj mi indirizzò un ghigno feroce da sopra la spalla e innalzò il pugno, così stretto da far scricchiolare le falangi. «Che si faccia avanti! Le terre nere lo inghiottiranno.»
Sospirai, immaginando che insistere non sarebbe servito a molto. Zeknerj appariva irremovibile nelle sue convinzioni e io non ero nella condizione di avanzare pretese. Quando comunicai la notizia a Flynn, una volta raggiunto l'androne di giada, le cose precipitarono.
Il drago mi avviluppò la coda attorno ai fianchi e mi attirò a sé, grondando astio e possessività. «Se sperate davvero che la lasci incustodita qui, in una roccaforte in cui potrebbe diventare la vostra cena, potete scordarvelo.»
«Flynn...»
«Riferirò il messaggio a Trèinor» sancì, lapidario. «Poi tornerò. Sono stufo di starmene in disparte a guardare te che cerchi in tutti i modi di farti ammazzare.»
Dall'alto del suo trono di ossa, Zeknerj acconsentì con un cenno delle dita alla richiesta del mio compagno, prima di congedare la družina. Il drago slittò verso il corridoio che avevamo attraversato per entrare nella sala del trono e scomparve, fagocitato dall'oscurità.
Rimanemmo noi tre: io, il knjaz e il väringr, e la consapevolezza che, ora, la fantomatica battaglia che ci eravamo raccontati l'un l'altro fosse un qualcosa di tangibile.
Io non ero mai stata in battaglia. O meglio, ricordavo le serate trascorse con la radio accesa, i sussurri cupi di mia madre e delle altre donne del paese, la nonna acciambellata sulla sedia a dondolo che stringeva Tommy fra le braccia. Erano fotogrammi pastosi, appartenenti ai primi dieci anni della mia vita. Mi era sembrato normale, all'epoca, crescere con l'idea che la guerra mangiasse tutto ciò che incontrava lungo il cammino, e che, come un verme, espettorasse i resti di ciò che aveva divorato trasmutandoli in spianate di macerie su cui galleggiavano strati di caligine fangosa e spessa.
«La tua parlantina si è esaurita?» mi richiamò Zeknerj.
Quasi non l'avessi neanche sentito, domandai: «Qual è il punto più alto del Pinnacolo?».
«Cosa vuoi fare?»
«Capire se le stelle si vedono, da qui.»
Il knjaz non rispose, non subito. «E perché mai?»
Avrei voluto dir loro che, nella notte in cui non ero riuscita ad addormentarmi, con il ricordo delle prese in giro di Jim Doherty ancora sulla pelle e, impigliati tra i sogni, gli echi delle bombe che sfrecciarono nel cielo di Dublino in quel 31 maggio 1941, avevo aperto la finestra della mia stanza e le avevo cercate. La frustrazione era sgorgata e scivolata via dai miei pori, in vapori miasmatici. «Romanticherie da umana.»
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BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)
FantasyCOMPLETA | Irlanda del sud, 1953. È il culmine della notte di Lammas quando Beatrice decide di mangiare le primule, "i fiori che rendono visibile l'invisibile". Lanciatasi all'inseguimento di uno Spriggan, un turbine di fate la conduce alle porte de...