La pioggia si fermò, lasciando che il cielo si diradasse per far posto a un sole estremamente caldo.
Ariel lo avvertì sulla pelle olivastra, prima di osservare quanto stava per accadere.
Heliu gli passò vicino con i pugni chiusi e l'incedere di un soldato. «No... Aspetta...» ma la voce flebile non riuscì a raggiungere l'udito del ragazzo.
Si era messa a camminare per fermarlo, senza riuscirci.
Aveva visto Nathan fare uno scatto in avanti per bloccarlo; Acab con le mani in alto in segno di resa; Simon che urlava il nome di Heliu, autorevole.
Niente riuscì a fermarlo. Quando Ariel vide il pugno diretto al viso di Acab fu come subirne il contraccolpo.
«No!» urlò e, all'improvviso, sentì quanto fosse importante, per lei, la presenza Acab. La mente le diceva che, forse, quell'azione avventata di Heliu era la giusta ricompensa per chi aveva visto e agito in favore delle tenebre. Un pensiero leggero e inconsistente, rispetto alla gratitudine che nutriva per la vittima di Heliu.
Non poteva essere giusto. Avrebbe dovuto pagare, sì, ma non in quel modo. Non era così che avrebbero avuto la meglio sui Lucifer; non con le loro stesse armi.
Vide Simon muoversi di corsa per bloccare Heliu; lo tirò dal cappuccio della felpa quando già il terzo colpo era stato assestato alla schiena. Lo strinse da dietro, avvolgendogli le braccia al petto e, aiutato da Nathan, riuscì a farlo rinsavire, mentre le sue urla continuavano a riempire l'aria di veleno.
«Heliu, basta!» gli ordinò Simon, strattonandolo dal colletto della giacca.
Lucia si era alzata e, con sguardo vuoto, aveva assistito con una sorta di compiacenza: la vicinanza di Ariel al suo carceriere era qualcosa che non sopportava e non riusciva a comprendere.
«Era mio fratello...» proferì Heliu guardando Simon con gli occhi lucidi, venati di rosso e la voce rotta. «Era mio fratello, Simon...»
Il volto di Simon mutò: dal cipiglio di un padre autorevole, pronto a riprendere il figlio che ha fatto a pugni col bulletto della scuola, allo sguardo compassionevole di Colui che comprende il cuore e la debolezza dell'animo umano.
Una goccia trasparente gli si posò nell'angolo delle labbra, curvate in un triste sorriso. «Ma Heliu...» allentò la presa. «Joshua era mio figlio.»
Poche parole a racchiudere un universo di affetto e di vita vissuta accanto ad un'altra giovane esistenza, curata e custodita con paterna sofferenza. In quella frase c'era la spiegazione del suo operato. Non avrebbe avuto senso l'azione vendicativa dei fratelli se il padre aveva perdonato.
Mai, come in quel momento, Heliu si sentì figlio: in uno sbaglio, nella correzione e nella crescita racchiusa in un abbraccio.
«Acab... M...Mi senti?» Ariel si era piegata sulle ginocchia e, cogliendo l'occasione della sua semi incoscienza, osservò Acab da vicino. Era disteso a terra, con il viso rivolto verso l'interno della struttura; il respiro lento e frammentato. Gli levò dal viso della ciocche nere incollate agli zigomi. «Acab, forza...» lo incoraggiò, mostrandogli la mano.
Lui puntellò le mani nel fango, e, alzandosi caproni, una volta posati gli occhi sul viso di Ariel, avvertì un moto di rabbia.
Era passato dall'essere l'erede di una delle famiglie più potenti del mondo, al ritrovarsi ai piedi di una giovane cristiana pronta a gettarlo di nuovo nelle ombre.
Quello sguardo la intimorì e, al contempo, la spronò a continuare. «Acab, ci sono qua io. Non temere.» Sapeva come ci si poteva sentire a non essere apprezzati per quello che si è fatto; sapeva che quel luogo aveva il potere di schiacciarti col peso di un'amore diverso, l'avrebbe aiutato a ricominciare, in qualche modo.
Acab comprese che Ariel non si sarebbe fermata davanti al suo muso duro. Glielo leggeva negli occhi; occhi che apparivano veri, di una dolcezza brutale e irrimediabilmente convincenti.
La sua mano tesa era una tentazione non indifferente e, con una certa riluttanza, si alzò per fare i conti con gli effetti del digiuno, della sofferenza e dei colpi subiti che lo portarono ad avere le vertigini.
Ariel dovette farsi aiutare da Nathan per portarlo dentro l'infermeria del Centro. Una volta passata accanto a Lucia, notò nei suoi occhi un ombra di rancore immotivato. Non una parola, non un sorriso.
«Lucia» la voce Simon la destò. «Cosa ti prende?»
Tutti suoi dubbi e i suoi pensieri erano chiusi dentro uno scrigno, impossibile da aprire, almeno in quel momento. «Padre...» sussurrò, abbassando gli occhi.
«Se abbassi gli occhi mi è difficile guardare ciò che ti turba, questo lo sai bene.» Sorrise posando la mano sulla sua spalla.
«È un assassino.» rispose lei in tono grave, prima di alzare gli occhi torvi, velati di pianto.
«Tu non hai mai desiderato il male di nessuno?»
«È capitato...» confessò, voltandosi verso i due che aiutavano Acab ad entrare nelle sale interne.
«E vorresti che Acab morisse come ha fatto morire Joshua. Non è vero?»
Le labbra rosee in una linea sottile. «Sì, è così.»
«Beh, Lucia, sappi che agli occhi di Dio sei come Acab. Lui ha fatto del male e tu vorresti farlo.»
Lucia avvertì nel petto una lama che recideva la radice di un albero che si era coltivata. Un albero che fruttava convinzioni di perfezione e santità, quando, in realtà...
«Se credi di essere meglio di lui...» Simon si piegò sulle ginocchia. «Se pensi di essere migliore di altri peccatori...» per poi rialzarsi e mostrarle nel palmo aperto una pietra tondeggiante. «Scaglia la prima pietra». Le prese la mano e gliela chiuse nel pugno. Lucia alzò il mento a fissare gli occhi in quelli nocciola del Padre. «I...Io non posso...» confessò.
«Proprio così» Simon si incamminò verso l'interno della struttura, lasciandola insieme a Heliu a riflettere sul messaggio che le aveva rivolto. Poi si fermò, prima di salire il gradino dell'ingresso. «Se vi credete tanto giusti, sappiate che il più santo pecca almeno sette volte al giorno».
Lo guardarono con un nodo in gola e la consapevolezza di averlo deluso. «Per Nostro Signore non esistono peccati peggiori di altri. Lui aborrisce il peccato, ma fa di tutto per salvare il peccatore». Sicuramente quelle erano parole che pensava e che credeva fossero veraci, ma Simon sentì su di sé il macigno di quel che aveva appena pronunciato. Come poteva mentire a se stesso? Anche lui, da guida, da Mandato, aveva - seppur per un momento- desiderato vendetta.
"Ma Simon, non ti ho forse detto che l'esito della battaglia appartiene a Gesù Cristo?"
Il ricordo di Peter e quella parola l'avevano accompagnato su per le scale, fino a quando, avvinto dalla disperazione, si era fermato di fronte alla porta del suo studio.
Batté un pugno alla superficie legnosa e si lasciò andare alle lacrime.
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The Name of Jesus Christ
ParanormalLa cittadina di Filadelfia sembra un borgo tranquillo, in cui la gente comune passa la giornata senza occuparsi degli strani avvenimenti che accadono da diverso tempo. Tuttavia, Simon si ritrova - suo malgrado - a combattere per la salvezza delle an...