Capitolo 13: 𝒊𝒍 𝒈𝒂𝒛𝒆𝒃𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒇𝒊𝒂𝒃𝒆.

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Chiusi gli occhi, restando immobile nel letto, le braccia di mia madre strette intorno al mio busto. Quando lei si voltò dall'altra parte, lasciandomi andare, mi alzai per prendere uno dei suoi pigiami. Il mio vestito era scomodo e stropicciato. Troppo stanca, indossai la prima cosa che trovai nel cassetto in cui riponeva i pigiami.

La mia mente non mi concedette di riposare a lungo. Mi svegliai ripetutamente durante tutta la notte. Gli incubi non mi volevano lasciare dormire, e io dovetti arrendermi.

Seduta sul letto, le ginocchia piegate verso l'alto, osservai mia madre che invece stava dormendo senza pensieri. Il suo sonno sembrava tranquillo e composto. Essendo senza telefono, non potevo nemmeno passare il tempo sui social. Se non mi fossi mossa a trovare uno svago per la mia mente, i miei pensieri più oscuri sarebbero tornati a occuparla.

Uscii dal letto lentamente, cercando di non svegliare mia madre. Senza fare rumore, lasciai la stanza, intenzionata a tornare nella mia. Non mi piaceva andare in giro senza occhiali. Li recuperai dalla scatolina in cui li avevo lasciati la sera precedente.

Il mio sguardo cadde fuori dalla finestra, sul giardino vasto e silenzioso. Il cielo era chiaro e pieno di vitalità. Alle sei di mattina probabilmente ero la sola sveglia in tutta la villa e ciò mi avrebbe permesso di uscire senza essere notata. Prima di andare in giardino, passai in bagno, almeno per analizzare lo stato in cui mi trovavo. Il mio volto, riflesso nello specchio, era distrutto. Mi parve di essere invecchiata di un decennio. I miei occhi erano ancora rossi e gonfi, con occhiaie scure e dolorose sottostanti. Ero andata a dormire senza struccarmi, quindi mi ritrovai la pelle irritata.

Lasciai scorrere l'acqua del rubinetto a lungo, concentrandomi sul suono piacevole del suo scorrere. Solo dopo alcuni minuti, che sembrarono espandersi all'infinito, mi lavai il volto e mi diressi verso l'entrata della villa.

Appena chiusi la porta principale alle mie spalle, una folata di aria fresca mi colpì in pieno volto. Il sole non era ancora sorto del tutto. Sfumature di rosa e arancione arricchivano ancora il cielo, rendendolo spettacolare. Nonostante stessi indossando una camicia da notte leggera, mi abituai in fretta alla temperatura primaverile e con piacere iniziai a camminare.

Non avevo una meta precisa. Se la piscina non fosse stata coperta come ogni notte, ci sarei andata volentieri. Mi diressi, invece, guidata dalla brezza verso un'area che non frequentavo da anni.

Gli alberi lì erano più fitti, radunandosi intorno a un sentiero stretto che ancora ricordavo a memoria. Arrivata al gazebo nascosto, mi fermai un attimo, godendomi quella vista. Sembrava uno scatto rubato da un libro di fiabe. Quella struttura in legno si immergeva nella boscaglia con incanto, dandogli un aspetto magico.

Se mi fossi voltata, sarei riuscita a vedere ancora le mura della villa, interrompendo la magia. Quindi, mi sedetti in una delle panche dentro al gazebo, cercando di dare le spalle alla casa.

Da piccola andavo spesso a giocare lì. Mi era sempre piaciuta l'atmosfera di quella zona, ma da quando Lucky aveva iniziato a portarci le sue conquiste, avevo smesso di frequentarlo. Ricordavo ancora troppo bene quella volta in cui lo avevo scoperto baciarsi con una ragazza proprio sulla panchina su cui mi ero seduta. Lui aveva guardato verso di me e mi aveva sorriso, consapevole di avermi appena sottratto un luogo caro.

Essendo immerso tra gli alberi, il gazebo era silenzioso e i suoni della villa arrivavano ovattati. In primavera, quando i fiori iniziavano a sbocciare, il prato intorno diventava pieno di colori e vita. Osservai alcune margherite che si stavano aprendo, trovando conforto nella natura che mi circondava.

Mi aggrappai al legno e lasciai che le mie gambe dondolassero avanti e indietro. Era un gesto rilassante, che unito alla vista del cielo, sempre più azzurro, mi fece sentire un po' meno pesante.

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