Bunker 306, ore 14:29

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Dato che non c'era traccia di mostri, Davide ha sprecato qualche minuto in più in infermeria per fermarmi l'emorragia e disinfettarmi la ferita. Non riesco a muovere le dita e temo che la situazione non migliorerà mai.

La porta del bunker, proprio come ci eravamo aspettati, ci attende spalancata. Uno zainetto giace a terra, semisommerso nell'oscurità del tunnel. Lo raccolgo mentre Davide ispeziona entrambi i lati dell'uscita puntando la torcia di qua e di là.

«Via libera» dice. «Il bunker 307 è andato, quindi a 'sto punto ci rimane solo da anda' al 305. Che sta di qua.» Indica alla propria destra. Si accorge soltanto adesso dello zainetto che sto ispezionando e mi si avvicina per sbirciare. Il suo fiato caldo mi solletica il viso.

«È di Mirtilla» gli spiego. All'interno c'è il tomo dei racconti del Necronomicon che salta fuori come una fetta dal tostapane nei film americani; lo estraggo per controllare cos'altro ci ha infilato dentro: una boccetta di deodorante, una bottiglietta, una scatola di fiammiferi e altre cianfrusaglie. Queste, nella sua testa, sono cose di estrema importanza.

L'appellativo di La Stramba se lo merita proprio in pieno.

«Quindi l'ha aperta lei, c'avevamo ragione.» Davide non nutre dubbi al riguardo, mi guarda dall'alto puntandomi i piedi con la torcia per non accecarmi.

«Forse.» Certo, questo zaino potrebbe essere un'ulteriore prova della sua colpevolezza, tuttavia potrebbe averlo semplicemente perso mentre fuggiva dai mostri. Dopotutto, non vedo una ragione sensata per allearsi con delle creature assassine, a meno che, certo, non sia una creatura assassina lei stessa.

È una possibilità improbabile, eppure una parte del mio animo, la stessa che brilla nel suo innocente bisogno di credere in una possibilità, vuole credere a questa versione. Mirtilla al momento sarebbe l'unico essere in grado di parlare ed esprimersi e, forse, potrebbe rispondere alle mie domande. Forse potrebbe dirmi dove trovare Ivy.

Mi isso lo zainetto sulle spalle e seguo Davide lungo il tunnel.

Non mi spaventa più, la sua oscurità totale. Benché le visioni dell'ammasso di cadaveri, dei mostri informi e della sostanza nera mi compaiano davanti a ogni passo, la mia anima è già troppo piena di terrore perché la infettino. Il bunker 305 ci aspetta, chissà con quali creature al suo interno; mia sorella potrebbe non esserci più. Se trovassi il suo corpo senza vita, perderei anche la voglia di combattere?

Finché non so se stia bene o meno, posso sempre sperare. Nonostante la morsa al petto continui a ripetermi di smetterla, perché nel mondo in cui sono piombata non esiste nessuna speranza per il domani.

Ed ecco il motivo per cui non temo il tunnel. Anzi, una parte di me desidera non arrivare mai a destinazione, desidera che continui per sempre.

Posso smettere di esistere in questo buio. Fingere di non essere.

Davide e la sua luce non mi danno conforto. Lui non parla durante il tragitto, se non per assicurarsi che io stia bene e che non stia per svenire. Lo rassicuro ogni volta, sebbene io per prima non sappia quante forze mi rimangano in corpo. A giudicare dal modo in cui mi si piegano le gambe, direi poca.

Vaghiamo così, nel nulla eterno, finché delle voci non ci riportano alla realtà, ricordandoci chi siamo e dove andiamo.

Il mio traduttore automatico è fuori uso e non distinguo le parole strascicate dell'uomo, né la domanda di Davide che arriva subito dopo, diretta a me. Guardo la sua fronte, bagnata appena dalla luce della torcia. Ma non rispondo.

Lui mi scrolla per una spalla. «La', ci stai, oh?»

Annuisco, la vista annebbiata. Non ancora, è troppo presto per riprendere a esistere.

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