Bad dreams

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HARRY

Mi rigirai per l’ennesima volta nel letto matrimoniale di mia madre, che stava diventando sempre più caldo in quelle rare quanto aride giornate d’estate. Avevo deciso di dormire lì perché Louis era nella mia stanza e la stanza della mamma era esattamente affianco alla mia, ed ero più sicuro in questo modo. Non riuscivo a prendere sonno, c’era qualcosa che mi impediva di dormire. Il pensiero di Louis nella mia stanza, dopo quelle poche parole che eravamo riusciti a scambiare, non mi permetteva di riposare bene. Volevo andare da lui, abbracciarlo e stringerlo forte a me, come mai avevo fatto. Solo la prima volta che ci siamo visti ero riuscito a stringerlo a me, ma era per salvargli la vita. Se non fossi arrivato io che gli sarebbe successo? Se non avessi avuto il buon senso di caricarlo e portarlo a casa dove sarebbe lui ora? Non riuscivo a pensare ai suoi occhi spenti, al suo viso pallido e morto accasciato al terreno, io non potevo proprio. Mi stavo affezionando a quegli occhi azzurro cielo con le loro sfumature di blu, che nascondevano molti segreti. Mi stavo affezionando a quelle poche parole sussurrate con il suo tono pacato e tranquillo rivolte a me e solo a me; tutte queste piccole cose stavano diventando il centro del mio mondo e sentivo che non avrei saputo farne più a meno. Non potevo, ma non era una cosa naturale. In due giorni mi ero legato ad una vita che non mi apparteneva, ad una storia che non conoscevo e che non era la mia, e ad una faccenda più grande di me: stava diventando la mia droga. Ma sarebbe stato qualcosa di positivo? O sarei sceso nell’oscurità dove si trovava l’anima di Louis in questo momento? Ero riuscito a parlare un po’ con lui questa sera, avevo scoperto che adorava il the e che era una persona davvero dolce quando si apriva con gli altri. Mi aveva stupito quando guardandomi e sorridendomi per una delle prime volte mi aveva indicato la tazza con su scritto Harry. Quelle strane sensazioni che avevo provato quel pomeriggio, le avrei ricordate per sempre. Mi rigirai un’ultima volta nel letto e chiusi gli occhi. Passarono dei lunghi minuti prima che riuscissi a prendere un po’ di sonno. Ero in dormiveglia quando ad un urlo scattai in piedi. Iniziai a respirare affannosamente e non riuscivo a non tremare, sentivo delle urla strazianti provenire dalla stanza vicino. Mi alzai di scatto e correndo spalancai la porta della camera dove mi trovavo per ritrovarmi poi davanti alla porta della mia stanza, quella che Louis aveva chiuso alle sette di quel pomeriggio per andare a dormire dicendo di essere stanco. Con un po’ di esitazione la aprii e rimasi semplicemente lì,impietrito e fermo.

LOUIS

“Non me ne frega niente di quello che pensi! Devi stare zitto e subire. Ripeti dopo di me Louis, io non sono niente”Niente, niente, niente, non sono niente, lo so, l’ho capito. Il dolore era troppo, la sofferenza era alta altrettanto ma dovevo assolutamente stare zitto perché non ero niente. Non dovevo fiatare, dovevo solo subire perché non ero niente. Il male era troppo inaudito e non riuscivo più a sopportarlo, ma non dovevo urlare, non dovevo. “I-io non sono n-niente” balbettai appena, con quel poco fiato che avevo ancora nel corpo. Sentivo come una lama dentro di me, qualcosa che non mi permetteva il respiro, mi impediva di pensare, di reagire, non potevo fare nulla. Le spinte diventavano sempre più forti, il dolore era maggiore. Mi tirò i capelli e quasi non sentii più niente.“Parlerai a qualcuno di questo?” e continuava, sempre più forte, sempre più insistente, sempre peggio e io scendevo sempre più in basso, la vergogna, ormai stavo superando anche quella perché non ero più una persona, non avevo più dei sentimenti, io non ero niente, non ero nessuno. “N-no” balbettai ancora nella mia sofferenza. Sentii una risata soffocata e tutto si moltiplicò per cento, per mille, all’ infinito. Mi sentivo morire, sì, probabilmente stavo morendo o forse era ciò che volevo. Non riuscii più a trattenermi e urlai, urlai ancora più forte, sempre di più senza riuscire a fermarmi. Si sentirono dei passi fuori la stanza e qualcuno piangere, poi... non sentii più niente.

HARRY Era rivolto di spalle, rannicchiato su sé stesso. Mi avvicinai lentamente e lo girai per una spalla, così che potessi vederlo in viso. Quando ebbi modo di osservarlo meglio, notai che era pallido, la pelle di un bianco smorto, occhiaie nere a marcare i suoi occhi chiusi. Le sue sottili labbra erano viola e lui era immobile. Era morto? provai a sentire se respirava... Era morto.

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