Camminando per il corridoio buio e vuoto si chiedeva ancora con che coraggio aveva messo piede fuori dal letto quella mattina. Poi la risposta, come se l'avesse sempre conservata dentro di sé, gli si presentò davanti facendolo sprofondare ancora di più nello sconforto.
Si passò le dita affusolate e fredde sul labbro lacerato, una piccola goccia di sangue le macchiò indelebilmente.
Guardò con disgusto quel liquido rosso ramificarsi per tutto l'indice fino a sfociare nel palmo che strinse forte. Chiuse gli occhi languidi e umidi; non vedeva piangere, non in quel corridoio almeno.
Avrebbe aspettato che il cielo grigio si dipingesse di un nero corvino prima di bagnare il volto arrossato di gocce salate. Le lacrime si sarebbero mescolate alla pioggia che da lì a poco sarebbe caduta.
Aspettava sempre il buio per sbattere i pugni chiusi contro il terreno umido e calciare le panchine vuote e fredde dell'istituto.
Non poteva nascondersi, non poteva fuggire.
Poteva solo sperare in una fine, che presto o tardi sarebbe arrivata.
La campanella suonò prepotentemente, quel rumore stridulo gli arrivò fino al cervello, si tappò le orecchie stringendo forte i denti. Poi, dopo essersi accorto che tutti stavano uscendo dalle loro classi, si ricordò di scappare.
Non c'era via di uscita in quello stupido collegio, non un posto dove potesse nascondersi, non un posto dove potesse chiedere aiuto.
Sembrava che tutto lì dentro volesse ucciderlo piano piano, ucciderlo in una morte lenta e dolorosa, strappando via pezzo per pezzo di quella carne rosea e giovane, quella carne che Louis Tomlinson adorava colpire.
Si guardò intorno impaurito, un ricciolo gli cadde sulla fronte, lo sistemò insieme a tutti gli altri. I suoi occhi percorrevano ogni centimetro di quel corridoio affollato. Forse tra tutte quelle persone non lo avrebbe trovato, forse Harry era abbastanza anonimo da potersi nascondere tra le decine di corpi che lo urtavano come se non esistesse, ma purtroppo per lui non era così.
Harry Styles non poteva nascondersi tra la folla, almeno non per Louis; conosceva alla perfezione ogni singolo centimetro della sua pelle, ogni singolo ricciolo ribelle, ogni pagliuzza colorata dei suoi occhi. Lo aveva picchiato talmente tante volte che il ricordo di quell'esile ragazzo dalle labbra rosse gli sarebbe rimasto impresso nella mente a vita, come marcato a fuoco, scolpito nel suo pensiero.
Harry lo temeva, lo temeva come si teme la peste.
Aveva paura dei suoi occhi blu, blu come il mare in cui annegava ogni volta, sprofondando in abissi oscuri. Aveva paura della sua bocca, dei segni che ogni volta quelle labbra sottili gli lasciavano sul braccio. Aveva paura delle sue mani, che lo colpivano, lo graffiavano.
Ma Louis, Louis Tomlinson adorava picchiare Harry Styles. Adorava picchiarlo, adorava umiliarlo davanti all'intero collegio, senza ritegno o preoccupazioni. Adorava il rumore della sua bocca che si lacerava sotto al suo pugno, adorava la paura che vedeva negli occhi di Harry ogni volta che si avvicinava a lui.
Eccolo, si disse Harry abbassando lo sguardo, temendo di poterlo incontrare con il suo. Louis camminava svelto, si faceva spazio tra la folla spingendo e calciando chiunque intralciasse il suo cammino verso la preda preferita.
Harry era immobile, fermo. Non osava scappare, consapevole dei pugni ancora più forti che avrebbe ricevuto se lo avesse fatto. Aspettava inerme la sua condanna, ormai abituato alle botte, ai graffi, ai morsi.
Alzò la testa, guardò Louis sempre più vicino e in quell'attimo notò qualcosa di strano, qualcosa che non aveva mai visto prima nello sguardo del maggiore.
Louis, che ormai era arrivato a lui, assaporava già il gusto del pezzo di carne che avrebbe picchiato e morso, fino al sangue. Incontrò gli occhi del riccio, suo suo volto comparve un sorriso maligno. Ma i suoi occhi, i suoi occhi blu brillarono.
"Ciao piccolo Harry, pronto per la tua dose quotidiana?" Una risata spezzata uscì dalle labbra di Louis, Harry deglutì, era finita.
Louis afferrò il riccio per la manica della camicia bianca perfettamente stirata, uguale identica alla sua e a quella di tutti gli altri. Se lo trascinò dietro come un pezzo di carne da macello, senza rispetto o ritegno, senza pudore e senza un minimo di cuore.
Arrivò alla porta socchiusa della piccola stanza abbandonata da anni in cui nessuno osava entrare. La spalancò buttando Harry per terra mentre cauto richiudeva la porta alle sue spalle, girando nella toppa quella chiave impolverata. Ora Harry non aveva più vie di uscita.
Louis si sedette su una sedia logora, mentre con lo sguardo seguiva i piccoli spasmi di dolore che contorcevano il corpo di Harry. Si alzò, gli andò contro, poi, senza esitare, lo colpì allo stomaco con un calcio. Harry si avvolse il ventre con le braccia mentre ancora a terra tratteneva un grido che non sarebbe mai nato.
"Mi spiace, piccolo Harry, mi spiace. Ma proprio non posso resistere, il mio è un bisogno Harry, il bisogno incontrollato di farti del male, di romperti, di spezzarti in mille pezzi." Mentre pronunciava quelle parole girava intorno al riccio. Lo sollevò da terra sbattendolo contro il muro. Un rumore secco inondò la stanza. Louis lo guardò negli occhio, fissò con prepotenza le pupille dilatarsi, l'iride assumere diverse sfumature di verde. Ecco, era quella. Era quella la paura che Louis adorava vedere nello sguardo del riccio. Iniziò a colpirlo con una scarica di schiaffi e poi pugni. Il riccio cadde a terra per la seconda volta, imprigionò la testa tra le braccia, cercando di non guardarlo, di resistere e aspettare che tutto fosse finito.
"Perché non mi guardi, Harry? Perché non mi stai guardando?" Louis si inginocchiò, raggiungendo l'altezza del minore, gli alzò il mento con due dita, per la prima volta vide una lacrima rigare timida la sua guancia arrossata da pugni e schiaffi, Harry chiuse gli occhi.
Il maggiore lo sollevò, lo sbatté al muro più forte di prima, gli diede altri schiaffi prepotenti, poi si fermò. Lo fissò ancora e ancora mentre il riccio tremava, si contorceva impaurito, dolorante. Abbassò lo sguardo, pronto a piangere, ma Louis glielo impedì, gli alzò il viso e in un istante che sembrava durare anni, premette con forza le sue labbra contro quelle di Harry.
Il piccolo non si ritrasse, assaporando per un momento il calore di Louis che piano piano si diffondeva nel suo corpo pieno di lividi, aprì gli occhi, vide una lacrima che non era la sua cadere a terra, poi guardò Louis, gli occhi chiusi e bagnati, stringeva Harry senza fargli del male.
Il moro si staccò, quasi come se volesse riprendere il fiato. Si staccò da Harry che lo vide passarsi una mano sulle labbra sottili, sfiorandole.
"Perché?" sussurrò Harry, pentendosi subito dopo di aver parlato, ma con sua grande sorpresa Louis non lo prese a schiaffi ma scoppiò a piangere, debole si accasciò sul pavimento con la testa sulle mani. Il riccio poteva approfittarne per scappare, scappare via per sempre, ma non lo fece, si avvicinò a lui alzandogli il viso e asciugandogli le lacrime con il palmo della mano.
"Sono innamorato di te Harry, sono innamorato di te." Gli occhi verdi di Harry si spalancarono colti dalla sorpresa. Louis si alzò dal pavimento fissandolo.
"Io... io non accettavo di essermi innamorato di un ragazzo, di uno come me. Pensavo che picchiandoti sarebbe passato tutto, ma ferirti non ha fatto altro che aumentare la voglia di stare con te. Picchiarti era solo un pretesto per picchiarti, morderti lo era per baciarti. Vorrei dirti che mi dispiace, ma non è così. Non mi dispiace averti picchiato, ogni pugno e ogni schiaffo mi facevano sentire più vicino a te, potevo toccarti e nessuno si sarebbe accorto che in realtà per te provavo e provo solo amore."
Il riccio gli andò in contro, senza pensare gli sferrò un pugno in pieno volto, scoppiando a piangere.
"Tu, tu potevi dirmi che ti eri innamorato di me. Potevi dirmi tutto, non ti avrei giudicato, non ti avrei insultato o cacciato via, ti avrei solo abbracciato e ti avrei detto che anch'io lo ero di te." Le parole gli sgorgavano dalla bocca come acqua, lui stesso si stupì.
"Ero?" Chiese Louis, il suo cuore si strinse, un po' per Harry e un po' per il pugno che lo aveva ferito.
Per tutta risposta Harry si avvicinò a lui, gli sussurrò un no all'orecchio e poi, senza paura e senza vergogna, ricambiò il bacio di Louis. Il maggiore aprì un poco la bocca, quel tanto che bastava a far entrare la lingua di Harry.
Sprofondarono in un bacio lungo e desiderato, di lingue che lottano, che si chiedono perdono e che in qualche modo guariscono ogni ferita.
Quando entrambi ruppero quel bacio si guardarono negli occhi e Louis non vide più la paura, nelle iridi verdi di Harry, che ora, lucide e languide, brillavano.
Quella notte Louis Tomlinson e Harry Styles fecero l'amore per la prima volta, rifugiandosi l'uno nel corpo dell'altro. Louis curò le ferite di Harry e Harry con i baci, Harry le procurò a Louis con i morsi; piccoli e dolci.
Entrambi dopo quel giorno, quella notte, non smisero mai di sorridere.
Harry Styles non aveva più versato una lacrima. Louis Tomlinson non ne aveva più vista una sulle guance di Harry, ma solo baci, i suoi baci.
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Tears
FanfictionLarry os Dal testo: "Non poteva nascondersi, non poteva fuggire. Poteva solo sperare in una fine, che presto o tardi sarebbe arrivata."