Capitolo 15

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La classe 3ªA-linguistico ha oramai l'eccitazione alle stelle all'idea dei cinque giorni di vacanza didattica a Parigi.
Io sono un po' meno entusiasta, dato che Liberio non potrà essere presente. Sarebbe bello camminare per le strade parigine assieme a lui, passare sotto la Torre Eiffel illuminata nella notte, visitare il Louvre, prendere in giro i mimi scimmiottandoli alle spalle, assaggiare le chiocciole, imitare la parlata francese e il loro modo di atteggiarsi...
Nella città in cui si sono innamorati i miei nonni, addirittura!
Sì, sarebbe bello passare una vacanza in compagnia del mio migliore amico.
Purtroppo non sarà così...

«Ficcati una brioches in valigia e portamela, voglio assaggiarla» mi dice. «Originale della terra natia, no?»
«Croissant» lo correggo, simulando una perfetta nasale francese.
Lui alza gli occhi al cielo. «Ma scusa, "brioches" non è una parola francese?» obbietta.
«Forse per i francesi è una cosa differente dal cornetto che intendiamo noi.»
Poi fa un sorrisetto malizioso. «Sarei passato volentieri per il Mouline Rouge.»
Gli tiro una bottarella. «Prima di tutto costa un visibilio! E poi, i professori non lascerebbero mai...»
«'Roxanne!'» urla però lui, facendo la voce rude e grossa.
«Libe! Mi stai a sentire? Niente Roxanne del Mouline Rouge
«'Why does my heart cry? Feelings I can't fight!'» continua a cantare a voce sempre più alta, per farmi dispetto mentre lo spintono e gli urlo addosso.
Sembra prenderla bene, eppure so che gli dispiace non poter venire. Fosse per me starei a casa, ma mio padre ha ragione quando dice che si tratta di un'esperienza importante, in particolare perché studio a un liceo linguistico.
Abbiamo già pagato tutto, ormai mancano meno di due settimane alla partenza!

                                   *

«C'è stato un attentato a Parigi.»
Mi volto di scatto verso mio padre, che sta leggendo il giornale sul cellulare.
Mi dà le spalle, dunque non riesco a cogliere la sua espressione, ma il tono cupo dice tutto: «Ieri, in tarda serata. Un uomo armato ha sparato a dei poliziotti. Uno di loro è morto, altri due sono feriti gravemente. Un turista è in ospedale, ma non è grave».
«E l'assassino?»
«Morto. I poliziotti gli hanno sparato mentre tentava di fuggire.»
Afferro lo zaino e lo metto in spalla. «C'entra ancora...»
«Sì.»
«Cazzo... Pensavo che gli attentati alla Francia fossero terminati...»
Babbo scuote la testa, teso e accigliato. «E invece no...»
«Dici che è collegato al recente attacco a Stoccolma? Secondo te dovevamo aspettarcelo?»
«Come si possono prevedere disgrazie del genere?»

Mi volto verso nonno Gigi che, seppur cupo quanto mio padre, non dice niente.
Sento attraversarmi da un violento brivido. Parigi è stata attaccata... e io dovrò essere là fra pochi giorni...
«Non voglio andarci...» confesso a voce fioca.
«Non ci andrai» mi rassicura mio padre, con convinzione. «Non solo perché lo dico io, ma vedrai che la scuola non vi permetterà di partire. Ora va', o perderai l'autobus.»

                                    *

Non appena la professoressa Delfi entra, rimaniamo tutti in religioso silenzio.
È l'ultima ora, e in classe abbiamo discusso a lungo dei recenti e tragici sviluppi...
Come previsto da mio padre, la professoressa dice, affranta: «Avrete saputo di cosa è accaduto ieri sera. Mi dispiace, ragazzi. Speravamo che gli attentati alla Francia si fossero placati nel giro di quest'anno... E invece, a pochi giorni dalla nostra partenza, ecco che accade questo...» Si appoggia di fronte alla cattedra e, togliendosi gli occhialetti per massaggiarsi la radice del naso, sospira forte. «Non potremo andare. La scuola sta già annullando il viaggio di studio...»
Il silenzio segue tra noi, pesante come una gelida incudine...
«Vi verranno restituiti tutti i soldi» assicura la professoressa, a occhi bassi. «La preside si sta già organizzando. Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto. Ci tenevo proprio come voi, e...»

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