Capitolo 14

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L'ottava fatica


Prende la parola il Re in persona: "siete rimasti in 44 valorosi ragazzi. Avete dimostrato di avere coraggio, forza, garbo, resistenza e di saper pensare rapidamente ad una soluzione se in difficoltà. Adesso voglio capire chi è disposto a rischiare la propria vita per Greta e chi invece no. Potete ritirarvi ora e tornare a casa vivi. Ma se rimanete, dovete essere consapevoli che potreste non tornare mai a casa. A voi la scelta."

Nessuno rispose e nessuno se ne andò.

"Bene, l'ottava fatica consiste nello sfidare in una gabbia un leone. Uno alla volta. E nessuno potrà vedere gli altri combattere. Sarete chiamati ed ognuno dovrà cavarsela da solo. Nella gabbia, a parte voi e la bestia, troverete degli oggetti. Usateli come lo riterrete opportuno per salvare la pelle ed uscire dalla porta posizionata proprio dall'altra parte dell'ingresso."

Noi vedavamo i ragazzi entrare ma non li vedavamo uscire

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Noi vedavamo i ragazzi entrare ma non li vedavamo uscire. Non sapevamo nulla. Le opzioni erano due: potevamo ritirarci prima di entrare oppure provarci rischiando la pelle affrontando il leone.

Non vedavamo. Ma sentivamo bene. La bestia ruggiva e sembrava parecchio arrabbiata.

Per la prima volta dall'inizio dell'avventura provai un senso di impotenza. Un leone non ti permette di scappare, non ti permette di attaccare, non ti permette di difenderti ed il fatto di non sapere cosa c'era nella gabbia rendeva tutto molto istantaneo e brutale.

Il "gobbo" esclamò: "Arturo! Vai a casa o entri?"

Pensai a Greta ed entrai nella gabbia.

La bestia era accovacciata proprio davanti alla porta di uscita. Era enorme. Stava mangiando un osso umano. C'erano pozze di sangue ovunque. Nella stanza notai: un grosso bastone, dei sassi, una corda, un corno, una tela...non notai nient'altro ma ogni volta che abbassavo lo sguardo lui ruggiva innervosito.

Pensai che tutte quelle cose non mi sarebbero servite a nulla. Se la bestia voleva uccidermi ci sarebbe riuscita in un attimo, con una semplice zampata.

Continuavo a guardare il leone negli occhi e lui non faceva nulla. Provai a fare un passo, sempre con lo sguardo penetrante e lui non si mosse. Continuai per tre passi poi notai un grosso pugnale per terra. Distolsi lo sguardo per prenderlo e...il leone era da me, con i denti fuori, ruggendomi in faccia mi fece indietreggiare di due passi ma ripresi a guardarlo negli occhi e come per magia lui si calmò di colpo.

Avanzai quindi sempre con lo sgaurdo fisso nei suoi occhi. Gli passai di fianco quasi toccandolo e camminando all'indietro riuscì ad appoggiare le natiche alla porta di uscita. Solo col tatto sentii un semplice catanaccio e, con un pò di difficoltà riuscì ad aprirlo. Guardando sempre gli occhi del leone indiettreggiai fino ad essere fuori dalla gabbia.

Un sospiro di sollievo enorme fu accompagnato da un accenno di applauso dei ragazzi che ce l'avevano fatta. Più o meno la metà.

Quando la prova finì per tutti infatti, il "gobbo" ci diede il triste responso:

"siete rimasti in 26!"

Le dodici fatiche di ArturoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora