Capitolo 3: rifugi e cheerleaders

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C-Clare...sussurro piano e mi volto verso il viso della ragazza che mi aveva bloccato il passaggio, aveva lunghi capelli biondi, un fisico slanciato, due occhi azzurri come il cielo e un sorriso gelido e duro come il suo cuore.

-bene bene bene, vedo che sei ancora qui piccola merdina, non ti abbiamo insegnato niente l'anno scorso??-

Afferma con un tono ironico e sprezzante, intanto noto, come al solito, le sue 'followers" Rachel e kimmy che ridacchiavano in maniera acuta e fastidiosa, cercavano sempre di imitare la capo branco arrivando sino a tingersi i capelli e mettersi unghie finte kilometriche, ai miei occhi erano veramente ridicole.

-merdina non distrarti!! Concentrati su di me!!-

Clare mi tira un pugno nello stomaco che mi fa piegare in due e sorride soddisfatta del suo lavoro

-davanti a noi tu devi inginocchiarti e implorare perdono, è già tanto se permettiamo la tua presenza in questo istituto~-

Mi danno altri colpi ma poco tempo dopo vengo salvato dalla campanella che segnava la fine della pausa, mi trascino in classe e mi siedo al mio posto cercando di non pensare
all' umiliazione e al dolore che provavo, un flebile sospiro di impotenza lascia le mie labbra e chiudo gli occhi pensando al mio rifugio felice, li avrei potuto piangere e gettare fuori tutte quelle emozioni opprimenti.

Odiavo quelle maledette, erano naturalmente delle cheerleaders, popolari e amate da tutti, mostravano sempre un aspetto pulito, educato e gentile ma dentro erano dei mostri fetidi e disgustosi, ed era proprio ciò che stavo immortalando ora.

Suonata l'ultima campana, la fine delle lezioni, ero letteralmente scappato dalla scuola e avevo corso per alcuni minuti attraversando un boschetto e una discarica, avevo raggiunto il mio rifugio felice, cioè una piccola casetta abbandonata in mezzo al nulla, lì potevo sentirmi completamente me stesso e dipingere, cosa assolutamente odiata dai miei genitori, per loro era un qualcosa di inutile che rendeva solo poveri e inetti.

Passo ancora una volta il pennello sulla tela e guardo il lavoro che stava prendendo forma sotto le mie mani lievemente rovinate dai vari pestaggi, sorrido in maniera lieve e mi appoggio sul vecchio letto lì presente, in poco tempo inizio a sentire le mie palpebre pesanti e senza riuscire a oppormi, sprofondo nel sonno. 

L'ombra che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora