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  • Dedicata a Una mia cara amica
                                    

La musica era talmente alta che mi rimbombava nel petto. Sentivo la puzza di alcol invadere ogni particella dell'enorme casa Lancaster. Se i genitori di Casey fossero arrivati all'improvviso sarebbe stata finita per tutti, ma quella sera erano fuori città. Ecco la fortuna di avere due genitori manager.
Attraversai il corridoio stracolmo di persone ubriache che ballavano come dei forsennati sulle note di una canzone terribile. Cercai di adocchiare qualcuno che conoscevo, ma fu alquanto difficoltoso data tutta quella gente sudata che ti strusciava addosso lasciandoti un odore nauseabondo addosso. Dopo aver dato un paio di gomitate finalmente uscii da quell'ammasso di ragazzi puzzolenti e inalai un po' d'aria, quasi pulita e respirabile. Ad un tratto vidi un miraggio: la testa di Calum. Gli andai incontro e convinta lo presi per un braccio, il ragazzo si girò e dannazione, no, non era Calum.
"Hey, che cazzo vuoi?"
Scossi la testa, pensavo che Casey avesse invitato gente un po' più educata di così. Chiesi scusa senza fare caso alla sua faccia da schiaffi e mi allontanai alla ricerca di una figura a me famigliare. Dopo aver passato ben dieci minuti a cercare qualcuno uscii dalla disperazione, tutta quella gente non faceva altro che rubarmi ossigeno e l'aria era diventata irrespirabile ormai. Spalancai la porta d'ingresso ed uscii, mi passai una mano tra i capelli ormai crespi e mi sedetti sul gradino davanti all'entrata.
"Che festa del cazzo!"
Imprecai per ben cinque minuti finché non uscì qualcuno, mi girai e spalancai gli occhi dalla gioia: Casey.
"Oh dio Casey, finalmente! Non vi trovavo più."
La mia amica si guardò i piedi. Aveva indosso un paio di scarpe rosse con dei tacchi vertiginosi e nonostante ciò non riusciva a raggiungermi in altezza. Non che io fossi un gigante, era lei ad esser esageratamente bassa. La guardai per un po' e mi accorsi che in mano aveva una strana scultura di cristallo.
"Mel mi devi aiutare, la cosa mi è sfuggita un tantino di mano. Ho trovato degli idioti che stavano giocando con questo, non chiedermi cos'è, ma i miei genitori lo venerano manco fosse Dio quindi lo devo tenere qui al sicuro."
Feci segno a Casey di sedersi di fianco a me e così fece. Si rannicchiò di fianco a me con quella strana scultura che i suoi genitori adoravano in grembo. Appoggiò la testa sulla mia spalla e tenne lo sguardo fisso per un paio di minuti, prima che uno dei tanti deficienti che aveva invitato alla festa non ci passò davanti completamente nudo.
"Melissa!"
Una voce famigliare proveniva da dietro. Io e la mia amica ci girammo in sincro. Era Calum. Aveva la faccia abbastanza sconvolta nonostante fosse abituato a festeggiare così tanto.
"Casey! Sono così contento di vedervi."
Calum porse la mano a Casey e l'aiutò ad alzarsi, mentre io ovviamente dovetti fare tutto da sola. Dove diavolo era il mio fidanzato quando serviva? I due piccioncini si baciarono per una decina di secondi prima che li interrompessi.
"Allora? Cos'è successo?"
Casey porse la scultura a Calum e corse in casa dopo aver sentito il rumore di un piatto rompersi. Non l'avevo mai vista correre così veloce, nemmeno nell'ora di ginnastica.
"Carter è ubriaco fradicio" disse Calum mentre lanciò la preziosa scultura in un'aiuola. Lo fulminai con lo sguardo e sgranai gli occhi.
"Sei pazzo per caso? Casey ti ucciderà!"
Calum alzò le spalle e mi indicò Carter ubriaco, che barcollava davanti alle scale che portavano alle camere da letto. Aveva in mano un bicchiere ancora pieno. Continuava a bere e se qualcuno non lo avesse fermato avrebbe continuato fino al giorno dopo. Dieci un bacio sulla guancia a Calum ed entrai.
"Mel ti serve una mano?"
Mi voltai verso il ragazzo ancora in piedi, fuori, davanti all'entrata. Feci cenno di no e mi avvicinai al mio fidanzato che non si reggeva nemmeno in piedi. Lo toccai su un braccio e si voltò di scatto, facendo rovesciare l'alcol che aveva nell'enorme bicchiere di plastica blu che teneva stretto tra le dita.
"Carter, stai bene?"
Non rispose, si limitò a guardarmi con gli occhi persi in un'altra dimensione. Afferrai il suo drink e glielo strappai di mano con poca gentilezza.
"Smettila di bere" dissi posando il bicchiere su un mobile.
Carter non smise di fissarmi un secondo, era come in trance e non ci volle molto a convincerlo ad andare in bagno. Quando entrammo nella stanza Carter si posò davanti allo specchio enorme che era appeso sopra al lavandino. Io chiusi la porta e mi avvicinai a lui, che non disse una parola.
"Stai bene?"
Cercai di essere più cauta possibile, era la prima volta che si ubriacava così tanto da quando stavamo insieme e non sapevo come avrebbe potuto reagire.
Gli toccai il braccio e si girò di scatto, di nuovo, fissandomi con gli occhi che quasi gli si chiudevano.
"Perché mi hai preso il drink?"
Non risposi. Lui si avvicinava sempre di più a me ed io arretravo ad ogni suo passo in avanti.
"PERCHÉ MI HAI PRESO IL DRINK? DOV'È IL MIO BICCHIERE?!"
Iniziò a gridare come un pazzo. Lo guardai negli occhi, era incazzato da morire. Talmente arrabbiato che la sua pelle bianca divenne rossa tutta d'un tratto. Avrei voluto scappare, correre via. Non avevo mai visto Carter in quello stato, mi faceva paura.
"Sei una puttana, hai preso tu il mio drink. HAI PRESO TU IL MIO DRINK? EH PUTTANA? RISPONDI!"
Si avvicinò sempre di più a me, sembrava un grosso carro armato. Pensavo si fermasse invece mi venne addosso, mi spinse con tutta la forza che aveva in corpo. Mi buttò per terra facendomi picchiare il fianco sullo spigolo del mobile lucido del lavandino. Nero. Per un momento non vidii più niente, poi pian piano iniziai a vedere pallini viola e bianchi. Mi raggomitolai sul pavimento freddo, gelido. Sentivo un dolore lancinante sul fianco sinistro, talmente forte che non potevo tenere gli occhi aperti. Mi posai una mano sulla parte dolorante mentre l'altra me la misi in faccia.
"Mel" disse Carter prima di accasciarsi sul pavimento di fianco a me. "Mel, oh dio. Cos'ho fatto? Melissa, mi dispiace. Dio, Mel."
Non staccai la mano dalla faccia nemmeno per un secondo, non volevo vedere il mostro che avevo davanti. Le mani di Carter mi avvolsero e mi portarono più vicina a lui. Piansi. Sentii le lacrime bagnarmi la pelle arida delle guance. Il dolore divenne meno forte e staccai la mano dal fianco per portarmela al petto.
"Melissa scusami, non volevo.. Sono ubriaco, scusa."
Tolsi la mano dagli occhi e vidi Carter stringermi a sé, tranquillo. Era tornato normale, tutto normale, come se non fosse successo nulla. Lo guardai per un po', lui non alzò mai lo sguardo, tenne sempre la faccia spiaccicata alla stoffa nera del mio vestito. Non dissi una parola, mi limitai a staccarlo da me. Mi aggrappai al mobile sul quale prima avevo sbattuto il fianco e mi alzai da sola. Carter finalmente mi guardò e si alzò anche lui. Mi guardò dritta negli occhi ma sul suo viso non vidi nemmeno un'espressione dispiaciuta, sconvolta per quel gesto orrido che aveva fatto nei miei confronti. Lo guardai con disprezzo, dalla testa ai piedi e mi voltai. Aprii la porta del bagno ed uscii, lasciando Carter da solo.

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Eccomi qui, son sempre io ma con una nuova fanfiction da portare avanti. L'idea mi è venuta così, spero vi piaccia questo primo capitolo. Cercherò di impegnarmi un po' di più per scrivere questa nuova storia, mi sono anche organizzata meglio. Almeno credo.
Questa volta però ho deciso che non andrò avanti finché non vedo almeno un commento. Si, è un ricatto lol.
Spero mi seguiate tanto quando avete fatto con Tremare. Un bacione.
Arrivederci, Martina.

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