Capitolo 9

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Quella giornata, per Mina, era stata sfibrante. Iniziata con un'insegnante di danza classica furiosa per lo chignon fatto male, era andata avanti a suon di ritardi e finti sorrisi. Tornata a casa dopo le interminabili ore scolastiche, Mina aveva trovato un'Eva furente. La signorina Delacroix aveva parlato con la matrigna, descrivendo la ragazza svogliata e menefreghista. Secondo la maestra, era irrispettosa e maleducata, ed Eva sembrava condividere quel pensiero. A nulla erano servite le scuse di Mina: Eva l'aveva costretta a una doppia lezione di danza moderna, intimandole di fare più attenzione alla dieta e alle regole imposte dai vari insegnanti.

Mina, quella sera, uscì dalla doccia devastata. Aveva le gambe doloranti, i piedi rotti e le lacrime agli occhi. I morsi della fame la stavano lacerando, ma lei provò a combatterli pensando ad altro. Guardò Arya, riuscendo a sorridere appena alla cagnolina, che sembrava essere l'unica in grado di capirla. I suoi occhi neri la osservavano sempre attenti e pieni d'amore, un amore che Mina faticava a trovare in altri.

La ragazza sì vestì velocemente. Sapeva che il cane aveva bisogno di uscire, e nessuno l'avrebbe portata fuori al suo posto. Mise al collo di Arya un grazioso collare in pelle, uscendo poi dalla stanza seguita dal cane, non ancora legata al guinzaglio. Prima di scendere, si fermò qualche secondo ad osservare il fratello, sempre intento in qualche gioco inventato da lui pieno di morti, feriti e guerre. Mina pensava spesso a John: lo vedeva problematico, eppure nessuno sembrava notarlo. Aveva provato a parlarne con Eva, che aveva dato ogni colpa all'età e al sesso del bambino. Ai maschi piacciono le guerre, aveva risposto annoiata. E Mina aveva alzato le spalle. Forse aveva ragione, in fondo.

Scese le scale con calma. La casa era silenziosa. Il padre non era ancora tornato, la cena rimaneva un miraggio. Mina notò la domestica apparecchiare la lunga tavola del salone con ben più coperti di quelli che servivano per loro quattro. Ci rimuginò su qualche secondo, prima di vedere arrivare Eva. La matrigna si era cambiata, optando per un paio di pantaloni palazzo neri e una camicia di velo dello stesso colore. Ben più elegante di come l'aveva trovata tornata da scuola.

«Vedi di non fare tardi, abbiamo ospiti» sentenziò velocemente, dandole poi le spalle per tornare in salone. La vide attenta al lavoro della domestica, mentre dalla cucina iniziava ad arrivare un odore invitante, segno che Rosy era intenta a preparare la cena.

Mina si soffermò poco sulle parole di Eva. Non era raro, in casa Ramon, avere ospiti a cena. Al padre piaceva portare in casa colleghi e potenziali compratori. Carlos amava sfoggiare la sua famiglia apparentemente perfetta, perché sapeva di fare colpo. Agli occhi degli altri, i Ramon erano davvero perfetti. Educati e a modo, sapevano tutti come comportarsi davanti agli estranei, anche John che, con gli ospiti, sembrava cambiare totalmente. Quella giornata era stata infernale, Mina sognava il letto più di qualunque altra cosa al mondo, ma per il padre avrebbe fatto un'eccezione, mostrandosi perfetta come sempre agli occhi dei misteriosi ospiti.

***

Uscire con Arya era sicuramente il momento che Mina preferiva della giornata. In quella mezz'ora pre cena, la ragazza riusciva a liberarsi completamente di ogni peso. Riusciva a non pensare, ad essere se stessa. Riusciva a sognare, nonostante per lei, ormai, i sogni fossero quasi un tabù. Arya la tranquillizzava, con la sua camminata sghemba e affaticata. Mina aveva sempre trovato divertenti i bassotti, così impacciati con le loro gambette tozze e quel corpo allungato che sembrava un quadro di Dalí. Mentre Arya si perdeva tra i fiori dell'immenso giardino di villa Ramon, Mina notò un'auto familiare farsi largo nel vialetto. Era l'auto della famiglia Adams e Mina rimase leggermente stupita. Nessuno le aveva detto che gli ospiti erano gli Adams, come se fosse un evento, un segreto di stato da confessare nel momento giusto.

Alzò la mano verso Micol, sorridendo contenta e raggiungendo l'auto blu ormai parcheggiata. Salutò Mick e Vanessa con un sorriso sincero e si fiondò sull'amica, abbracciandola. Mina adorava le cene con la famiglia di Micol perché, in quei momenti, poteva essere se stessa. Spogliata del suo ruolo scolastico, tra le mura di casa, diventata la migliore amica che si potesse desiderare. Micol lo sapeva, e non le aveva mai fatto pesare questa differenza. Raramente, Mina provava un senso di colpa lacerante verso la sua preziosa amica. Sapeva quanto Micol fosse importante, insostituibile e autentica. Era buona, generosa, onesta. Era tutto ciò che si potesse desiderare, e Mina, a volte, aveva la sensazione di prenderla in giro. Una sensazione che volava via in fretta, come una piuma presa di mira da una folata di vento. Il vento, nella vita di Mina, era Eva, sempre pronta a riportarla alla realtà.

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