15 Giugno 2005
:"Un attimo e scendo mamma, manca solo l'ultima cosa e chiudo la valigia" dissi a mia madre mentre mettevo uno dei miei libri preferiti in valigia.
Non sono mai stato un ragazzo troppo sicuro di me o a cui piacesse particolarmente socializzare, ma da sempre mi sono contraddistinto per la mia forza di volontà e voglia di avventura; quest'ultimo penso sia infatti il motivo fondamentale per cui sto per andare a "Greenlake Hill" uno dei campi estivi più belli di cui io abbia sentito parlare. Conifere alte fino a 20 metri, specie di insetti mai visti prima, ma cosa più importante un bellissimo lago azzurro che poi è proprio quello che da il nome al campus.
Scesi di corsa le scale con in mano la mia grande valigia imbottita blu e andai verso i miei genitori che mi aspettavano impazientemente in macchina.
:"Finalmente, pensavo sarebbe trascorsa un'altra estate prima che tu scendessi" mi disse mio padre mettendosi a ridere.
Caricai l'ultima valigia rimasta sul marciapiede davanti casa e poi salì anche io sulla vettura. C'erano poco meno di 200 chilomentri che mi avrebbero separato da casa per i 3 mesi successivi, non avendo mai trascorso così tanto tempo fuori casa nei miei 16 anni di vita provavo emozioni veramente contrastanti, se una parte di me era felice, infatti, l'altra era veramente terrorizzata dall'idea che tutto sarebbe stato un vero inferno. Il tragitto in macchina non aiutava per niente, uno di quei noiosissimi momenti in cui non sai che fare se non guardare fuori dal finestrino aspettando di arrivare alla tua tanto attesa meta, per non parlare di quei discorsi super imbarazzanti in cui i tuoi genitori (amabili bigotti scesi dalla luna, ma profondamente preoccupati per loro figlio) iniziano a dire frasi quali "Ricorda che le mutande bianche vanno con la lavatrice di soli bianchi" o "Non bere il latte, lo sai che ti fa male", per poi passare ad un grande classico "Ci saranno molte ragazze, ricorda che il tuo...", beh, questo è troppo imbarazzante per ripeterlo. Proprio nell'instante in cui i miei occhi stavano per chiudersi e tutto intorno a me si faceva piú sfocato sentii la voce di mia madre:"Siamo arrivati!" furono quelle le parole che pronunciò con una voce molto bassa e stridula, tipica di quando dopo qualche instante si sarebbe messa a piangere.
I miei genitori mi hanno sempre lasciato molto libero, ma un po' perchè non mi piaceva ed un po' perchè avevo paura, non ho mai osato fare qualcosa che sapevo non avrebbero condiviso. L'unica volta di cui mi ricordo fu quando a 10 anni cercai di imparare ad andare sullo skateboard e mi lanciai dalla collina vicino casa in discesa, insomma, come si può facilmente immaginare niente di troppo prudente. I miei però non mi dissero nulla, si limitarono a fissarmi con aria tra il terrorizzato e il deluso, fu lì che capii che quella era una sensazione che non avrei mai più voluto provare.
Scesi dalla macchina, chiusi la portiera e dopo aver sceso tutti i bagagli mi diressi con mamma e papà alla reception all'ingresso prima del grande campus.
:"Lei è il signor...?" mi disse una donna un po' in carne con degli sfarzosi orecchini color oro.
:"Noah Miller" risposi.
La donna mi chiese i documenti di riconoscimento e dopo aver controllato qualcosa al computer ed essersi assicurata che tutto fosse apposto mi passó una chiave ed indicò la strada a me ed i miei genitori. Tutto quello che vidi una volta attraversato l'arco alle spalle della reception era qualcosa di mozzafiato, ancora meglio di ciò che veniva mostrato negli stupidi volantini appesi nelle vetrine di "BOB'S" il supermercato davanti casa mia. Alberi maestosi di un verde brillante, aria che sapeva di fresco e tantissime casette di legno con un paio di gradini sul davanti. Ma ciò che attirò più di tutto la mia attenzione fu un cartello di legno un po' rovinato a forma di freccia che indicava verso destra con su scritto "Lago mozzo". Quel lago era il motivo principale per cui scelsi proprio quel campo estivo, ma purtroppo non mi era ancora possibile vederlo, o almeno, se non prima del rito di "benvenuto" che sarebbe stato tra qualche ora; dove il proprietario del campus ed i ragazzi veterani avrebbero augurato felice permanenza a tutti i nuovi arrivati come me. Dopo qualche metro attraversato nel grande spazio attorno al quale c'erano molte delle abitazioni, notai un grande tabellone nel quale erano raffigurate tutte le abitazioni del campus contrassegnate da un numero con sotto delle brevi indicazioni su come raggiungerle. Presi la chiave che la donna alla reception mi aveva dato e cercai lo stesso numero e colore sul tabellone "5 Giallo", non si trovava molto lontano rispetto a dove ero situato io in quel momento. Durante il tragitto verso quello che sarebbe stato il mio appartamento per i prossimi mesi mi soffermai un po' a guardare tutto ció che mi circondava, il campus era circondato totalmente da una media staccionata formata da travi in legno non troppo vicine tra loro, ma legate da fil di ferro. Alcuni punti della parte inferiore, abbastanza nascosti, erano però cedenti. Dopo aver camminato per un paio di minuti mi trovai davanti una graziosa casetta di legno scura uguale a tutte quelle nelle vicinanze, se non per una targhetta con su scritto "5" in giallo sul lato della porta. Aprii con la chiave la casetta e rimasi sorpreso dall'interno, era piuttosto grande per una persona ed aveva al suo interno anche un letto a castello, ciò mi fece pensare alla probabilità che effettivamente poteva non essere solo mia. Guardai i miei genitori che sorridevano.
:"Carina!" dissero entrambi all'unisono.
C'erano degli scaffali vuoti sulla parete, un divano posizionato in fondo ed un bel tappeto largo giallo e blu che ricopriva gran parte del pavimento in legno. Sulla destra della casetta (o meglio della stanza, dato che l'arredamento presente era veramente minimo) si trovava una porticina il legno che portava ad un piccolo bagno, contenente una doccia, un gabinetto, uno specchio ed un lavandino. Dopo aver visto per bene la stanza, pensato a dove sarebbero potute stare meglio le mie cose ed aver posato per terra borsoni e valigia mi avvicinai verso la porta di ingresso per uscire. In quel preciso istante, però, qualcuno bussò alla porta e dopo qualche attimo aprii autonomamente girando la maniglia.
Apparve quindi un ragazzo di bassa statura dai capelli corti e nerissimi, con tratti molto particolari, un grande naso, labbra sottili e ciglia lunghissime. Indossava una maglietta a maniche corte blu con su scritto "Florida", un paio di bermuda a quadretti e delle scarpe da tennis. Portava con se solo un borsone di media grandezza.
:"Quanta gente qui! Piacere mio di incontrarvi" disse il ragazzo ridendo
:"Io sono Henry" aggiunse.
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Greenlake Hill
Teen FictionNoah ormai stanco di trascorrere estati noiose con la sua famiglia decide di trasferirsi a "Greenlake Hill", campeggio estivo situato vicino Beaufort. Tra il verde degli alberi, le risate con i suoi amici ed il pessimo pranzo della mensa il giovane...