Capitolo 1: L'uomo che vendette il mondo

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Numero 5 cadde a terra, sputato dal buco spazio-temporale che aveva creato lui stesso.
Si tirò su pulendosi con le mani i pantaloni della sua divisa, alzò la testa e vide. La sua faccia si trasformò in un misto di orrore e incredulità. Cadaveri di palazzi accartocciati su sè stessi, carcasse di macchine sfasciate, vetrine di vecchi negozi in frantumi, alberi carbonizzati e... polvere. Intere nubi di polvere si levavano da terra al soffio del vento. 

Non gli ci volle molto per comprendere che l'immagine che stava davanti ai suoi occhi era l'apocalisse del pianeta, una distruzione tale non l'aveva mai vista in tutti i suoi precedenti salti nel tempo. Lo assalì una sensazione di vuoto e di panico, i suoi occhi erano sbarrati e la bocca gli si era improvvisamente seccata. Era la famosa sensazione che gli scienziati chiamano "fight-or-flight", e lui dopo un attimo di stallo decise che sarebbe scappato a modo suo. 

Ma il suo trucchetto stavolta non funzionò. Riprovò. Niente. Non riusciva più a saltare nel tempo, era bloccato. Riprovò ancora e ancora, e alla fine con immensa rabbia si arrese.

Suo padre lo aveva avvertito (e gli aveva successivamente proibito) di non fare salti azzardati, soprattutto in avanti, ma lui, un ragazzino di soli 13 anni, non gli aveva dato ascolto. Nessuno dava mai ascolto a Reginald Hargreeves, l'uomo che si era autoproclamato in modo alquanto dittatoriale, padre di un branco di 7 ragazzini nati lo stesso giorno dello stesso anno, a un mese di distanza dalla caduta del muro di Berlino. D'altronde erano solo dei ragazzi, chi è che in adolescenza ascolta i propri genitori? Se all'inizio la loro Umbrella Academy aveva avuto successo, nel tempo le cose si erano andate via via sgretolando. Numero 5 non si sentiva un fratello per gli altri, ma piuttosto un carcerato con cui condividere assieme a loro il fardello di dover essere sfruttato per i propri poteri, alla stregua di animali da circo. Stessa routine tutti i giorni: chiamata della polizia, missione, sconfitta del crimine, fotoricordo per i giornali e poi di nuovo tutti a casa per ricominciare da capo il giorno dopo. 

Se proprio doveva utilizzare il suo dono in qualche modo, lui almeno voleva permettersi lo svago di cambiare spazio e tempo ogni tanto. Ma anche questa possibilità era frenata dal rigido regolamento del loro "padre": niente uso di poteri al di fuori delle missioni, tantomeno dentro casa. 

Era proprio alla fine dell'ennesimo litigio a questo proposito, che numero 5 aveva deciso che ne aveva avuto abbastanza per quel giorno, e desiderando solo di far passare quel momento critico, aveva saltato. 

Ora era a un vicolo cieco, solo, in mezzo alla desolazione di un mondo distrutto da chissà da quale catastrofe. 

Un pensiero scaturì nella sua testa. "Se non posso nemmeno tornare indietro ad avvisare gli altri, è come se avessi venduto io il mondo all'apocalisse". Quel pensiero fece montare nuovamente in lui l'ansia di essere intrappolato per sempre in quel futuro senza speranza, senza nemmeno poter salvare persone innocenti o quelli che amava. "Amare" era un parola grossa per lui che era sempre stato un tipo schivo e introverso, ma non erano nemmeno mancati i momenti in cui in accademia aveva dimenticato per un po' il senso di solitudine che lo rendeva sempre rigido nel suo atteggiamento e si era lasciato andare agli scherzi con i suoi "fratelli". 

Si promise che nel tempo che ora aveva a disposizione avrebbe indagato sul destino infausto della Terra. Se mai fosse riuscito a tornare indietro un giorno, avrebbe detto a tutti cos'aveva visto e in che modo si sarebbe potuta evitare la catastrofe. 

Ma ora non era il momento di cominciare a fare ipotesi, urgeva trovare un riparo e qualcosa da mangiare, prima che la luce abbandonasse completamente l'orizzonte.

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