18 Novembre 1968
Aprì gli occhi, il naso immerso in una cascata infinita di ricci biondi ed un sorriso stupidamente soddisfatto stampato in viso.
Non disse nulla, non lo sveglio, si limitò a stringerlo un'ultima volta, poi si alzò silenziosamente per vestirsi e dopo avergli lasciato un delicato bacio a fior di labbra, se ne andò lasciandogli di quella nottata solo il ricordo.
Era così, faceva di tutto pur di guadagnarsi la sua notte di follia, ma la mattina dopo tutto tornava alla normalità; lei andava finalmente a dormire e lui tornava ad essere il sogno proibito di ogni ragazzina, non si sarebbero mai rivisti.
Questo non perché amasse usare le persone, era solo per evitare delusioni, c'era un abisso tra lei e gli uomini con cui si intratteneva.
Prima di diventare una cosiddetta 'groupie' lei era stata una ragazza come tante altre, amante del rock e alla ricerca del famoso principe azzurro.
Poi qualcosa cambiò, fece le sue esperienze, provò la triste 'emozione' che comporta una delusione e decise di non voler star male nuovamente, di volersi divertire, di cominciare finalmente a vivere come se ogni giorno fosse l'ultimo.-
Inspirò a pieni polmoni l'aria fredda del mattino e poi diede un altro tiro alla sua marlboro.
Era tutto finito, come sempre, ed un'ampia colazione la aspettava prima di tornare a casa.
Il locale era vuoto e il ragazzo al bancone se ne stava poggiato sui gomiti ad occhi chiusi; se ne sarebbe volentieri andata, ma il suo stomaco sembrava pensarla diversamente, così decise di svegliarlo, seppur a malincuore.
Prese la colazione, lasciò i soldi sul bancone e, addentando il suo cornetto, decise di sedersi nella sala adiacente.
Fu li che lo incontrò, fu li che lo trovò con la testa fra le mani.
Non era timida, anzi, a dire il vero (soprattutto nei confronti dell'altro sesso) era piuttosto sfacciata, così quando il grillo parlante dal profondo del suo cuore le urlò 'consolalo', non se lo fece ripetere due volte perché si vedeva da lontano un miglio che quel ragazzo aveva bisogno della famosa 'spalla su cui piangere' e alle sei del mattino la sua era l'unica in circolazione.
'Stai bene?' La domanda fu posta in modo talmente innocente che il ragazzo sembrò accennare un sorriso.
'Se potessi vedermi probabilmente direi di no, vero?' Eleonore annuì e si ritrovò ad osservare il ragazzo; aveva gli occhi gonfi e colmi di lacrime, le guance rosse.
Si capiva che aveva pianto e che lo stava ancora facendo, ma i lineamenti erano comunque molto delicati, quasi femminili, che contrastavano con la sua barba incolta.
'Chi ti ha fatto questo?' Decise di spezzare il silenzio con una domanda che anche se, magari, un po' azzardata, sorse spontanea.
Nonostante tutto, la domanda sembrò non infastidire il ragazzo, tanto che rispose con un 'Jane' prima di portare le mani sul volto.
Ora, lei non aveva la minima idea di chi fosse questa Jane, ma sapeva per certo di aver già visto quel ragazzo, aveva un viso troppo familiare.
'Che sarebbe..' Alzò lo sguardo su di lei e per la seconda volta accennò un sorriso.
'Già, tu non sai.. Jane sarebbe dovuta diventare la signora McCartney'.
Eleonore sgranò gli occhi per poi portarsi una mano sul viso.
Non era possibile, non poteva essere, non doveva essere.
Cercò di distrarsi, di non pensare al fatto che lui fosse suo amico, che lo conoscesse, e così chiese spiegazioni.
Il ragazzo le spiegò che ancora una volta aveva voluto osare, aveva voluto sfidare la pazienza della ragazza, finendo nel letto di un'altra.
Lei lo scoprì e gli ultimi minuti della sua vita con lui li passò a prendere le prime cose che le capitavano sotto mano.
Ascoltò attentamente le parole del ragazzo e si ritrovò nella figura di Jane.
La capiva, capiva la delusione, il dolore che doveva aver provato nel dover lasciare una persona che continuava ad amare nonostante l'avesse ferita numerose volte.
'Non so nemmeno perché te lo abbia raccontato, insomma, da quanto ti conosco, dieci minuti?' Il ragazzo ci rise su, ma lei non lo trovò così assurdo.
Le era capitato numerose volte di ritrovarsi a piangere tra le braccia di sconosciuti, ma non si era mai posta il problema, anche perché era dell'idea che 'chi non ti conosce, ti da un parere disinteressato', per cui non può che dirti ciò che pensa realmente, senza l'influenza di terze parti, terze parti che magari conoscono ciò che (o chi) ti ha fatto del male e cercano di convincerti a dargli una seconda possibilità.
Si trovarono presto d'accordo su molti argomenti e, una parola tira l'altra, si fecero le otto.
L'orologio biologico decise di ricordarle che la notte precedente aveva dormito meno di quattro ore, così citò la frase di una canzone che aveva scritto il ragazzo prima di lasciargli il numero di telefono
'Se hai bisogno di una spalla su cui piangere, spero sarà la mia, chiamami stanotte e verrò da te' .
Si salutarono e subito dopo la ragazza lasciò il locale.
Lui la seguì con lo sguardo fino a che non girò l'angolo, poi, rigirando fra le dita il foglietto con il numero di telefono, si lasciò trascinare dal primo vero sorriso della giornata.Angolo autrice:
Allora, è la mia prima long qui su wattpad, sono agitatissima.
Ho lavorato giorni a questo capitolo e nonostante tutto, non mi convince più di tanto.
Tengo molto a questo racconto e nonostante io sia un po' scostante, spero di riuscire a portarlo avanti e a vederla finito.
Ringrazio già da ora tutti coloro che leggeranno questa storia.
Non so che altro aggiungere, so di aver fatto una marea di errori, per cui non siate cattivi, chiudete un occhio per questa volta.Alla prossima,
Fede.(Ringrazio tutti coloro che mi hanno motivata e che mi hanno spinta a superare la timidezza, a pubblicare questo primo capitolo.
Grazie ragazzi <3 )
STAI LEGGENDO
Any time at all
Fanfic“Fu li che lo incontrò, fu li che lo trovò con la testa fra le mani. [...] Così quando il grillo parlante dal profondo del suo cuore le urlò 'consolalo', non se lo fece ripetere due volte perché si vedeva da lontano un miglio che quel ragazzo aveva...