8 Non toccare Levi!

1.8K 101 11
                                    

Levi aveva come l'impressione che data la sbadataggine di Eren avrebbe perso la collana con la chiave come un niente, e invece lo stupì. Il ciondolo non lo toglieva dal giorno in cui l'aveva ricevuto, solo ed esclusivamente quando si faceva la doccia, onde evitare che la chiave si rovinasse con l'acqua. Dal suo compleanno il rapporto con Levi cambiò radicalmente: lo studente rimaneva sempre freddo e apatico con tutti, ma Eren era l'unica persona con cui si lasciava andare, diventando più dolce e gentile, anche se manteneva un portamento serio e rigido. Sembrava che tutto potesse filare liscio come l'olio, eppure non successe.
Accadde invece il disastro.
Un pomeriggio, mentre tornavano a casa da una passeggiata in centro città, Levi si bloccò nel bel mezzo del marciapiede, sia nel parlare che nel camminare: un suono sinistro e sospetto lo aveva attirato, e si guardò attorno: non c'era nessuno, ma intravedeva nell'ombra di un vicolo cieco una figura che si muoveva.
Una figura dalle forme umane.
"Che c'è Levi?", gli domandò Eren.
"Niente, era solo la mia immaginazione-".
Poi, all'improvviso, comparve dalle tenebre un braccio che lo afferrò per il collo e lo scaraventò sul pavimento del vicolo. Guardandosi attorno vide il suo aggressore: era un uomo alto e robusto, con la pelata e una barba mal tagliata. Dimostrava non meno di quarant'anni, e dal suo odore Levi comprese che era uno schifoso Alfa in calore.
"Il tuo odore mi manda in tilt, piccolo Omega", disse con un ghigno, l'alito che puzzava di alcol.
Levi fece per alzarsi, ma il tizio gli calciò forte lo stomaco, bloccandolo con la schiena a terra. Lo studente si dimenava, ma era troppo debole per potersi liberare da quella morsa.
"Adesso noi due ci divertiamo".
Il suo alito da morto gli fece venire il voltastomaco. Il tizio gli bloccò i polsi con una mano e con l'altra gli alzò la maglietta fino a scoprire i capezzoli, ma si paralizzò improvvisamente, urlando come un dannato. Levi avvertì un qualcosa di caldo e viscoso sporcargli la caviglia destra, e il tizio si girò di scatto. Eren aveva in mano un grosso pezzo di vetro scheggiato, con la punta che gocciolava sangue.
"Non toccare Levi!", urlò infuriato.
I suoi occhi erano come ingranditi, il verde era talmente chiaro che alla luce pareva diventato oro, pieni di rabbia e desiderio di vendetta.
Il tizio lasciò perdere Levi e si concentrò su Eren, con la ferita sul culo che continuava a sanguinare. Prese il bambino per i capelli e lo lanciò contro al muro come fosse fatto di pezza, facendogli perdere la lama dalla mano.
"Eren!", urlò Levi.
Prese un sasso e lo lanciò contro l'aggressore, beccando in pieno la tempia. Questo mollò a terra il bambino e si voltò con il pezzo di vetro; tentò di pugnalarlo, ma Eren gli si era aggrappato alla gamba a mo di koala e gli stava mordendo il polpaccio, affondando le mani cosparse di schegge vitree nella carne scoperta dai pantaloni corti.
"Piccolo bastardo!".
Il tizio lo prese di nuovo per i capelli e se lo staccò di dosso con forza; Eren si dimenava come un matto, picchiando e calciando l'aria. Levi tentò di muoversi, tuttavia il nemico lo bloccò a terra prendendo la cassa toracica con un piede.
"Figlio di puttana! Lascialo brutto stronzo!".
Il tizio non lo ascoltò. Afferrò il bambino per la faccia e cominciò a sbattergli il retro della nuca contro la parete. Dopo ben tre colpi il muro si sporcò di sangue, perciò gettò a terra Eren come fosse nulla, privo di sensi, con la testa cosparsa di sangue. Levi lo chiamò a pieni polmoni, ma non vedendolo rispondergli avvertì un qualcosa spezzarsi dentro di sé.
Era il rumore del suo cuore che si spezzava, o il tintinnio delle catene che avevano fallito nel tenere a bada la sua furia? Il sangue aveva smesso di circolare, sostituito da un qualcosa di più potente: un mix tra odio, dolore e vendetta. Con le lacrime agli occhi morse la caviglia del bastardo e una volta libero lo spinse a terra, ribaltando la situazione.
"Crepa figlio di puttana!".
Gli rubò la lama di mano e cominciò ad accoltellarlo, ignorando le grida di dolore e le sue suppliche.
"Muori! Muori! Muori! Muori!".
Il braccio si muoveva da solo ormai, incapace di dare uno stop alla sua furia. Il sangue schizzava in ogni dove, macchiandolo dappertutto; se ne fregò altamente, ma dopo ben trenta colpi il pezzo di vetro si ruppe, costringendo lo studente a fermarsi. Fiumi e fiumi di sangue avevano cominciato a scorrere dalle ferite, scendendo lungo i contorni del corpo, fino ad sfociare nel pavimento del vicolo. Levi aveva le mani e il corpo affogati nel sangue e mentre le osservava con orrore e disgusto, guardò il viso del cadavere. Gli occhi erano sbarrati, fissi a guardare il nulla, con la bocca spalancata, come nel tentativo di urlare, ma quel che uscì fu solo un urlo muto. Il giovane sapeva che non avrebbe mai dimenticato quei occhi. Debolmente, si scansò e andò da Eren, che fino ad allora non aveva dato segni di vita.
"Eren...ti supplico...".
Lo prese delicatamente e lo strinse al petto, avvertendo il suo cuoricino battere. Flebile, ma vivo.
"Andrà tutto bene. Ti porto al sicuro".
Fregandosene di com'erano ridotti chiamò un taxi e si fece portare all'ospedale. Pagò il guidatore ed entrò, ma come i dottori lo videro gli corsero incontro, separandoli. Levi venne portato in una stanza a parte e medicato, ma a differenza del piccolo non era ferito grave. Quando il dottore terminò con lui questo uscì, guardando una coppia con una bambina che si alzò non appena lo vide. Erano un uomo e una donna: lui aveva i capelli corti e castani, con gli occhi marroni nascosti da un grosso paio di occhiali. Quella che sembrava essere la moglie aveva i capelli neri legati con una treccia, e per mano teneva una bambina che avrebbe avuto all'incirca dieci anni, se non meno.
"Sei tu il bastardo che ha rapito nostro figlio?", chiese l'uomo con tono arrogante ed aggressivo.
"Chi sarebbe lei?", domandò invece Levi.
"Io sono Grisha Yager. Sono qui per riavere mio figlio".

Mi chiamo Eren! ~Ereri~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora