10 Sono arrivato gente!

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Il tribunale era un maestoso colosso di forma cubica in marmo bianco, scintillante come un cristallo di alabastro, posto al centro della città. La sua peculiarità consisteva in una gigantesca cupola che presiedeva il centro dell'edificio, interamente fatta di vetro trasparente, con sulla sua sommità una guglia color oro. Colonne in stile ionico sostenevano l'entrata, composta da due grosse porte a doppia anta in legno di abete. L'edificio era separato dalla strada principale tramite una lunga scalinata priva di corrimano, in quel momento colma di giornalisti fin troppo curiosi, che non facevano altro che stalkerare chiunque si avvicinasse al tribunale in procinto ad entrare. Levi scese dalla macchina assieme ad Hanji ed Erwin; gli uomini portavano giacca e cravatta nera, lei invece un abito a gonna beige e scarpe bianche con tacchi a spillo. Il sole di mezzogiorno batteva in picchiata su di loro, caldo ed afoso, fin troppo per essere solamente aprile. Il cielo era limpido, libero dalle nuvole, con ogni tanto delle rondini che volavano nei dintorni. Quando Levi si tolse gli occhiali da sole, vide Grisha Yager e famiglia sorridere a quella che sembrava essere una giovane donna, per poi salire le scale dirigendosi all'entrata. La sconosciuta si voltò verso Levi e questo perse un colpo non appena vide il suo volto. Aveva i capelli lunghi e rossi, con sul volto chili su chili di trucco; portava una camicia bianca e una gonna nera, ballerine corvine e una valigetta di pelle scura.
"Petra?".
"Ciao Levi", salutò lei apatica.
"Che ci fai qui".
"Sono l'avvocato difensore della famiglia Yager".
"Petra ascoltami. Eren non deve tornare a casa. Suo padre gli farà del male come ha già fatto in passato".
"Lo so Levi. Ho controllato la documentazione, ma il lavoro è il lavoro, e non mi posso permettere di fare errori".
"Te lo chiedo per favore".
"Stai forse cercando di corrompermi?".
Levi sospirò e, non avendo altra scelta, fece un gesto straordinario. Si avvicinò all'avvocatessa e le strinse le mani amorevolmente, guardandola negli occhi. Lo sguardo allibito di Petra gli fece capire di aver fatto centro.
"Petra, so che mi ami ancora, e mi pento delle parole che ti rivolsi l'ultima volta che ci siamo visti. Se farai in modo che Eren venga affidato a me, io e te ritorneremo assieme".
"Lo faresti sul serio?!", gridò lei entusiasta, abbandonando all'istante lo sguardo privo di emozioni.
"Sì".
"Me lo prometti?".
"Te lo prometto".
"Non ti deluderò Levi!".
La ragazza gli rubò un bacio sulle labbra e corse dentro il tribunale quasi volando, sclerando come una ragazzina innamorata. Senza farsi vedere Levi sputò per terra per il disgusto e si pulì le mani con una salvietta pulita.
"Vuoi talmente bene ad Eren che torneresti con quella là", commentò Erwin affiancandolo.
"Come se non si fosse visto. Quando arriva l'avvocato?".
"È in ritardo" rispose Hanji "dovrebbe arrivare tra non molto. Lo aspetteremo dentro".
"Il giudice Reiss è già dentro?".
"Sì".
"Andiamo allora".

La sala per il processo era enorme.
Le pareti e il pavimento erano interamente rivestite di legno lucidato. Il trono del giudice guardava direttamente la porta d'entrata, dando le spalle a due gigantesche finestre, le uniche fonti di luce della stanza, oltre ad un grosso lampadario da soffitto attualmente spento. Hanji, Erwin, la famiglia del signor Yager ed altre persone erano sedute su delle panche in fondo al salone, mentre Grisha - assieme a Petra - e Levi in posti separati. I primi dietro al banco del Pubblico Ministero, l'altro nel banco degli imputati.
"In piedi per l'entrata del giudice Historia Reiss", annunciò il segretario del giudice.
Una giovane donna entrò da una delle porte di destra e si sedette sul suo cosiddetto trono, bassa con bellissimi capelli biondi raccolti in un chignon, dai grandi occhi azzurri e un volto meraviglioso e quasi divino. Portava una toga nera e un vari bracciali sul polso destro.
"Allora, caso numero 6 del sette aprile".
La voce era poco profonda, ma severa ed autoritaria, decisa e ferma; guardò i presenti, e si soffermò su Levi.
"È lei l'imputato? Signor Ackermann?".
"Sì vostro onore".
"Dov'è il suo avvocato?".
"È in ritardo. Dovrebbe essere qui tra momenti".
"Lo chiami. Siamo in ritardo lo sa?".
"Me ne rendo conto".
Hanji fece per prendere il cellulare quando in quel momento la porta d'entrata si spalancò di colpo, sbattendo con forza contro le pareti, come se fossero state aperte con un potente calcio.
Tutti si girarono a guardare.
C'era un uomo vestito elegante, con una ventiquattr'ore alla mano e uno strambo e largo cappello nero che andava contro all'outfit serio e cortese.
"Sono arrivato gente!", reclamò, per poi ridere.
Per tutta la strada dall'entrata al banco degli imputati rise come un dottore schizzato, poggiando in malo modo la valigetta sulla superficie lignea e lanciando via il cappello come fosse un frisbee, mostrando a tutti il volto.
Capelli lunghi e neri.
Faccia allungata e mento mal rasato.
Occhi vispi e scuri.
Levi si paralizzò, perché al suo fianco c'era zio Kenny.

Mi chiamo Eren! ~Ereri~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora