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Un vaso di meravigliosi garofani bianchi era stato disposto sul comodino accanto all'ampia finestra della stanza d'ospedale, consentendo a quei fiori delicati di godere appieno della piacevole luce solare che ancora per poco avrebbe continuato a filtrare attraverso le tende, di tanto in tanto scostate da una brezza leggera.

— Come stai? —

Quella che avrebbe potuto tranquillamente essere la domanda più banale del mondo si originò in modo così spontaneo dalle labbra di Jieun da non riuscire a passare inosservata, soprattutto non alle orecchie di colui che, ormai da un paio di giorni, aveva reso propria quella lussuosa camera d'ospedale. La ragazza che l'aveva pronunciata si avvicinò cosi al bordo del letto su cui Taehyung giaceva supino solo dopo aver irrorato con la dovuta attenzione i petali di quegli incantevoli fiori, prendendo poi posto accanto a lui senza aggiungere altro, aspettando solo di sentirlo rispondere a quella sua innocente domanda. Jieun iniziò così ad accarezzare delicatamente le dita sottili e le nocche ben in vista della mano destra del ragazzo, chiusa a pugno sul lenzuolo del letto mentre, dalla spalla sinistra, una vistosa fasciatura ricopriva il suo intero braccio fino ad arrivare al polso, immobile e fermo proprio all'altezza dell'ombelico.

— Come avrai notato, non sono molto bravo come agente sotto copertura, — si lasciò sfuggire lui senza rancore, cercando al tempo stesso di schiudere le proprie labbra in un timido sorriso per farle sembrare che stesse andando tutto bene, ricredendosi esattamente nell'istante successivo, quando una fitta lancinante gli attraversò la spalla, costringendolo a mutare quel finto sorriso in una patetica smorfia di dolore.

— Non dirlo nemmeno per scherzo Tae, — cercò di metterlo a tacere Jieun, rimboccandogli dolcemente il candido lenzuolo sopra il petto, — Sei l'uomo più coraggioso che conosca e io-, —

— Non è vero, se Jungkook non avesse richiamato l'attenzione dei nostri aggressori quel colpo sarebbe andato a segno, — la interruppe lui ancora una volta, portando la sua unica mano libera su quella di lei, invitandola così ad interrompere ogni sua azione quasi materna per prestargli il dovuto ascolto, — E non sulla mia spalla, — aggiunse poi in tono fermo e distaccato, ottenendo però come unico risultato quello di far raggelare il sangue nelle vene della giovane Jieun.
Solo l'idea che quel colpo di pistola sarebbe potuto andare a segno pochi millimetri al di sotto della clavicola sinistra di Taehyung fu un pensiero troppo orrendo e spietato da poter sostenere, persino per un medico come lei, abituato a immagini ben più forti.

— Quindi, al momento, l'uomo più coraggioso che conosci non sono certo io, — proseguì nel suo discorso il giovane procuratore. Sdraiato in quel letto stretto e particolarmente scomodo, Taehyung si concesse giusto il tempo di prendere un profondo respiro prima di trovare il coraggio per distogliere lo sguardo dal volto pallido e addolorato della ragazza ancora seduta ed immobile accanto a lui per rivolgerlo piuttosto verso la meravigliosa composizione floreale disposta sul comodino, nel vano tentativo di sentirsi in qualche modo sollevato.

— Ti prego non aggiungere altro, ora devi solo pensare a riposare, — fu quindi lei a tentare di sviare quel discorso che stava diventando sempre più ostico e complicato da gestire, ritrovandosi però ad abbassare a propria volta lo sguardo a quelle sue dure constatazioni per tornare a concentrare ogni energia che le era rimasta nel tentativo di scaldare quella mano fredda, stretta ancora nella sua.

Non le erano mai andati troppo a genio i silenzi. Che fossero di pochi istanti o estremamente lunghi e prolungati, il non riuscire ad avvertire alcun suono nella sua testa rimbombava come la più assordante delle urla. Ed era qualcosa di davvero insostenibile.

— Io ti amo Jieun, — per questo fu grata a Taehyung quando fu in grado di percepire la sua voce tornare a solleticarle le orecchie, con parole non certo di non secondaria importanza, — Ma non posso non accorgermi del modo in cui lo guardi, — lo sentì proseguire nel suo tortuoso ragionamento solo un istante più tardi, ma senza riuscire a guardarla negli occhi.

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