Un palazzo. Immaginate tutti di trovarvi davanti a un palazzo. È davvero grande: ha otto piani e dal punto in cui siete, vedete soltanto l'ingresso e le sedici abitazioni che danno sulla strada. Ogni casa è un ambiente a sé ed essendo all'esterno, non saprete mai cosa si cela dietro quella facciata. C'è solo l'ignoto e qualche immagine che pensiamo di aver costruito.
È una vera particolarità questa, perché effettivamente quello che abbiamo davanti non è un palazzo, ma una persona.
Sì, una persona perché questa è come un palazzo a noi sconosciuto. Mostra soltanto una facciata e garantisce solo a pochi l'entrata negli appartamenti dei suoi pensieri.
Era quello che la docile e giovane Orchidea sosteneva: nessuno sarebbe mai stato in grado di identificare il numero di piani che aveva la persona davanti. Ma, soprattutto, nessuno avrebbe dovuto entrare nel suo palazzo. Quella qualsiasi eventualità la terrorizzava al sol pensiero.
Al mondo esistono due tipi di persone: quelle che hanno un solo codice d'accesso per il portone d'entrata e quelle in cui occorre un numero diverso per ciascuna porta. Orchidea era una di queste, tuttavia avere al suo fianco il suo opposto come quel gruppo di amici, iniziava a farla sentire... al sicuro.
Nessuno si era mai preso la briga di aiutarla a curare il suo aspetto e e quel piccolo gesto di Elisea, così come il risultato, la scosse in maniera positiva.
«Ti direi di tingere anche i capelli, ma – secondo me – non dovresti farlo, perché è una caratteristica che ti rende speciale», disse la piccola Maser nel momento in cui il fiorellino bianco si specchiò.
Per un breve istante, si sentì leggera e come per magia la risposta a una delle sue maggiori domande – era forse l'amicizia una soluzione? – le apparì davanti, portando con sé una bizzarra sensazione che le provocava il solletico.
Il giorno successivo, quel sentore aumentò.
Cristoph rimase senza parole, ammirando il nuovo aspetto del fiorellino bianco, e quegli occhi dello stesso colore del lago desideravano uscire dalle orbite pur di avvicinarsi di più al suo angelo.
Il gruppo di amici era seduto al tavolo durante la pausa pranzo e la cosa stupefacente era che nessuno mancava all'appello.
«Sì, dico davvero. Questa mattina è stata una palla», borbottò Elenì.
«Non sarà stato così terribile», mormorò il fidanzato con una voce spenta.
«Tu non eri in classe... Mi annoiavo a morte».
«Cristoph?» chiamò Elisea, trattenendo una risata e agitando una mano in aria.
Il ragazzo giaceva immobile sulla sedia. Continuava a fissare il fiorellino bianco, che a disagio ascoltava la conversazione a testa china, e quando la piccola Maser, lo menzionò non fece il minimo movimento se non un piccolo sussurro: «Wow».
«Ti piace?» bisbigliò Orchidea, sentendosi presa in causa dagli occhi del ragazzo bruno.
«Sei sempre bella, ma non me lo aspettavo...»
«È stata un'idea di Elisea e...»
«Di Elisea?» sbottò infastidita Elenì, alzando un sopracciglio.
D'un tratto, la conversazione prese una strada dissestata e mentre le sorelle iniziarono a litigare, il fidanzato di una di loro si alzò e si allontanò dal tavolo per rispondere al cellulare. L'osservatore del gruppo lo notò, ma rimase seduto per fare da intermediario nella litigata, che stava diventando sempre più aspra.
«Mi hai mentito», ribadì la maggiore delle sorelle.
«Che cosa dovevo fare? Quando ti ci metti, sei davvero ingestibile!»
«Ah, io sarei ingestibile?»
«Che cosa ci fa se ero con Orchidea?» si lamentò Elisea alzando gli occhi al cielo.
«Ma... Ma... perché non la vedi? Anche adesso è in silenzio ed è colpa sua se stiamo litigando! È come Nicole!»
«Elenì!» intervenne bruscamente Cristoph. I suoi occhi avevano preso letteralmente fuoco mentre pungevano il corpo minuto della ragazza dai capelli color cioccolato. «Non puoi paragonare Orchidea a Nicole!»
A quel punto Orchidea, nonostante avesse cercato di essere comprensiva, sentì il bisogno di allontanarsi, perché malgrado il disturbo bipolare cui aveva saputo il giorno prima da Elisea di Elenì, quelle parole pizzicavano più dell'acetacea.
Ci sono due modi per digerire le parole ricevute, farsele scivolare addosso oppure masticarle lentamente, ma per il piccolo fiorellino bianco era indifferente, poiché le facevano comunque male.
Uscì dalla sala mensa, mentre il litigio prendeva una piega sempre più brutta.
In quel momento, Cristoph si sentì tirare da ben tre direzioni diverse: da una parte c'erano le cugine, che continuavano litigare tra di loro per questioni che andavano oltre alla sola presenza dell'albina; dall'altra c'era il suo migliore amico, il quale si trovava in un angolo della sala, vicino alle finestre, che aveva un'espressione davvero sconvolta e, infine, la sua anima reclamava la piccola Orchidea, ormai uscita dal suo raggio visivo.
Una situazione del genere, se vista dall'esterno, può risultare insignificante eppure ogni qual volta che la vita ci pone davanti a delle scelte, qualunque esse siano, tutti noi fatichiamo, perché effettivamente la vita, il vivere è una scelta. Scegliamo di vivere e non di sopravvivere, perché non ci accontentiamo e anche quella è una scelta.
Il ragazzo dai capelli ribelli e corvini aveva davanti a sé una scelta e qualunque avesse deciso di prendere, avrebbe avuto almeno una conseguenza.
D'un tratto, però, il suo amico uscì dalla sala senza voltarsi, e la mano di Elenì bloccò qualunque tipo di movimento di Cristoph, impedendogli di scegliere e di muoversi in alcun modo.
Quel lunedì era davvero bizzarro, perché era lunedì. Era l'inizio di una nuova settimana che simboleggiava la fine di quella precedente.
Per ciascuno di quei ragazzi, senza saperlo, quel giorno era il simbolo di un qualcosa di nuovo che stava arrivando improvvisamente nelle loro vite come un temporale in piena estate.
Il litigio non si concluse, ma le sorelle Maser tacquero nel momento in cui la campanella del cambio d'ora rimbombò per tutta la sala mensa. Ognuno di loro tornò in classe e seguì la lezione, tranne il giovane biondo con le olive al posto degli occhi. Florian.
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La Ragazza che Pretendeva Troppo
Novela JuvenilUna ragazza, il cui nome sembrava un gioco di parole, viveva ormai senza speranza e non ci provava nemmeno più a capire cosa ci fosse di bello nel provare a far funzionare la propria vita. Tutto le fa pensare e niente la fa cambiare, finché un qualc...