Capitolo 13: Terrore notturno

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Ero steso nel letto guardando il soffitto, da una finestrella posta su di esso riuscivo a vedere il cielo stellato e proprio non riuscivo a prendere sonno, il mio copro ormai era assuefatto al sonnifero e non era più abituato ad addormentarsi da solo, cerco le costellazioni cercando di inventare di nuove, come facevo da bambino.

Prendo il mio telefono e mi metto le cuffiette con la musica iniziando a canticchiare, era un'abitudine che avevo da quando ero piccolo.

La solitudine aveva sempre accompagnato la mia vita assieme all'insonnia e agli incubi, lentamente inizio ad addormentarmi, i miei occhi si chiudono mentre la mia mente è offuscata dal sonno.

Apro gli occhi e noto di essere circondato da un oscurità simile alla notte, di un blu tanto profondo da sembrare quasi pece, infatti non riuscivo a muovermi.

L'unica cosa che riesco a fare e impallidire perché mi accorgo di essere sott'acqua, sento delle mani d'ombra afferrarmi le caviglie e iniziare a trascinarmi verso il fondo di quegli abissi infernali.

Mi rendo conto di essere nel mezzo di una delle mie crisi, stringo gli occhi e continuo a ripetermi mentalmente di svegliarmi che era solo un sogno, riesco lievemente a agitare le gambe e sento quelle mani artigliarmi le gambe, emetto un urlo di dolore e l'acqua mi riempie i polmoni..

Apro gli occhi di scatto tossendo come un forsennato e stringendomi una mano sul petto all'altezza dei polmoni, avevo le pupille dilatate per il terrore e il respiro accelerato, questa era stata una delle crisi peggiori, mi sembrava ancora di sentire i segni di quelle mani addosso.

Accendo la luce della stanza e guardo verso le mie caviglie e quello che vedo mi lascia senza parole, ingoio a vuoto, c'erano quattro sottili e lunghi graffi ben evidenti a contrasto con la mia pelle pallida..

L'ombra che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora