Un ragazzo ferito

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La mia mano venne risucchiata dallo specchio e per la sorpresa caddi in avanti.

Stranamente tra tutte le cose su cui potevo soffermarmi a ragionare, la prima cosa che diede la necessità agli occhi di collegarsi con il cervello fu la palla. Quella stupida, stupidissima, brutta, sporca e scuoiata palla si trovava a pochi centimetri dalla mia faccia.

Mi venne voglia di calciarla con tanta forza da farla finire in culo alla luna.

Terra. Ero caduta su un suolo polveroso e le mie mani erano sporche di terra. Mi facevano male i polsi per la caduta.Mi alzai.

Mi accorsi che la terra era bagnata da un liquido rosso: sangue.

Ebbi appena in tempo di formulare il pensiero "ma che cazz..." e guardarmi in giro che sentii una voce tirata e stanca che diceva "ciao." Lo disse con una nota ironica.

Per poco non mi venne un infarto.

Mi voltai e vidi un ragazzo. Era poco più grande di me, con i capelli neri sudati e appiccicati al volto sporco di fango. Era muscoloso e si notava molto perché la maglietta bagnata era aderente alla pelle. Abbassando lo sguardo vidi la sua sua gamba o quello che ne rimaneva. Dalla stoffa del pantalone ormai ridotta a pezzi si intravedevano brandelli di pelle e altre ...cose. Al polpaccio mancavano cinque centimetri di fasce muscolari e il bordo frastagliato della ferita rivelata che lo strato epiteliale era stato strappato; capii all'istante che era un morso, un morso enorme.
" Vuoi rimanere li a fissarmi finché non muoio?".

Morire. Quella parola mi riaccese il cervello con un click e mossi d'istinto. Caddi in ginocchio e ringraziai il cielo di aver portato con me lo zaino.

Era uno zainetto di tela che mi portavo sempre dietro e c'era l'indispensabile: acqua, cibo, il coltello e l'acqua ossigenata. Mi sembrava un miracolo. La portavo con me perché mi facevo spesso male e visto che quando ero piccola stavo per morire per una brutta infezione ho imparato a disinfettare le ferite.

Quando la tirai fuori il ragazzo fece un sorriso tirato. Ruppi con il coltello la stoffa rimanente, spruzzai la soluzione sulla ferita e in particolare dove c'era più pus. L'acqua ossigenata inizio a fare le bolle e a sfrigolare.
Subito il ragazzo si contorse dal dolore, irrigidendo i muscoli e digrignando i denti, ma non urlò.

"Come odio quando da bambino mi dicevano che non brucia". Disse il ragazzo ancora inriggidito dal dolore e riuscì a farmi scappare un sorriso, cosa non da poco.

E mentre sorridevo lo guardai più attentamente: aveva le lentiggini, ed era stranissimo visto che aveva i capelli neri; ancora più inusuali però erano i suoi occhi. Due pozzi di un blu inchiostro che pareva nero. Un blu così scuro ma accesso e vivace allo stesso tempo che poteva spiazzare chiunque e che mi lasciò senza fiato.
E il suo sorriso, nel mezzo di quel viso stanco e sporco era come l'unica stella che splendeva nel cielo, capace di illuminare anche gli anfratti più oscuri.

"Mi hai salvato la vita" disse lui.

"Non è ancora detto" lo incalzai con amarezza mentre abbassavo lo sguardo sulla ferita. Ormai ciò che mi stava intorno aveva perso consistenza e rimaneva solo la ferita. Dipendeva tutto da me.
L'emorragia si era fermata grazie al laccio emostatico che aveva fatto il ragazzo con un lembo della sua camicia, ma potevo fare di meglio. Ci misi un po a slacciare il doppio nodo poi slegai lentamente la stoffa perché so che in questi casi bisogna far attenzione a non togliere velocemente il laccio o l'emorragia sarebbe refluita. Lo riallacciai più in alto, questa volta raccolsi un legnetto e lo usai come manopola per stringere meglio ma non feci più di un giro per paura di fermargli del tutto la circolazione, non me lo sarei mai perdonato se avesse perso una gamba a causa mia. Finito quello mi dedicai a lavare la ferita. Con la stoffa della mia felpa pulii la pelle martoriata e tolsi i granelli di terra. Avevo le mani che tremavano, ora che la vedevo meglio mi venne quasi da vomitare e ansimavo per lo sforzo di fargli meno male possibile ma lui non batté ciglio né protestò. Tirai fuori la bottiglietta d'acqua ma prima che potessi versarne il contenuto il ragazzo mi urlò di non farlo e me la strappò dalle mani.

"L'acqua è troppo preziosa" quindi bevve avidamente e finì mezza bottiglia d'acqua in pochi secondi.

Quell' informazione mi fece riflettere perché se quell'acqua era preziosa voleva dire che non c'è n'era altra...

Mi guardai intorno per la prima volta con una crescente consapevolezza.

Eravamo in una grotta e al di fuori di quella c'era il deserto... Fu allora che, per la prima vola da quando avevo iniziato quell' avventura ebbi un briciolo di paura.

"D-dove siamo?"

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