Capitolo 17

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L'odore di frutti di bosco e cannella arrivò prepotentemente a Mina, inebriandola. Si stava abituando a quella fragranza, tipica dell'aula della professoressa Burke. Non capiva, però, se fosse il profumo della donna o qualche fragranza per ambienti ben nascosta in classe. Il primo giorno, quell'odore forte l'aveva infastidita. La professoressa l'aveva infastidita. Gli occhi curiosi dei compagni l'avevano infastidita. Ora, col passare delle settimane, quel pizzico di cannella quasi impercettibile iniziava a diventare confortante. Paradossalmente, Mina cominciava a trovare quell'aula un rifugio. Non voleva ammetterlo, ma quel corso le piaceva.

«Posso parlarle?» disse a bassa voce, provando a mettere da parte tutta la sua superbia. Voleva che la Burke la ascoltasse e la assecondasse, e doveva iniziare a piccoli passi. Quella mattina si era vestita in tutta fretta. Aveva la prima ora con lei e doveva arrivare prima degli altri, per parlarle in privato. Si guardò di sfuggita le mani, notando la totale mancanza di anelli. Tanta era la voglia di uscire di casa per arrivare a scuola prima dei compagni, che non aveva nemmeno pensato ai gioielli che la decoravano ogni giorno.

«Certo.» Alexandra Burke si alzò dalla sedia in legno dietro la cattedra, accogliendo Mina con le braccia leggermente spalancate. Voleva tranquillizzarla, e la ragazza lo apprezzò. Silenziosamente. «Di che vuoi parlarmi?» aggiunse, mentre Mina entrò lentamente in aula, fermandosi davanti a quel primo banco che ogni giorno agognava.

«Vorrei cambiare compagno per il progetto.» La professoressa ridacchiò appena, quasi aspettandosi quella richiesta. Aveva colto perfettamente le espressioni di disappunto di Mina, quando aveva letto le coppie per il progetto. Aveva colto anche l'euforia di Colin, che l'aveva divertita alquanto.

«Perché?» chiese, mantenendo quella tranquillità che la contraddistingueva. Non voleva innervosire Mina, non voleva metterla alle strette. Voleva capire.

«Tra me e Colin Marshall c'è un pessimo rapporto. Il progetto ne risentirebbe.» Anche Mina provò a mantenere la calma, evitando accuratamente di guardare negli occhi l'insegnante. Quella donna riusciva a metterla in soggezione con un solo sguardo, e lei non era abituata.

«Le coppie sono quelle, non posso cambiarle, mi dispiace. Sarebbe scorretto verso i tuoi compagni.» Mina sospirò sonoramente. Sapeva che sarebbe stato inutile, ma lei era sempre stata perseverante, aveva sempre lottato per i suoi obiettivi e non voleva essere da meno, adesso. «Come stai, Mina?» Quella domanda non se l'aspettava. Nessuno gliel'aveva mai fatta. A nessuno interessava. In qualsiasi altro momento avrebbe fortificato il muro, mascherando ogni malessere dietro una risata finta e ostentata. Non ci riuscì. Avrebbe voluto tanto rispondere che stava bene, che tutto andava a meraviglia, che la sua vita era perfetta. Ma a cosa sarebbe servita quella bugia? Chi avrebbe creduto a quelle parole? Spesso se le ripeteva. Di notte, nel suo enorme letto, si diceva che andava tutto bene. Una bugia a cui, ormai, non credeva più nemmeno lei.

Furtivamente, si portò via una lacrima solitaria dallo zigomo. La speranza che la professoressa non l'avesse vista, sparì quando il sorriso dolce della donna divenne un tirato sguardo di preoccupazione. Alexandra si avvicinò dolcemente, provando a non invadere troppo quello spazio a cui l'alunna tanto teneva. Provò a sorridere, provò a confortarla. Provò a farle capire che lei c'era. Le prese una mano con entrambe le sue, senza mai staccare gli occhi da quelli di Mina. La ragazza ricambiò quel sorriso istintivamente. Come se per la prima volta qualcuno fosse davvero interessato a lei.

«Non voglio costringerti. Ma conoscevo tua madre, conosco tuo padre. Sei parte di questa famiglia enorme. Non ci sono stata, mai. Ma ora ci sono, se hai bisogno» sussurrò.

«Perché?» fu l'unica parola che riuscì a formulare Mina. Era sempre stata sola, circondata da aspettative, da regole, da etichette. Per la prima volta, pensò che qualcuno volesse vederla per come era davvero. E non ne capiva il motivo. Perché volerla vulnerabile?

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