13. Will

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Il silenzio era assoluto, udivo soltanto il mio respiro che si faceva lentamente più calmo. Mi guardai intorno: ero circondato da alte mura, alcune ricoperte di rampicanti.

- Questo luogo mi ricorda il labirinto dei gladiatori, ma sembra diverso. - esclamai mentre passavo le mani sulle pareti imponenti e colossali. Il terreno era sabbioso e umido e pareva che l'essere umano non ci mettesse piede da anni, almeno. Accadde in un secondo, anche meno: istintivamente mi abbassai, proprio nel momento in cui qualcosa mi aveva sfiorato la testa e si era allontanata con un fischio acuto. Non riuscii a capire cosa fosse stato, ma non c'era tempo per riflettere, perché mentre mi girai un ragazzo mi venne addosso - dovrei dire che mi trascinò letteralmente nella parete destra - e mi indicò con l'indice che avvicinò alle sue labbra di restare in silenzio. Ci eravamo nascosti dentro una siepe di rovi e nonostante le ferite che ci stavamo provocando restammo immobili. Mi fidai subito di lui, il mio istinto mi fece capire che correvamo un certo pericolo di vita. Non mi sbagliai, visto che poco dopo udimmo un sinistro rumore di passi che si avvicinava a noi sempre di più. Il ragazzo restava in silenzio e lo imitai, cercando di respirare il più silenziosamente possibile nonostante il cuore mi martellasse in gola. E quando vidi passare l'essere metallico mi si gelò il sangue: era un robot di forma umanoide con un solo occhio e un'antenna verde al posto dei capelli. Indossava una divisa militare azzurra e, cosa più spaventosa di tutte, imbracciava un fucile. L'automa si fermò proprio davanti al nostro nascondiglio e sembrava fiutare l'aria: la sua testa si staccò e si librò in alto, lanciandosi velocemente nella direzione opposta alla nostra.

- Adesso, fuggiamo! - mi urlò il ragazzo dagli occhi azzurri strattonandomi verso un'altra direzione rispetto a quella dell'omino meccanico. Corremmo a perdifiato fino a quando giungemmo in un corridoio dove le pareti erano tutte dipinte di rosso: fu lì che ci salvammo. Si capiva che egli conosceva bene quelle vie e che non era la prima volta che tentava di seminare quella sorta di vigilante. Arrivammo in un ampio, direi sterminato campo aperto pieno di piccole colline e grotte e ci nascondemmo in una di esse. Mentre riprendevamo fiato, finalmente appresi cosa ci stava accadendo e chi fosse il mio salvatore: - Io sono Will e sei stato a un passo dall'essere incenerito dal polidroide!

- Piacere, io mi chiamo Jack. Scusa ma, potresti farmi capire come mai mi trovo qua? Stiamo sognando? - chiesi al mio nuovo amico mentre mi scolavo l'acqua della sua borraccia. Egli mi osservò divertito, poi disse: - Per questo devi ringraziare Herbert, è stato lui a liberarci dal sonno criogenico!

Sputai l'acqua per terra, sgranando gli occhi. Sonno criogenico? E dire che pensavo stessi sognando, oppure ero sveglio?

- Ehi amico, rilassati, per il momento siamo fuori pericolo. Dunque, posso comprendere come ti senti perché ci sono passato anche io: svegliarsi da quel sonno dopo anni non è certo facile come fare una passeggiata e, beh, avrai degli effetti collaterali per un po', come ad esempio i vuoti di memoria. - affermò mentre accendeva un falò. Poi uscì fuori dallo zaino un pezzo di stoffa che iniziò a srotolare lentamente mentre osservava la mia faccia stravolta dalle sue rivelazioni. Restai in silenzio e mi diedi dei pizzicotti: sembravo sveglio, forse non stavo più sognando. Will uscì fuori dall'involucro un pezzo di carne e, con il suo coltellino, ne taglio due belle fette che mise a cuocere sopra delle pietre roventi. E mentre l'odore di carne in cottura arrivava alle nostre narici, continuò a spiegarmi: - Sì, siamo stati catturati davvero dagli alieni, anche io ho fatto gli stessi tuoi incubi. Purtroppo è tutto vero, ma con un piccolo particolare: essi non ci hanno eliminato, no, gli serviamo vivi! Hanno costruito così delle camere criogeniche in cui tutti gli esseri umani che sono riusciti a catturare cadono in un sonno prolungato e dove non fanno che sognare all'infinito. In poche parole, caro amico, siamo svegli grazie a Herbert, il mio capo.

- Herbert? E come ha fatto a tirarci fuori senza farsi uccidere? - chiesi sempre più sconvolto. Egli mi sorrise e tra un morso e un altro, continuò: - Beh te lo spiegherà lui quando lo incontreremo. Gli alieni, che noi chiamiamo Parassiti, non hanno molta fantasia, per questo motivo ti catturano e si appropriano dei tuoi sogni. Loro ci vedono come degli animali, non hanno alcuna remora a farci secchi se qualcuno dovesse sgusciare fuori!

Ancora scioccato dalle rivelazioni di Will, iniziai a capire quello che avevo vissuto negli ultimi anni: avevo sognato per molto tempo fino ad oggi e sembrava di aver vissuto tutto quanto. Quindi le mie avventure, dai rettiliani a Rose al re Manuel, non erano altro che frutto della mia fervida fantasia. Ma la realtà che stavo scoprendo era forse ancora più drammatica di quello che potessi immaginare. Parlammo a lungo quella notte, fino a quando decidemmo di riposarci visto che il giorno dopo avremmo dovuto affrontare mille pericoli per salvare, ancora una volta, la nostra dura pellaccia.

- Non preoccuparti, Jack. Domani proveremo ad incontrare il mio capo. Stiamo creando un esercito di Risorti (così chiamiamo quelli come te che riusciamo a far tornare in vita dal sonno criogenico) col quale cercheremo di liberarci da questi terribili alieni invasori. Gliela faremo pagare, in un modo o in un altro!

E aveva ragione: l'indomani, infatti, avremmo vissuto una fuga rocambolesca ma con un lieto fine per noi!

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