CAPITOLO 20: DESIDERI PROIBITI

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Alexander

Tutto il mio corpo era dolorante e pieno di ferite. Il pavimento era sporco di chiazze di sangue. Il mio sangue. Era passato moltissimo tempo da quando qualcuno mi aveva ridotto in quello stato e altrettanto da quando mi ero fatto prendere alla sprovvista in quel modo così vergognoso. Strinsi i denti dalla rabbia ma immediatamente della bile mi risalì in gola. Sputai. Altro sangue a macchiare il pavimento.

Con amarezza ripensai alla scena di poco prima. Quel lupo che mi era saltato addosso e mi aveva aggredito con tutta la ferocia di cui era stato capace. Il sapore delle sue zanne era ancora vivo sul mio corpo, i morsi che affondavano nella carne. Il pensiero vagò senza volerlo ai miei denti che stavano per penetrare la candida pelle di quella ragazza. Scacciai immediatamente l'immagine dalla testa.

Mi premetti la mano sulla ferita al costato prima di sollevarmela davanti agli occhi. Era di un rosso porpora acceso. Un grido di rabbia mi uscì dalla bocca ma l'unico effetto che ottenni fu di provocarmi solo altro dolore e così riportai la mano alla ferita per cercare di fermare la fuoriuscita di sangue.

Mi ero lasciato distrarre, lo sapevo, non avrei dovuto abbassare la guardia, mi ero fatto prendere dal momento e quel momento mi era risultato fatale. Ricordai le parole del comandante quando mi aveva esortato a stare attento, che lei non era come gli altri, ma io non gli avevo dato ascolto ed ecco il risultato.

Dannato lupo.

«Capitano!» tanto era l'affanno e il risentimento che provavo che solo all'ultimo mi accorsi dell'avvicinarsi di un mio sottoposto, allora raddrizzai la schiena così da evitare di essere visto in un momento di debolezza, uno strappo quasi mi tolse il fiato ma evitai di badarci.

«Ebbene?»

Il soldato corse nella sala fino a fermarsi a diversi metri da me, aveva il fiato corto e i vestiti strappati «Capitano! La ragazza... La ragazza è scappata! Sono fuggiti tutti!»

«Cosa?! Ve la siete lasciata sfuggire?!» sbraitai sconcertato.

«Mi dispiace capitano. La prigioniera ha colto l'occasione e si è trasformata e purtroppo siamo stati presi alla sprovvista.»

«Non me ne faccio niente delle scuse! Il vostro compito era semplicemente quello di tenerli tutti sotto controllo, tutti! Lei per prima! Adesso che cosa vado a dire al comandante eh, che purtroppo non eravamo pronti?!» a questo mio sfogo di rabbia seguì ben presto un grugnito di dolore.

«Dimmi, piuttosto» continuai cercando di ritrovare la calma «quanti dei nostri sono caduti?»

«Sulla cinquantina signore, ma i feriti sono anche di più, siamo stati attaccati dall'intero branco di lupi.»

«Capisco» dissi annuendo rassegnato «Va bene, ora va' e dì anche agli altri di prendersi cura dei feriti. Ripulite questo macello e sistemate ciò che è andato distrutto. Voglio che sia tutto in ordine per l'alba.»

«Agli ordini, capitano!» e preso congedo il soldato se ne andò.

Finalmente, rimasto solo, potei abbandonare quella postura irrigidita assunta per mantenere salve le apparenze e rilassarmi finalmente. La ferita aveva ripreso a sanguinare. Grazie al sangue di drago da cui prendevamo sostentamento noi cacciatori i nostri tessuti avevano acquisito una capacità rigenerativa sorprendentemente elevata eppure, nonostante questo, la ferita infertami da quel lupo ancora fluiva copiosa. Imprecai.

M'incamminai per lasciare la sala, sulla porta però mi voltai per dare ancora un ultimo sguardo a quei corpi immobili, a quei volti esanimi che un tempo avevano visto giorni migliori appesi alle pareti, esposti come trofei. Disgustavo quella vista, mi ricordavano giorno dopo giorno quello che ero diventato. Un mostro. Odiavo anche questo. Ricordai lo sguardo di orrore negli occhi di quella ragazza la prima volta che aveva messo piede in quel santuario.

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