Capitolo 1

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Daniel

Che ore sono? Perché fa così caldo?
Provo ad alzarmi, ma un peso non me lo permette.
Apro gli occhi e la luce del sole mi acceca.
Li richiudo, magari posso dormire un altro po' come sta facendo la ragazza accanto a me. Non sembra male, bionda, con curve sinuose, non dev'essere niente male fisicamente. La sto sfiorando con le dita, non mi sembra il caso di aprire gli occhi, ritornerebbe il mal di testa.
Una sbornia senza precedenti direi. Sono stato a letto con altre donne ma ricordavo ogni particolare, questa volta invece, devo ammetterlo, non ricordo neppure come ci sono finito in questo letto. Non so neppure se sono a casa mia.
Merda, credo proprio di dover fare un piccolo sforzo e aprire questi maledetti occhi.
Sole, sole, sole, perché? La mia vista chiede pietà, la testa mi pulsa, perché l'ho fatto?
Sposto la tipa che sembra svenuta e mi accerto che sia viva, non si sa mai. Per fortuna si gira dall'altro lato mostrandomi il suo bel culetto, davvero ragazzi, questa dev'essere stata una bella nottata e non me la ricordo.
Peccato.
Mi guardo intorno e capisco subito che non sono a casa mia, l'ambiente è troppo femminile per i miei gusti.
Nonostante il dolore lancinante alla testa mi sforzo di alzarmi e comincio a rassettare le mie cose. I vestiti sono sparsi per tutta la stanza e per quanto faccia fatica a stare all'in piedi riesco per fortuna a vestirmi. Mi sistemo un po' prima di lanciare un'ultima occhiata alla bionda che dorme beatamente e uscire definitivamente da questa casa.
Aria, finalmente un po' di aria. Recupero il cellulare dalle tasche e chiamo subito il mio migliore amico.
«Mmmh, ti ucciderò, giuro».
Scoppio a ridere al suono della sua voce assonnata «Ti ho svegliato raggio di sole?»

«Stronzo! Sto per staccare quindi dimmi subito cosa vuoi prima che io riattacchi».
«Ricordi dove ho messo la mia auto?»
«L'hai lasciata al locale, ho chiesto a Steve di tenerla d'occhio». Tu... tu... tu...
La fortuna vuole che un taxi si fermi proprio davanti al palazzo dove sono fermo, probabilmente è di qualcun altro ma che importa. Entro e chiedo di essere portato al Tency's.
«Ma sono stato chiamato da una ragazza, sembrava piuttosto urgente».
«Per favore, può evitare di parlare? Mi scoppia la testa, le pagherò il doppio della corsa» e dopo aver pronunciato le parole magiche il tizio parte in silenzio.
Una volta arrivati mantengo la parola data ed entro nel locale che di giorno è un semplice bar che offre una colazione strepitosa, mentre di notte si trasforma in un night.
«Ehi, Daniel, buongiorno» Steve, il proprietario del posto mi saluta, sempre sorridente, con dei capelli impeccabili e luccicanti che potrebbero far invidia ai raggi solari.
«I tuoi capelli sembrano vivi» commento.
«I miei capelli sono perfetti», sospira. Si passa una mano tra la sua capigliatura, «immagino tu abbia bisogno della tua auto e anche del mio caffè».
«Ti amo, Steve».
«Io l'ho sempre detto, saremmo stati una coppia perfetta se tu non fossi stato etero».
«Semmai un giorno mi convertirò al pene, ti prometto che correrò da te». Scuote il capo divertito e finalmente mi porge il mio agognato caffè. «Fammene un altro per favore».
Al di là di quello che si dice, dopo una sbornia io non ho bisogno di nessun analgesico, mi bastano i miei due caffè del mattino per ritornare come nuovo.
Saluto il mio amico barista e di corsa raggiungo casa mia che non è molto lontana.

«Mamma» avvolgo l'asciugamano in vita.
«Per che ora arrivi?» mia madre, la donna più importante della mia vita ma anche la più insopportabile. Ogni domenica la stessa storia. «Lo sai che non mi piace quando fai tardi e oggi verranno anche i suoceri di Amelì, per favore, sii puntuale».
«Mi vesto e arrivo» dico annoiato.
«Su, forza, forza chi dorme non piglia pesci» detto ciò stacca la chiamata.
Ma cos'hanno tutti oggi?
Ed eccomi qui, nella casa dove sono cresciuto. Mia madre sembra soddisfatta del mio arrivo anticipato, mio padre come sempre se ne sta in disparte a leggere un giornale per ingannare l'attesa. È per questo che non vengo mai in anticipo, dopo i soliti convenevoli non sappiamo mai di che parlare.
Il campanello per fortuna suona e mia sorella super incinta arriva in salotto e mi abbraccia felice, ora si che si ragiona. Stringo la mano di suo marito che mi sorride, lui è sempre così: gentile e paziente, altrimenti come avrebbe fatto a sposare mia sorella che al suo contrario, è una forza della natura?
Dietro di loro, i consuoceri. La mamma di Phil, il marito di mia sorella, non mi sta molto simpatica, è una snob con la puzza sotto il naso e che saluta la gente come se fosse la regina. Attenzione a non sfiorarle mai la guancia durante un saluto, le si potrebbe rovinare la maschera di cera che ha al posto della faccia.
«Oh, Daniel!» esclama con finta sorpresa «ci sei anche tu!»
«Eh già, è domenica, è casa mia» le dico lentamente.
Lei finge di non afferrare il sarcasmo nelle mie parole e passa avanti.
Ti prego fa che questo pranzo finisca in fretta.
Mi accomodo di nuovo sulla poltrona e sorseggio il mio drink, hai capito mamma, si sta proprio specializzando.
«Tra quanto si mangia Evelyn? Qui abbiamo fame». Papà si tocca la pancia e quello che dovrebbe essere il suocero di mia sorella di cui non ricordo mai il nome, ride sotto i baffi.
«È pronto, è pronto, su accomodiamoci a tavola».
A quelle parole ci alziamo tutti, ma io resto a fissare la scena, aspetto che si sieda prima "faccia di cera" in modo da evitare un posto accanto o di fronte a lei.
«Tesoro, non vieni?»
«Si, eccomi».
Mi accomodo accanto a mia sorella e noto da lontano che sua suocera mi fissa e sorride. Che diamine succede?
«Quando finiremo di mangiare?» sussurro a mia sorella.
«Mamma ha cucinato per un esercito, neanche io che sono incinta riesco a finire tutto» e intanto infila in bocca un altro pezzo di pollo. Certo, come no.

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