Whatever.

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Le montagne russe.
Me le ricordo, erano una festa da bambina, volavo con il corpo e cercavo di rimanere concentrata.
Oggi è l'anima che vola.

Sta vagando a pochi metri da qui, tra quel bianco marmo che in questa città mi ha sempre scaldato.
E' disperata, vorrebbe rimanere inerte. Anaffettiva, come uno spettatore disinteressato.
E invece sente il calore dei sorrisi di chi ama, il rumore del riso tra i capelli, i brividi di un bacio sempre dato e mai sentito, la felicità di una vita nuova che sta prendendo la sua forma.
Una sensazione familiare, si dice.
E quanto più sbagliata.

La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita.
A me è capitato fare la prova per un matrimonio che non è stato il mio.
E' lavoro, continuo a ripetere da ore.
Ma è la battuta più difficile che io abbia mai dovuto imparare.

Ma in fondo, è mai stato facile tra noi?
Fin dal primo istante.
Un'inutile serie di sliding doors. Due destini che si sono sfiorati diverse volte, ma senza mai prendere la direzione giusta.
Come il film di Woody. Io ho finito le riprese nel momento esatto in cui lui stava iniziando. Un paio di scene, giusto il tempo di un "piacere" e "ti ho vista spesso, complimenti e in bocca al lupo per tutto". E quegli occhi capaci di scavarti dentro, carichi di passione e di un sottile velo di malinconia. Non li ho mai più dimenticati.

Sono gli stessi che ho rivisto tre anni dopo, quando è arrivato, scortato dall'immancabile Pier, alla prima lettura dei copioni del progetto che avrebbe cambiato le nostre vite. E sono certa di usare quest'aggettivo per entrambi.
Sono iniziate le corse al set che mi permettevano di affrontare le dure giornate con una carica nuova, le aggiunte ai testi, i siparietti di Claudio e Alice che diventavano i nostri.
I consigli, mi ha fatta appassionare al teatro come nessuno fino a quel momento, alla letteratura: tutto attraverso i suoi occhi appariva migliore, più interessante e pieno di vivacità.

Abbiamo iniziato, a passi piccoli, ad interessarci l'uno alla vita dell'altro.
Con dolcezza.
E' finito per diventare una delle persone "di porcellana", da custodire come un tesoro, un romanzo da leggere e consumare perchè ogni volta potesse insegnarmi qualcosa di nuovo.
Siamo diventati spalle su cui piangere, numeri da cercare nel cuore della notte.
Un'amicizia per la vita, mi raccontavo. Era sempre lì, pronto a accogliermi tra le braccia che sapevano di casa. Ottimo collega da non perdere e blah blah blah.

Ma non avevo capito niente.
Peccato essermene accorta tardi e pubblicamente.

Quel maledetto 23 ottobre.
Me lo sono ritrovato davanti, pochi minuti prima dell'arrivo della mandria di giornalisti assetati di spoiler.
C'era il cast, vestito di tutto punto, ma io guardavo solo lui. Sarò stanca, sarà il viaggio Volterra- Roma dopo aver girato fino a tardi, mi dicevo. E poi quelle mani, quel continuo punzecchiarmi e cercare di sfiorarmi. Ha persino ballato e cantato con i The Shalalalas, non l'avrebbe fatto neppure sotto tortura.
Gli occhi erano cambiati e anche il mio cuore me lo stava dicendo.
Aveva preso posto tra l'ombelico e i polmoni e si stringeva, come un nodo, ad ogni invasione dello spazio vitale. Eravamo solo io e lui, una strana bolla.
Profumava di Declaration e di lavande.
Davanti ai giornalisti, da sola, le parole venivano fuori come fiumi, la testa viaggiava attraverso i momenti insieme, quasi per ingannarsi della sua momentanea assenza. Gli occhi lo agganciavano in un punto qualsiasi della stanza e non mi lasciavano andare.

E poi a un certo punto siamo rimasti soli.
Dovevamo presentarci davanti a tutta Italia, ad un orario in cui tutti avrebbero potuto vederci nei panni dei nostri personaggi.
E invece hanno visto solo due persone che si amavano, un'inconsapevole bellezza pronta a fiorire.

C'è stato un secondo in cui ci ho visti insieme per davvero, in cui sarebbe bastato un soffio di vento a permettere che i respiri di mescolassero in un alito vitale.
In cui lui voleva me e io volevo lui, nella semplicità di due persone pronte a condividersi.
E invece ho lasciato che fuggissimo via, con la presunzione ci saremmo cristallizzati in un tempo senza movimento, che avremmo ripreso i nostri discorsi una volta fatta chiarezza nella mia testa.
Ho lasciato che Alice si impossessasse di me e che sperasse di poter correre verso la libertà, mano nella mano, con il suo Conforti.

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