Era un venerdì davvero interessante: durante la pausa pranzo, le sorelle Maser si erano rappacificate e Cristoph Coser ebbe il coraggio di chiedere di uscire al fiorellino bianco, il quale accettò con una velata riluttanza visto il suo appuntamento serale con la madre del ragazzo che aveva espresso l'invito.
Orchidea Fiore, la ragazza con la carnagione estremamente chiara, era tornata lezione e nel momento in cui si appoggiò sul suo banco, le parve di sentire un borbottio di scuse da parte di Elenì, poco prima dell'arrivo del professore. Ne era felice, ma dall'altra parte aveva il timore che fosse stata soltanto obbligata. Non disse nulla, ma ci rifletté per tutto il tempo fino a quando la campanella nel corridoio non suonò più di quattro volte, confermando la fine di quel giorno di lezione.
Erano le quattro e mezza e, come promesso Cristoph Coser si mise accanto all'entrata in attesa del suo angelo.
«Ehi, Cris!» lo salutò Elisea.
«Hoy», ricambiò lui.
«Ci stai aspettando?»
«Hmmm... Sto aspettando Orchidea», disse Cristoph incapace di nascondere un sorriso entusiasta.
«Uscite?» esortò la cugina felice.
«Eccomi qua», affermò Elenì, apparendo con un balzo e prendendo a braccetto la sorella.
«Cris, ci stavi aspettando..? Noi, però, non andiamo a casa: passiamo da casa di Florian e, poi, andiamo a mangiare qualcosa al ristorante del padre con la speranza di trovarlo lì...»
«No, vado a studiare con Orchidea», rispose Cristoph dubbioso.
Come mai non è ancora uscita? si chiede tra sé e sé.
Non appena si pose quella domanda, però, i suoi occhi dello stesso blu del lago di Dobbiacco incrociarono quelli dello stesso colore del cielo del fiorellino bianco, che con lo zaino in spalla si avvicinava timoroso verso quel piccolo gruppo di amici.
«Cristoph», lo riportò coi piedi per terra la cugina Elenì. «Ho provato a chiamarlo quando sono andata in bagno prima»
«E?» incitò il giovane in ansia.
«Ha accettato la chiamata, ma non appena ho risposto... ha messo giù subito dopo...».
«Dovresti provare anche tu», dichiarò Elisea. «Ciao, Orchidea».
«Ciao», salutò a voce bassa la pallida ormai vicino.
«Ciao», mormorò Cristoph.
«Tutto bene?»
Lei annuì.
«Ti darebbe fastidio se mentre camminiamo verso lo chalet bar provassi a chiamare Florian?» chiese il giovane preoccupato.
«No... assolutamente», disse Orchidea.
Iniziarono a camminare e tanti erano i loro passi, tanti gli squilli a vuoto.
Florian non rispondeva e man mano che Cristoph riprovava, l'ansia nel suo petto di lui cresceva sempre di più.
Così la volta dopo decise di lasciargli un messaggio in segreteria. «Ehi amico. Anche oggi è una giornata in cui hai balzato scuola». Fece una finta risata. «Comunque abbiamo analizzato le poesie di D'Annunzio oggi. Gli appunti li ho sul tablet e... poi... finalmente Orchidea è venuta a mangiare con noi». Parlava con una tale complicità che pareva quasi matto. Fingeva di essere spensierato, ma non lo era. «Volevo anche informarti che la parola di oggi è apodyopsis. Deriva dal greco ed è l'atto di svetire qualcuno con la mente», inspirò e sentendo l'avviso dell'operatore di fine messaggio aggiunse velocemente con la gola secca: «Chiamami, per favore».
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La Ragazza che Pretendeva Troppo
Teen FictionUna ragazza, il cui nome sembrava un gioco di parole, viveva ormai senza speranza e non ci provava nemmeno più a capire cosa ci fosse di bello nel provare a far funzionare la propria vita. Tutto le fa pensare e niente la fa cambiare, finché un qualc...