La tempesta

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Il cielo notturno non aveva un colore per lei. L'odore della pioggia che bagnava l'asfalto solleticava le narici, con quel suo senso pungente, ma alla lunga piacevole. Stava correndo per l'autostrada, la testa in realtà non era da nessuna parte, ma ovunque nello stesso momento. Non si concentrava sul colore delle nuvole. Erano grigie? Erano mimetizzate con il buio della notte? Il cielo era blu o nero? Troppe domande bussavano alla porta, ma lei non voleva aprire, non le interessava. L'orologio sul cruscotto segnava un'ora strana per viaggiare, nel cuore della notte. Qualcuno probabilmente in quello stesso momento stava festeggiando qualcosa, o solo facendo baccano per strada. Qualcun altro invece stava dormendo nel caldo della propria stanza, con le coperte fin sopra alle spalle. Invece lei era da sola su quell'autostrada, in una notte d'inverno. E la stanchezza non le stava portando altro che voci silenti, sussurri che lei non poteva evitare. Non le piaceva fermarsi ad ascoltare sé stessa, perciò, impaurita, iniziò a premere tempestivamente e velocemente il pulsante per l'accensione della radio. Ma, per sua sfortuna, la stessa non voleva emettere altre voci che non fossero quelle della giovane donna. Peccato, avrebbe potuto godersi qualche bella canzone che si trovava in una delle sue stazioni preferite, l'avrebbero distratta, accompagnata alla sua meta felice, magari. Invece il buio della notte aveva inghiottito anche questo piacere, che l'avrebbe aiutata a correre lontano quanto la sua macchina su quella strada, e posticipare l'inevitabile. Sappiamo tutti, però, che ogni viaggio raggiunge la sua fine. Mentre ricongiungeva la mano destra al volante, le dita della sinistra tamburellavano sulla gomma ruvida, nervosamente. Nel frattempo, il cielo tentava di catturare la sua attenzione, lanciando secchi ancora più enormi di gocce d'acqua dalle sue nuvole. Perfino Zeus lanciò qualche saetta per farle alzare lo sguardo. Ma lei cercava di concentrarsi solo sulla strada, anche se l'arrivo era lontano troppi chilometri per mantenere lo sguardo fisso per tutto quel tempo. Stava già viaggiando da ore, doveva arrivare puntuale ad una riunione in un'altra sede, però per qualche strano motivo, lo aveva saputo solo due giri di lancette prima del viaggio. Odiava l'amministrazione, così come odiava il lavoro che stava facendo, i genitori che l'avevano costretta a laurearsi in economia, quando avrebbe voluto solo essere qualcun altro. Le pesava tutto, l'assenza di voci la faceva sentire sola, mentre il suono delle cascate d'acqua sul parabrezza, e lo scroscio di questa sul metallo sopra di lei erano di sottofondo a quei sussurri. Una voce familiare le sussurrava all'orecchio cose improponibili. "A questa età ancora non hai una famiglia? Wow, e neanche un amante?" Gli occhi le si iniziavano ad inumidirsi. "Pensa, tra qualche anno sarai vecchia e nessuno ti vorrà! Non riuscirai ad avere un figlio da amare con tutto il tuo cuore. Non vedrai i primi passi di una vita da te generata E non potrai accompagnarla nella propria vita." Le prime lacrime le rigavano le soffici e rosee guance, mentre tentava di concentrarsi sulla sua fetta di asfalto delimitata dalle linee bianche, invece che su quelle frasi apparentemente veritiere, che avevano anche iniziato a ridere di lei. E non avevano pietà. "Non sei mai stata libera, e solo lo scorrere della clessidra scioglierà le tue catene. Ma ce ne vorrà tanto, quando in realtà potresti spezzarla velocemente. Sai, sarebbe proprio una bella idea, visto che non hai nessuno a cui donare libertà, donala a te stessa." Le mani tremavano insicure sul volante, le lacrime appannavano la vista più della tempesta sul parabrezza, le labbra invece tentavano di trattenere i singhiozzi, mentre tremolavano e si scontravano spaventate da sé stesse. Il ticchettio proveniente del cruscotto sembrava più forte di prima, la vista ormai era assente. Vedeva la strada ma non la guardava. Perché in un momento come quello, tutto le stava cadendo così forte sulle spalle e sulla schiena? Perché era toccato proprio a lei? Ma in fondo era meglio così, qualcun altro avrebbe potuto soffrirne anche peggio e seguire prima il consiglio di rompere la clessidra. Nel frattempo la macchina continuava ad andare avanti, e lei non sapeva cosa fare. Doveva seguire davvero la voce oppure continuare a guidare? La vita probabilmente le avrebbe riservato tante pressioni.  Anche se avesse preso la seconda scelta, la vita avrebbe continuato a premerle contro. Ma qualcuno forse la stava aspettando da qualche parte, giusto?
Quindi? Doveva continuare o fermarsi?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 30, 2020 ⏰

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