Capitolo 4. Qualcuno chiami i pompieri

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Devo dire che le Bahamas sono un posto molto interessante, davvero. Soprattutto Paradise Island, nella quale mio padre ha deciso di alloggiare. 

Però, sento il bisogno di aggiungere che se tutti i baristi sono mozzafiato come quello che avevo davanti, io mi trasferisco. Direttamente.

- Desideri?-, chiese ancora una volta, senza mai perdere il suo sorriso travolgente. Roba che John Travolta poteva applaudire e andarsene a piangere in un angolino.

Inutile dire che io continuai a fissarlo imbambolata senza la capacità di spiccare parola.

Poi il ragazzo, che doveva avere pressapoco la mia età, sgranò gli occhi e si sbatté una mano in fronte, quasi come se fosse stato colto da un'illuminazione divina.

-Oh pardon! Vouz ne comprenez pas l’anglais, non?-

Sbattei le palpebre, risvegliandomi dal mio stato di trance. Lui aveva scoperto che io l’inglese non lo capivo. Il problema era che io lo capivo eccome.

- Non-, e sorrisi.
L’unica cosa che volevo fare in quel momento era prendermi a testate da sola.

Il ragazzo sembrò rallegrarsi sul serio dalla mia risposta, e si sistemò meglio, appoggiando le braccia sul bancone. -Je dois le comprendre immédiatement-, aggiunse ancora scuotendo la testa.

Ah, lui doveva capirlo immediatamente? Ho la faccia di una rincoglionita, per caso?

Mi limitai ad annuire.

Lanciò una lunga occhiata ai miei capelli viola, prima di chiedere ancora. -Que désirez-vouz?- 

- Une limonade  fraîche, merci-, ordinai la limonata senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Il mio sguardo cadde accidentalmente sul suo petto scolpito e abbronzato. 

Tanta roba.

Gli occhi scivolarono sempre più giù, sugli addominali appena accennati e poi…

- Voici votre limonade-, disse porgendomi il bicchiere. Il mio viso scattò di nuovo in alto, e pensai di star prendendo fuoco quando le sue labbra si dispiegarono in un ghigno malizioso.

Deglutii, cominciando a trafficare con il portafoglio, sperando che qualcosa di peggiore non succedesse. Tipo tutte le monetine delle quali mi ero dimenticata l’esistenza rotolassero a terra. Dio no.

-Combien je te dois?-, chiesi praticamente in un sussurro.

Il ragazzo probabilmente decise di peggiorare le cose passandosi una mano tra i capelli scuri e esordire con tutta la sua bellezza divina: -Rein, beauté. aux frais de la maison-

E non so esattamente cosa fece fulminare i miei neuroni definitivamente: il fatto che mi avesse chiamata bellezza, o il fatto che mi lasciava il drink gratis e che offriva la casa.

Sì. La casa. Proprio lei.

- Oh, merci!- , biascicai sentendo improvvisamente troppo caldo.
E prima che lui potesse aggiungere qualcos’altro, io girai i tacchi e cominciai letteralmente a correre con un bicchiere di limonata in mano, verso il mio albergo.

Qualcuno chiami i pompieri.

***

-Irene, tesoro, stai bene?-, domandò mio padre all’incirca un’ora dopo, quando tutti insieme ci ritrovammo nel ristorante dell’hotel per fare colazione. 

- Aehm...una meraviglia-
Orazio ridacchiò sotto i baffi. Mia madre si limitò a sorseggiare il suo tè in silenzio.

Leopoldo Adler sistemò la sua camicia hawaiana con fare quasi professionale, prima di congiungere i polpastrelli delle dita. -Tua madre…-, cominciò.

Sherlock, Lupin e Io - Vacanza con delittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora