Capitolo 13

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Quel lunedì mattina il sole splendeva con vivacità nel cielo, ancora provato dalle reticenze dell'inverno e non ancora vigoroso come quello della primavera inoltrata.

Sibilla e Giuseppe scesero dall'auto di servizio accanto alla fontana dei Dioscuri che zampillava placida in tutta la sua grandezza. La piazza del Quirinale era quasi vuota, c'erano solo pochi curiosi seduti sulle panchine in marmo vicino alla scalinata che dava su via della Dataria; Sibilla rivolse lo sguardo a nord-ovest, oltre i tetti, scorgendo l'imponente e maestosa cupola della Basilica di San Pietro col cielo terso a farle da sfondo. Roma era incantevole, e nonostante il caos, Sibilla stava imparando ad amarla, lentamente, ma era certa che con la bella stagione ne sarebbe stata completamente travolta, al punto da sentirne la mancanza non appena se ne fosse allontanata.

"Sibilla" la richiamò docile Giuseppe, che aveva fatto qualche passo verso l'ingresso senza accorgersi che lei era rimasta indietro "Vieni, ti stanno aspettando".

"Sì scusa" affrettò il passo, raggiungendolo subito "Eccomi. Stavo solo guardando il panorama"

"Tranquilla" la rassicurò con un sorriso raggiante e con molto garbo le posò la mano dietro la schiena, aprendola delicatamente "Sei molto agitata?"

"Un pochino, anche se in realtà avevo già avuto a che fare col Presidente della Repubblica. Chiaramente non quello attuale"

"Davvero?" le chiese sorpreso "Non lo sapevo, non me lo avevi mai detto"

"Giuro. Era stato subito dopo la vincita del primo premio, a diciott'anni. Mi ricordo che ricevetti la chiamata della mia manager, che a sua volta era stata contattata degli uffici del cerimoniale per avere un contatto con me. Ero completamente in preda al panico, ma il Presidente fu molto gentile. Mi fece qualche domanda sul film, su come mi ero trovata sul set e infine mi chiese se avessi intenzione di proseguire gli studi, in particolar modo la maturità, visto che circolavano strane voci sul mio conto che avessi accettato l'incarico di un nuovo film proprio durante gli esami di stato"

"E tu cosa gli risposi?"

"Lo rassicurai che stavo lavorando sodo – e non solo per la maturità, ma nello studio in generale – e che il film successivo lo avrei girato solo a condizione di poter terminare l'esame di stato in tranquillità e di poter tornare in Italia per il tempo necessario a farmi svolgere il test d'ingresso all'Università. Lo sentii molto felice al riguardo..."

"Che fibra morale" commentò, sorridendole simpaticamente.

Arrivarono dinanzi il portone d'ingresso dove c'era Joanne che li stava aspettando: Sibilla l'aveva informata di Giuseppe solo il giorno prima e sembrava essere molto felice per lei. In quel momento, però, appariva un po' agitata e inaspettatamente impacciata: Sibilla non l'aveva mai vista così prima, era solita avere a che fare con nomi altisonanti e famosi in tutto il mondo, ma a quanto pareva una delle massime figure istituzionali di un Paese la metteva più in soggezione di chiunque altro. Giuseppe le strinse la mano, salutandola cordialmente.

Un funzionario del cerimoniale e il portavoce del Presidente arrivarono al portone, guardando Giuseppe con una certa nota di esilarante confusione sul volto. Impacciati come mai, non seppero a chi rivolgersi per primi, quindi Giuseppe fece un passo indietro. Anche i gesti più semplici esaltavano quella sua sensibilità alimentata dalla anche perspicacia: era, come sempre, magnifico.

"Buongiorno signora Monteverdi"

"Buongiorno a lei, dottor Mariani" gli strinse la mano e quando la mollò, lui guardò oltre la sua spalla.

"Sono un accompagnatore di Sibilla" asserì Giuseppe, prima che potesse salutarlo, forse ancora più turbato di prima; Sibilla represse a stento un sorriso. Il portavoce strinse la mano a Joanne, quindi proseguirono lungo il loggiato del cortiletto del Quirinale dirigendosi verso la porta principale e ascoltando tutte le direttive d'organizzazione dell'incontro.

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora