‘’Monica, svegliati’’. Quando abitavo con i miei genitori era la mia mamma a destarmi dalle perenni notti insonni con queste parole. Ricordo bene quando le mie uniche preoccupazioni erano decidere che vestiti indossare e come abbinarli. Appartenere ad una famiglia era davvero bello. Sino alla tenera età di nove anni, tutte le mattine facevo colazione con mamma e papà; Mari ne aveva dodici e Francesco sedici. Mancavano pochi giorni al mio compleanno, ma la prima crepa stava iniziando a sorgere. Era un sabato sera, avevo trascorso il pomeriggio guardando i soliti cartoni animati. I miei fratelli non erano ancora tornati a casa, mio padre neppure. L’incertezza di un domani lentamente incombeva sulla notte. Mi ero addormentata tra le braccia di mia madre e il tepore di una coperta di lana: la quotidianità di un freddo inverno. Stavo sognando, sognavo di dipingere un quadro. A me piaceva tanto disegnare e per esser ancora bambina potevo dire di sapermela cavare. Da allora ho capito di poter prevedere il futuro tramite i sogni. Ricordo l’immagine di me con addosso un camice sgualcito e a tratti strappato, in una stanza buia. Mi era concesso l’uso di due soli colori: il nero e il rosso. Posai il pennello sulla tela, osai un tratto tremando, ma scorsi in lontananza una timide luce, accecata dalla nebbia. Pensai che mi stesse venendo incontro una macchina. Prima di comprendere il significato di quel sogno assurdo, avvertì una nube di fumo mista al calore di una fiamma posarmisi sulla pelle. Aprii gli occhi. D’un tratto non seppi più nulla, ricordo solo le urla di mia mamma nel vano tentativo di metterci in fuga. Quella notte mio padre aveva esagerato nel bere, non era mai stato un tipo molto tranquillo. Spesso vedevo la sua pupilla ridotta quasi all’invisibilità, contornata dall’azzurro e dal verde. Quel sabato però fu l’ultima volta che lo vidi. Ubriaco, aveva causato un principio d’incendio in casa mentre io dormivo. Ho ancora in mente la veduta di quei cumuli di cenere sopra il pavimento. Mamma mi teneva il viso serrato con entrambe le mani per evitare che quell’episodio potesse nuocere alla mia salute, riuscì a salvarmi, ma morì la settimana dopo nell’ospedale dove era giunta a stento. Mio padre ora è in prigione e non credo che ne esca facilmente. Da allora non sono più la Monica di un tempo. Non sono ‘’quel tipo’’ di ragazza: non mi piace vestirmi elegante, odio truccarmi, non amo i luoghi comuni e credo di essere agorafobica.
STAI LEGGENDO
Dente di leone
FantasyMonica è una ragazza un po' diversa, andare contro se stessa, però, non la porterà lontano...