Quarantanove.
Quarantanove sono stati i minuti nei quali mia madre aveva riacquistato con me la facoltà di parlare e mi aveva scartavetrato le ovaie con una delle ramanzine più lunghe della mia vita. No sul serio. Come se non avesse di meglio da fare.
Che odio.
- Si può sapere che hai fatto tutto il giorno?!-, domandò a un certo punto con un tono che non ammetteva repliche. Anzi, se devo aggiungere, sembrava che fosse sul punto di tirare fuori un fucile e puntarmelo contro una tempia.
In tutto questo ovviamente beveva tè come se fosse l’unica sua fonte vitale esistente sul pianeta Terra.
- Ho visitato l’isola, da sola…- , dissi semplicemente. Mio padre alzò appena lo sguardo dal suo Times, mentre Orazio inarcò un sopracciglio scettico.
- Da sola- , ripetè la donna, cosa che probabilmente fece temere ancora di più alla sottoscritta che l’incolumità per la propria vita stava vacillando. E anche tanto.
- Esattamente-
- E di grazia, Irene, ti è venuta almeno per un attimo in mente l’idea di avvertirci?!-, stava strillando. Nel bel mezzo del ristorante dell’albergo.
-Non proprio-
Leopoldo Adler sgranò gli occhi. Il signor Nelson sembrò essere sul punto di sbattersi l'intero piatto di porcellana in testa.
La mano di mia madre, che teneva stretta la tazzina, tremò. Cristo, ora mi rovescia il tè bollente addosso.
-Leopoldo…-, si voltò di scatto verso il marito, -...compra immediatamente dei biglietti per Londra a tua figlia-
Mio madre sbuffò leggermente, senza staccare gli occhi dal giornale. -Su su, tesoro. Non è successo niente di male. Ha fatto solo un giretto…-
-Giretto?! Ma lo sai che cosa ho provato io, almeno? Certo che no! Nessuno mi capisce! Nessuno sa come mi sento!- , continuò a strillare la donna, manco fosse una ragazzina in piena crisi adolescenziale. Suo marito alzò gli occhi al cielo, mentre il nostro maggiordomo si limitava ancora una volta di dire ai camerieri di non farci caso.
Come se fosse tutto normale. Certo.
La piccola incomprensione finí piuttosto presto, tutto sommato. Quando mia madre finì finalmente di smadonnare, venni spedita in camera accompagnata da Orazio, per controllare che non sarei scappata da qualche parte.
Il lato non molto positivo della cosa, era che finii in punizione fino a data da destinarsi. Cosa che ovviamente non avrei rispettato.
Attraversammo l'atrio del Royal Grand Hotel in silenzio, mentre non la smettevo di controllare il telefono. Sherlock mi aveva inviato qualcosa come una ventina di messaggi chiedendomi dove accidenti mi fossi cacciata. Dio, mi ero completamente dimenticata.
Entrammo nell'ascensore, e il signor Nelson si posizionò di fronte a me, per schiacciare il tasto del piano.
-E cosí avete fatto il giro dell'isola da sola, vero signorina Irene?-, fece a un certo punto. Mi sentii avvampare.
-Non cominciare, Orazio-
Ovviamente mi ignorò.
Quando mai.- Non sembravano dei ragazzi tanto raccomandabili, signorina Irene-, poi si girò verso di me lanciandomi una lunga occhiata, -molto scostumati-
Si riferiva a Lupin, sicuro. Accidenti a lui e al suo fisico da...meglio non dirlo. No, meglio di no.
Pensieri impuri uscite dal mio corpo. Anche se...
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Sherlock, Lupin e Io - Vacanza con delitto
FanfictionSE VOLETE MORIRE DAL RIDERE SIETE NEL POSTO GIUSTO Fanfiction sulla serie di libri "Sherlock, Lupin e io" di Alessandro Gatti. NON E' NECESSARIO AVER LETTO I LIBRI PER COMPRENDERE IL CONTENUTO. (Ma essere fan di Sherlock, decisamente) Il mondo dal 1...