La figlia del diavolo

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La figlia del diavolo

La visita al cimitero era stata tranquilla. Derek aveva lasciato un po’ di spazio a me e mia madre, così avevamo potuto chiarire un paio di cose. Mi raccontò del Consiglio, della sua migliore amica che era stata uccisa da un vampiro e la sua irremovibile scelta di fare l’ammazza vampiri. Una scelta che le aveva letteralmente sconvolto la vita, portandola fino alla morte di se stessa e delle sue due figlie.

Destino, avrebbe detto Hilda.

Infondo, anche io avevo sconvolto la mia vita da quando avevo deciso di salvare la mia migliore amica dalle grinfie di Arthur. Avevo conosciuto Gabriel e mi ero con calma trasformata in una semplice ragazza londinese, dalla mia pulitissima fama di Cuore di Ghiaccio.

Arrivammo alla sera. Il momento in cui ero solita uscire in pattuglia, il mio momento. Uccidere i vampiri sull’imbrunire era il mio hobby preferito, quando ero ancora umana. E da allora erano state poche le sere nella quale tornavo a casa vittoriosa, con la mia fedele Excalibur in mano e le boccette d’acqua santa nel cappotto. Mi mancavano parecchio i vecchi tempi.

O semplicemente la Kim di quando era morto Arthur e non sapeva dell’esistenza di Henry. Ingenua del destino che mi aspettava. Anzi, che mi stava correndo incontro.

Entrai in camera e subito sentii quell’odore...

«Kim» disse Gabriel preoccupato, alzandosi subito in piedi. Sollevai le sopracciglia, senza capire il perché di quella reazione e di quella visita inaspettata.

«Gabriel, cosa ci...» cominciai. Ma mi venne incontro e mi strinse tra le braccia, lasciandomi interdetta, mentre il suo profumo cominciava a stuzzicarmi il naso.

«Mi ero preoccupato questa mattina e a scuola non sei venuta.» Ecco spiegato il motivo della sua visita improvvisata, mi dissi. «Scusa se ti ho obbligata a stare da me per tutta la notte, forse avrei dovuto evitare di spingerti al limite.»

Sciolsi l’abbraccio, accarezzandogli il viso. «Avevi capito subito, vero?» domandai sorridendo.

Si strinse nelle spalle, sorridendo. «Bastava ripensare al colore dei tuoi occhi poche ore prima.»

Annuii.

Dovevo dirglielo, subito.

Aspettai qualche secondo, per vedere se avesse avuto qualche argomento da proporre. Ma si limitò a far silenzio e fissarmi continuamente. «Ad ogni modo... lo scontro finale sarà domani, molto probabilmente.»

Arretrò con la testa, strabuzzando gli occhi. Colto di sorpresa, ovviamente. «D- domani?» balbettò incerto.

«Dopo che me ne sono andata, questa mattina, un vampiro mi ha vista ed è corso via. Ad avvisare Victor dove mi trovassi, sicuramente. Quindi credo proprio che domani sarà il giorno decisivo. Ma c’è un problema: abbiamo scoperto che possiamo ucciderlo solo in due modi.»

Si allarmò immediatamente, assottigliando lo sguardo. «E quali sarebbero?»

Li feci presente indicandoli con le dita. «Primo: un licantropo, perché è il nemico del vampiro per antonomasia. Secondo: un famigliare, che però abbiamo fatto fuori, dato che né Arthur né Henry sono disponibili.»

Si mise le mani sui fianchi, sospirando. «Quindi come faremo?»

«Ce la faremo con le nostre mani,» lo rassicurai. «Infondo abbiamo giù ucciso i suoi figli, no? Possiamo farcela. Dobbiamo farcela.»

Gabriel rialzò la testa, fissandomi negli occhi. «Hai bisogno di essere più forte del solito domani» mi disse delicatamente. Annuii. Mi sentivo perfettamente in forma ed ero sicura che ce l’avrei potuta fare. «Quindi, ti prego, non fare storie.» Mise le mani sui miei fianchi, facendomi arretrare fino al muro. Poi appoggiò il mento sulla mia spalla. «Bevi il mio sangue» sussurrò all’orecchio.

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