Capitolo 11

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Daniel

Mi sento sopraffatto dalle emozioni.
In questo momento mentre guardo la ragazza che dorme beata accanto a me, sento che qualcosa non sta andando nel verso giusto.
Ho voglia di accarezzarla, di stringerla, di parlarle e sentirla ridere come stanotte.
Cavolo, stanotte. Sembrava non bastarmi mai. Con Amy a quanto pare è sempre cosi e se lei ora fosse sveglia avrei comunque voglia di farle cose indicibili.
È talmente bella che non riesco a smettere di guardarla. Ha tagliato un po' i capelli e ha delle ciocche ramate, il volto beato e le labbra un po' gonfie per i troppi baci. Ci passo il pollice e vi poso un bacio delicato. Inaspettatamente Amy mi avvicina a sé ricambiando con molta attenzione.
«Buongiorno» le sussurro. In risposta lei mugola qualcosa di incomprensibile.
«Ho una fame da lupi» mi dice dopo un po'.
«Bene signorina, allora credo sia arrivato il momento di portarti a fare colazione, anzi...» guardo l'orario «direi di andare direttamente a pran...» mi interrompo quando mi rendo conto di cosa sto facendo, senza contare che sicuramente i miei si aspettano che vada da loro.
«Tutto ok?» Amy sta infilando le scarpe e odio ammetterlo, ma l'abito che indossa, lo stesso che aveva ieri sera, mi manda in pappa il cervello perché la fascia alla perfezione.
Resto in silenzio e cerco subito di trovare una soluzione al problema.
Se la portassi a pranzo la illuderei ma... ma in realtà non voglio che se ne vada, insomma, per una volta posso anche trasgredire a delle regole che mi sono imposto da solo.
«Chiamo un attimo mia madre e le dico che non sarò a pranzo con loro oggi». Afferro il telefono ma Amy mi blocca.
«Se devi andare dai tuoi non fa niente, davvero, sarà per la prossima».
Per la prossima? Perché ci sarà?
Inaspettatamente il mio cuore inizia a battere in modo strano, quasi come se avessi la tachicardia o è semplicemente un'emozione che non riconosco?
Cristo!
Mi passo una mano fra i capelli e senza rispondere alla ragazza che mi fissa nel modo più comprensibile della terra, chiamo mia madre. Velocemente le spiego che non potrò esserci a pranzo e nonostante le mille domande cerco di essere il più vago possibile, anche se con una come Evelyn è davvero difficile.
«Sei una testa dura» dichiara Amy una volta chiusa la telefonata con mia madre.
Le accarezzo il volto e infilo una mano nei suoi capelli, non ci sto capendo più nulla, quindi la bacio.

«Stai davvero preparando il pranzo?» strabuzzo gli occhi alla vista del ben di Dio che sta cucinando e inizio già a leccarmi i baffi.
Mi guardo un po' intorno, abbiamo deciso di venire nel suo appartamento perché nel mio non c'era cibo e ad Amy non andava molto di uscire fuori per mangiare, quindi eccomi qui, in casa sua per la prima volta.
È molto grande e ben arredata, lei e Sofi hanno davvero buon gusto anche se la copia del quadro della Gioconda avrebbero potuto evitarlo, mi fissa in modo strano, sembra quasi che mi segua con lo sguardo
«E le camere?» chiedo malizioso.
«Sono di sopra» afferma.
In silenzio mi avvicino a lei e l'abbraccio da dietro «Magari, dopo, quando avrai infornato il pollo potresti mostrarmi la tua camera».
Amy resta in silenzio per un po' ma le sue labbra piegate all'insù mi lasciano intendere che sta sorridendo. Si piega per aprire il forno e seppure il suo gesto sia del tutto innocente perché ha fra le mani un vassoio, il suo sedere si scontra con la mia intimità che da quando l'ha rincontrata non riesce a starsene buona.
«Ti va un bicchiere di vino?»
Annuisco, perché ne ho proprio bisogno. «Magari forte».
Lei scuote il capo divertita e quando faccio per voltarmi di nuovo e osservare meglio questo posto, un dépliant appoggiato sul mobile color mogano accanto al balcone attira la mia attenzione.
È un dépliant della scuola di pasticceria di cui mi parlò tempo fa.
«È qui che vorresti entrare?»
Amy mi viene incontro e afferro il bicchiere di vino, bevendone subito un po', quasi come volessi dissetarmi.
«Si, a dire il vero sono entrata».
Spalanco la bocca stupito. «Quando è successo? Dio Amy, sono felicissimo per te!»
L'abbraccio forte e poso un bacio a stampo sulle labbra. «Dovremmo festeggiare» dico.
«Beh lo stiamo facendo, sai il vino, il pranzo...» sembra un po' in imbarazzo ma fingo di non notarlo.
«Ordino subito un dolce!»
Lei mi ferma subito «C'è. Ed è in frigo... è di ieri ma è comunque buono».
Sono senza parole mentre mi spiega com'è andata la selezione, il dolce che ha dovuto preparare e quanto ci ha messo per far sì che fosse perfetto. Mi parla dell'ansia che ha provato e delle mille emozioni contrastanti che ha sentito e io sono perso mentre l'ascolto e sono così felice per lei che neanche me lo spiego il perché.
Quando smette di raccontarmi tutto la bacio e porto lo sgabello su cui è seduta più vicino a me. Non ci vuole molto prima che il bacio diventi rovente. I nostri vestiti iniziano a volare in ogni dove e quando finalmente siamo nudi posso godere dello spettacolo.
La faccio stendere sul tavolo dietro di noi e poi inizio a baciare ogni angolo del suo corpo fino ad arrivare proprio lì. È una cosa nuova, una cosa che nella mia testa mi sarei concesso di fare solo con la persona con cui avrei deciso di passare la vita perché è una cosa troppo intima anche per me, ma ciò che non riesco a fare è frenarmi prima di posare la mia bocca proprio lì. Desidero questa donna come non ho mai desiderato nessuna e il bisogno impellente di conoscere tutto di lei, il suo sapore, la sua vita mi spaventa e mi fa sentire confuso. Nonostante ciò, non riesco a smettere di fare ciò che sto facendo. La stringo fra le braccia e decido che è arrivato il momento di metterci comodi. Mi siedo sul divano con lei in braccio che piano mi fa strada dentro sé, e tutto perde importanza. Mi annullo dentro e su di lei e sento per la prima volta di provare qualcosa per questa ragazza che non conosco bene e mi arrendo al fatto che dopo oggi, non potrò uscire da quella porta e comportarmi come sempre, perché Amy Wheeler ha completamente occupato la mia testa e ha buone possibilità di occupare l'innominabile: il mio cuore solitario.

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