Capitolo 1- l'anima avvolta nella nebbia

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L'incessante ticchettio della vecchia sveglia della nonna aveva scandito i minuti di quella notte interminabile. Una chioccia disegnata sul display teneva il ritmo bacchettando dei chicchi di grano, seguita dai suoi pulcini.
Quella era la sua mansione da diversi decenni, una sorta di lavoro a catena del tutto alienante, ma fisso fino all'età della pensione.
Utopia per le nuove generazioni di esseri umani.
Il motore del camion fermo sotto casa sua era il chiaro segnale che era l'ora di alzarsi per affrontare una nuova avventura lavorativa nel claustrofobico mondo del precariato.
Come ogni sabato, infatti, Pasquale Russo scaldava il suo tir prima di partire per fare un nuovo carico di mozzarelle di bufala nelle zone di Paestum e di Capaccio.
Lo stato d'animo di Carmen non era dei migliori.
Da un lato era felice di tornare alla cattedra fra un centinaio di piccole "birbe" alle prese con l'adolescenza, ma dall'altro era in ansia perché chiamata a lavorare in un'istituto di istruzione secondaria di secondo grado a lei del tutto sconosciuto, alle prese con un nuovo dirigente scolastico, novo personale ATA e soprattutto nuovi colleghi con i quali dovere convivere.
Il bisonte della strada accese i fari e si mosse a passo di lumaca. In contemporanea lo squillare della sveglia, Pasquale era preciso come un orologio svizzero. Partenze all'alba per non trovare traffico sulla tangenziale che l'avrebbe condotto all'autostrada A1. La professoressa pensò a quel ragazzo sempre su e giù per l'Italia, nonostante una laurea in giurisprudenza nel cassetto e maledisse il paese in cui viveva da 34 anni. Allungò la mano sottile. Spense la sveglia è la ripose sul comodino. Si liberò dalla coperta dell'esercito italiano, siglata E.I, nella quale si era avvolta per sconfiggere il freddo autunnale che tanto detestava e mise il piede destro nella ciabatta bianca. L'altra come al solito, era sparita. Il suo micio di sicuro l'aveva spinta sotto il letto in uno dei suoi giochi notturni. Si inginocchiò a terra per recuperarla. L'afferrò è la mise nel piede sinistro. Del felino neppure l'ombra. Nella sua stanzetta non filtrava un filo di luce, aprì la finestra e tirò su la tapparella. Il suo viso fu sferzato da un'aria gelida. Davanti ai suoi occhi solo una fitta nebbia che, come il sipario di un palcoscenico, sembrava nascondere le scene che accadevano in città. Sbuffò. Proprio un bel giorno per iniziare gli insegnamenti. Per fortuna era andata a vedere dove fosse la scuola il giorno prima, altrimenti, con tutta quella nebbia, si sarebbe resa di sicuro. Scese in cucina senza svegliare gli anziani genitori. Accelerò i tempi per paura di ritardare per la nebbia. Venti minuti ed era pronta per una nuova sfida. Cerchiò sul calendario la data: 21 novembre 2015. Memorizzava sempre le tappe fondamentali della sua esistenza. Guardò l'ora: 6:30.  Aprí la porta. La chiuse lentamente per non fare rumore. Andò al parcheggio per salire sulla sua vecchia Clio. Inavvertitamente calpestò qualcosa di viscido. Imprecò come un maschiaccio pensando di essere finita nella merda di Pako, il cane di quella pettegola della sua vicina di casa, sfregò la scarpa sul pavimento per non sporcare il pedale della frizione. Il clic della serratura elettronica. La ragazza salì a bordo, accese il motore. Mise il riscaldamento a manetta. Percorse il lungo vialone che l'avrebbe portata all'incrocio semaforico. Giunta quasi sotto, vide l'occhio elettronico passare dall'arancione al rosso.
Verde.
Dritto.
Freccia a sinistra.
Un occhio all'altra corsia e via all'interno della tangenziale.
Iniziò a domandarsi se avesse fatto bene a dare la disponibilità per la supplenza. Forse sarebbe stato meglio prendere un lavoro un po' più vicino a casa.
A riportarla sulla terra una gazzella della polizia stradale che diceva di moderare la velocità causa nebbia intensa. Un occhio alle uscite e via, fuori dalla SS 36 per raggiungere la periferia monzese.
In transito diversi bus di linea già carichi di studenti dall'aria stralunata ammassati tra loro come in una scuola di sardine. Molti erano fermi sotto le pensiline, forse a controllare gli ultimi messaggi Whatsapp o guardando le notifiche di Facebook. Altri erano intenti ad ascoltare il proprio MP3. Un ragazzo in particolare attirò l'attenzione di Carmen. Era appoggiato al palo degli orari delle corse. In mano una sigaretta, che si stava consumando da sola, tra i vapori della foschia lombarda. Sembrava anche lui totalmente assorto nelle sue elucubrazioni mentali. Un segno particolare lo contraddistingueva dagli altri: i capelli fissati dal gel in una sorta di muro alto più o meno una trentina di centimetri.
Lo studente incrociò il suo sguardo e le sorrise cordialmente. La docente, conoscendo le nuove generazioni, si sarebbe aspettata un'imprecazione volgare: "che cazzo hai da guardare milfettona!". Invece quel ragazzo le aveva sorriso prima di andare, a passo di bradipo, verso il bus che stava per arrivare dietro le auto in colonna.
Carmen pensò che il genio stesse nella ribellione e continuò il suo percorso.
Un alto cancello grigio, che costeggiava un edificio altrettanto cupo, le indicò di avere raggiunto in largo anticipo la sua meta.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 20, 2020 ⏰

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