Gelosia.

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Non era geloso.

Non era sicuramente per gelosia che aveva passato l'intero G7 ad incenerire quel pallone gonfiato di Trudeau con lo sguardo. Era solo che trovava insopportabile il suo modo di comportarsi, il suo atteggiarsi continuamente da piacione, le sue assolutamente non divertenti battute. Battute alle quali Emmanuel non aveva mai mancato di sorridere e ridere di gusto.

Giuseppe sicuramente non era geloso, del resto con Valentina e con Olivia non lo era mai stato. Sì, ogni tanto dentro di sé prova degli impulsi di possessività, ma è sempre riuscito a tenerli a bada. Si è sempre comportato in modo posato ed educato in ogni situazione, evitando scenate di qualsiasi tipo in pubblico.

Per questo motivo si era limitato a contrarre la mandibola quando due mattine prima Emmanuel lo aveva praticamente ignorato per correre a salutare ed abbracciare Justin.

Non era gelosia quella che provava. Era più fastidio provocato dal vedere Emmanuel continuare a girare intorno a Trudeau come se fosse un cagnolino, senza considerare minimamente Giuseppe.

Quindi, non era sicuramente per gelosia che, con una scusa e con un sorriso accompagnato dalle sue immancabili fossette, si era fatto dare le chiavi della stanza di Emmanuel dalla giovane receptionist.

Non era la gelosia che gli faceva serrare il pugno della mano sinistra, fino a far sbiancare le nocche, mentre in ascensore scorreva le foto del G7 sul suo iPhone.

Se stava aspettando Emmanuel nella sua stanza, era perché doveva discutere con lui di lavoro, di piani, di idee, di politica. Non era lì per un raptus di gelosia.

E più di ogni altra cosa, non era per gelosia se in quel momento stava ricoprendo il collo di Macron, steso sotto di lui sul letto, di segni violacei. Sapeva di dover stare attento, che sarebbe bastato un minimo errore per metterli in enormi difficoltà con la stampa e rischiare di far scoppiare uno scandalo, ma una parte del suo cervello era offuscata: con le labbra e i denti era sempre al limite, pochi millimetri più sopra e i succhiotti non sarebbero stati coperti dal colletto della camicia; una parte di lui sperava che, il giorno seguente, un succhiotto decidesse di fare capolino, mostrandosi agli occhi di Justin.

Quelli erano succhiotti di possessività, non di gelosia. Stava solo marcando il territorio, stava reclamando qualcosa di suo e basta. Se poi stava pensando proprio a un Canadese in particolare, era solo un caso.

Giuseppe si scostò appena dal corpo dell'altro uomo, staccando le labbra dalla sua pelle, quando sentì delle dita affusolate cercare di sciogliergli il nodo della cravatta. Afferrò i polsi di Emmanuel con una mano e glieli bloccò poco sopra la testa, mentre con l'altra mano gli prese il mento tra le dita, obbligandolo a guardarlo.

Per qualche attimo si perse in quegli occhi azzurri, offuscati da desiderio e lussuria, in quelle labbra socchiuse umide e leggermente carnose, che lasciavano uscire respiri affannati. Con il pollice gli sfiorò il labbro inferiore, esercitando una lieve pressione mentre ne tracciava il contorno.

«Giuseppe..-»

«Again. Say my name again.»

Emmanuel deglutì, facendo vibrare il pomo d'Adamo. «Giuseppe...» sussurrò rocamente, quasi invocando il suo nome.

Conte tracciò il profilo delle labbra dell'altro un'ultima volta, per poi tirarsi su con il busto, rimanendo inginocchiato a cavalcioni su di lui. Senza staccargli gli occhi di dosso, si sfilò la giacca del completo che ancora indossava e la fece cadere per terra ai piedi del letto, allentandosi poi appena la cravatta. Passò una mano tra i capelli biondi di Macron, stringendo qualche ciuffo e tirandoglieli appena per costringerlo a piegare la testa all'indietro ed esporre maggiormente la gola.

Gelosia. || Macronte (OneShot)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora