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Sono passati tre giorni dall'ultima volta che ho sentito Monta.
Dall'ultima nostra conversazione.
E da lì, ho iniziato ad ignorare i suoi messaggi.
Sì, mi ha scritto.
Quel bastardo!

L'ho perfino bloccato, seppur senza davvero volerlo, ma solo perché, se non l'avessi fatto, non sarei riuscita ad ignorarlo.
Non ho più avuto sue notizie.
E sono passati tre giorni, tre giorni che sembrano infiniti.

E il bello è che non so se sa che oggi è il trentuno agosto, alias la fine del mio contratto.
Eppure sembra un giorno come un altro. E le sue parole rimbombano nella mia testa come il suono del clacson insistente di mia mamma in questo momento.

La raggiungo in fretta.

«Era solo uno stupido gioco tra amici.»

Non ci posso credere, sono finita in una serie televisiva.
Come ha potuto fare una cosa del genere? Sapevo fosse uno stronzo ma fare queste cose solo per vedere la reazione della sfigata di turno, beh...
A quanto pare era troppo bello per essere vero e lui è semplicemente caduto troppo in basso per me.

Vorrei riuscire a dimenticare questi giorni e ripeterli in un'altra maniera. Magari non rispondendo al suo messaggio.
Già, perché immaginavo il motivo fosse qualcosa del genere.
Ma la verità fa male.
Ed io, da allora, sto uno schifo.

"Tutto bene?" mi chiede mia mamma con tono dolce e preoccupato.
Tutto questo è molto strano.
"Un ragazzo mi ha presa in giro." ammetto con voce flebile e distrutta.
"Un ragazzo che mi piaceva."
"Se ci stai male, ti piace ancora, non è vero?"
Delle lacrime rigano il mio volto ed io semplicemente non riesco a trattenerle. Non voglio trattenerle.
"No." mi sforzo a dire.
"Okay, ma ora basta. Se hai bisogno di sfogarti fallo dopo, è il tuo ultimo giorno lì. Spero tu sia contenta perché io si."
"Okay." mormoro senza voce.
Ingoio qualcosa, la solita sensazione e parole non dette.

"Così poi, ci romperai il cazzo con quei froci che non sanno cantare."
"Sanno cantare meglio di te." commento sulla difensiva.

Se sento un altro insulto alla mia musica esco dall'auto e vado alla fermata a piedi.
Perché hanno sempre da ridire?
Ognuno ha i suoi gusti e i miei fanno schifo.
Okay, ho capito. Quante volte volete ripetermelo?

Metto la musica, e il viaggio fino alla fermata è breve e silenzioso, come il momento prima di parlare di cose serie. C'è sempre quel silenzio opprimente che sembra quasi assordante.
E mi sta uccidendo perché ho bisogno di piangere, gridare, sfogarmi con qualcuno che non sia un adulto, o una madre alla quale non puoi gridare parole che contengano il bollino rosso.

"Ciao." la saluto senza far trasparire alcuna emozione.
La mia voce è fredda, distaccata, irriconoscibile.
"Ci sentiamo dopo."

*****

Dopo può essere solo tuffo nel vuoto, non sai mai dove cadi. Che fine fai.
Che brutta cosa non prevedere il futuro. Non sapere cosa succede quando i problemi ti si presentano davanti.
Non sappiamo mai come comportarci e questo è un mondo pieno di insicurezze e persone codarde come me. E coglioni come lui.

No, mi ero promessa di non pensarci.

Ma alla fine, è impossibile farlo se ce l'ho davanti.

E anche oggi, a fine turno, come qualche giorno fa, mi ritrovo bloccata nello stesso punto.
No.
Non mi fermerò di nuovo. Ad ascoltare le sue parole sprezzanti.

"Spostati."

Si passa una mano tra i capelli, nervoso e sbuffa prima di parlare.
"Senti, mi di..."

"No, senti tu. È il mio ultimo giorno qui e voglio solo passare le mie ultime settimane come se fossi alle Hawaii, ignorandoti fino all'inizio della scuola."

La sua faccia si corruga e alza il sopracciglio, sembra che abbia appena sbattuto la testa da qualche parte e si sia stordito.
Ha almeno capito quello che sto dicendo?

"Ultimo giorno?"

Annuisco freneticamente con un sorriso compiaciuto tra le labbra.
"Sì, ultimo giorno. Fine del contratto."

Vorrei davvero illudermi che quell'espressione sia davvero dispiaciuta come sembra, ma non mi do false speranze. E dopo che, stranamente, mi ha lasciato uscire vado verso la fermata.
Per l'ultima volta.

Già, per l'ultima volta.

«Per l'ultima volta, sto dicendo che stavamo solo gio...»
Quel giorno, mi ritrovai stupidamente ad alzare un sopracciglio con aria indifferente, anche se dentro stavo morendo.
«Ultima? Sicuro? Bene, allora non continuare a ripeterlo e lasciami passare.» avevo commentato seccata dalla sua determinazione nell'affrontare quella discussione imbarazzante ed umiliante.

Quella stupidissima ultima volta.

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