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Eri tutto quello che avevo e che avevo sempre desiderato di avere, ma hai preferito scappare da me. Potevi essere il mio per sempre ma hai preferito altro. Ti ho visto scivolare dalle mie mani per andare in altre braccia, pensando solo a te stessa. Mi ricordo ancora di come mi urlavi quando ti indicavo consapevole dei tuoi errori, ma finivamo sempre per andare a letto, dimenticandoci di tutti gli sbagli fatti. Ti ho esaltato e mi sono eliminato, pensando di star facendo tutto nel nome dell'amore. Eri la mia stella polare: grande, bellissima e indispensabile. Ma ho confuso un meteorite con una stella. Mi hai distrutto e rotto in mille pezzi ma a grazie a ciò ritornerò più forte di prima. Dammi il tempo di raccogliere tutti i cocci e vedrai, temerai il mio arrivo perché mi vedrai cambiato. Lo sarò, te lo giuro. Più  astuto, più indipendente e più autoritario. Ti ho amato, per colpa tua di amo ancora e spero che per non molto ancora di amerò, ma fattelo dire- « CHIARA SEI UNA PUTTANAAAA », urlai con tutte le mie forze, caricando con la mano destra il colpo che avevo in serbo per lei. Lanciai con forza il piccolo ovale che portavo tra le dita e il palmo, facendolo saettare nel vento e sbattere contro la finestra della camera della mia ormai ex fidanzata. L'uovo si schiantò sul vetro prima bello che lindo, facendo colare l'albume verso il basso mentre il tuorlo si eravamo spalmato.

I miei amici di tutta risposta mi vennero incontro, saltando dalla gioia e dandomi pacche sul corpo. Tutti i modi possibili per rincuorarmi e darmi forza. « Jeongguk sei un mito », parlò uno dei ragazzi, indicando poi la finestra ridacchiando. «Guk, passa un uovo anche a me», questa volta fu il mio migliore amico, Matteo. Mi girai verso di lui, alzando solo l'estremità sinistra delle mie labbra e pulendomi successivamente il naso dal gelo di quella notte con un braccio.

Matteo era stato il mio vicino di casa, il mio compagno di classe, il mio primo amico e ora il mio migliore amico. Un ragazzo d'oro che mi era sempre stato accanto fin dall'inizio, aiutandomi con: la lingua appena trasferitomi qui, in Italia, con le mie prime cotte, le prime delusioni e molte volte era stato al mio fianco con dei battibecchi che avevo con dei bulletti di scuola. Era sempre stato lui il primo cui chiamavo quando mi succedeva qualcosa, come quando avevo scoperto che Chiara mi aveva tradito innumerevoli volte con il solito amico di cui dovevo fidarmi. Mi aveva visto ridere, studiare, incazzarmi e con le lacrime agli occhi, ma eccoci qua. Era stato proprio lui ad organizzare questa piccola uscita "didattica", come l'aveva chiamata lui, per aiutarmi dato che era da un paio di giorni che ero segregato a casa a frignare come un bimbo, ma capitemi, avevo il cuore spezzato.

« Questa notte ti insegnerò come dimenticarsi di una stronza », mi sorrise lui, lanciando poi il suo uovo contro la finestra della mia ex, assecondando il tempo di traiettoria con degli insulti vari. Si girò verso di me poi e mi mise una mano sulla spalla. « Ora si va in disco- », a bloccare il discorso di Matteo furono le luci della casa Donadello che si accesero, assecondate dall'abbaiare irruente del cane. Nella luce vidi anche la finestra di Chiara aprirsi, gelando il suo volto assonato ma innervosito. I miei occhi si spalancarono e, dopo aver lanciato uno sguardo fulmineo al mio migliore amico, iniziammo tutti a correre più lontano possibile da quella casa.

Le urla del signor Donadello aleggiavano per le strade della periferia di Castiglioncello, seguite anche dalle nostre, più esaltate. Cominciammo a saltare, spintonarci, cantare cori e sfrecciare in gruppo, fino a giungere alla movida del paese. « Da rifare Guk! », affermò Alex, un ragazzo dai lunghi e boccolosi capelli biondi, appoggiandosi sulla mia spalla per riprendere fiato. Gli sorrisi di rimando, cercando di far rallentare il battito accelerato del mio cuore, guardandomi intorno in cerca di qualche discoteca. Posai per qualche secondo gli occhi al mio orologio e notai subito che si stava facendo notte: 1:07. « Allora Matté, qual è la prossima tappa? », domandai dopo aver ripreso a respirare normalmente.

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