CAPITOLO I

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Era una mattina d'autunno, un vento leggero scuoteva gli alberi facendogli cadere le foglie, riempiendo così i marciapiedi e le strade. Un vento sottile faceva fischiare gli infissi delle case. A molti dava fastidio quel suono, ma non a lei. Le piaceva tanto, diceva che la faceva sentire più vicina alla natura, come fosse un'entità che provava a parlare.

Come al solito, oramai da un anno, Alexandra si svegliava alle sei del mattino. Lo faceva perché le piaceva poter fare tutto con la sua calma, così da godersi ogni istante. Per quanto banale, appena sveglia, le piaceva stare qualche minuto ad osservare ciò che la circondava. Le sue coperte, accuratamente scelte, per questa settimana avevano dei ghirigori coloro rosso mattone, che ricordavano dei mandala, e poggiato sopra un bel plaid blu notte. Dopo aver guardato le coperte, passava in rassegna il soffitto bianco, interrotto dalle piante che vi aveva appeso. In camera da letto ce n'erano cinque di piante, senza contare quelle fuori dalla finestra. Una sul comodino vicino al drappo, ed una sopra l'armadio in legno di betulla. Infine, guardava fuori dalla finestra, attraverso un piccolo spiraglio tra le pieghe della tenda. Anche se piccola, dalla finestra riusciva ad entrare una luce tale che non morissero le piante.

Quello era uno dei suoi momenti preferiti, cercare di prevedere il meteo della giornata solo guardando il cielo, previsione che si evolveva durante la mattina dopo aver annusato l'aria.

Quando finalmente fu abbastanza sveglia decise di alzarsi, mise la vestaglia a quadretti rossi e verdi, che la teneva al calduccio; si infilò le pantofole, che a detta della sua vicina non lo erano affatto, ma bensì << Un rivestimento morbido e peloso? Si. Ma quelle non sono di certo pantofole >>. Alzatasi dal letto e stiracchiatasi a dovere, quasi fosse una contorsionista, si diresse verso il bagno.

Alexandra non riusciva ad iniziare la sua giornata senza prima essersi lavata i denti e il viso. Una sciacquata d'acqua fresca e si svegliava completamente.

Si diresse in cucina e di buona lena si preparò la colazione. Quella mattina aveva voglia di toast, perfettamente dorati nel fornetto e con un bello strato di marmellata di fragole, accompagnato da un bicchiere di succo di melograno. Tutta la preparazione avveniva nel silenzio più totale e quando era il momento di mangiare accendeva il computer. Non iniziava mai la giornata con telegiornali o programmi vari, guardava una puntata di una serie tv. La sceglieva in base alle sensazioni della giornata. Finito di mangiare lavava tutto e preparava il pranzo, che si sarebbe dovuta portare a lavoro. Il menù di quel giorno prevedeva un panino con lattuga, un filo d'olio d'oliva, tonno e pomodorini; semplice ma buono. Lasciò sulla tavola il pranzo ben confezionato e prese dagli sportelli sotto il lavabo, l'annaffiatoio che mise sotto il rubinetto a riempirsi. Nel mentre, nel silenzio della casa, guardava la sua cucina. Un bel verde bosco illuminato da una piccola finestra, coperta da una tendina a quadri rossi e bianchi. La cucina e il salotto non erano molto grandi, ma non essendo divise da una parete davano l'idea di un piccolo open space. Le pareti beige facevano sembrare più grande la casa. Anche se piccola ad Alexandra andava bene così, con la crepa sul muro accanto all'appendiabiti, con qualche rigatura sul parquet e il divano con una macchia più che evidente sul bracciolo, nonostante fosse blu scuro. L'appartamento aveva pregi e difetti, ma era fiera di quello che era riuscita ad ottenere. Era il risultato delle sue fatiche e del suo coraggio.

Si fece trascinare dai ricordi, quando si accorse che l'annaffiatoio strabordava, << Mannaggia a me. Su sveglia Ale, riconnettiamo il cervello?!>>. Dopo averlo asciugato, lo prese e cominciò dando l'acqua alle piante aromatiche, poste sul davanzale della finestra della cucina, poi al ficus vicino alla libreria e al cactus sul tavolino da tè. Poi toccò alle piante grasse sul davanzale della finestra più grande, quella del salotto. Forse non erano le più belle del mondo, ma Alexandra adorava quella piantina tutta pendente, di cui le foglie erano tanti pallini, e come andava fiera dei suoi "cervelletti", pianta di cui non aveva ancora scoperto il nome. In fine innaffiava la piantina del bagno e quelle della camera da letto. Dio solo sa quanto andasse fiera di quel bouganville viola, fuori dalla finestra sembrava una lunga barba, che fortunatamente non copriva la finestra dell'appartamento di sotto. Per non parlare dell'edera, che era iniziata così per caso, fino a diventare quasi un vestito, insieme alla barba viola, per i mattoni. La mettevano di buon umore, visto che erano le più prospere del quartiere. Finito con le piante era il momento di scegliere cosa indossare. La maggior parte di ciò che possedeva proveniva dalla sua città d'origine in Italia, dove aveva vissuto per la maggior parte del tempo. Ma questo era un nuovo inizio per lei, e qualche piccolo regalino se lo concesse. Per quel giorno scelse un paio di anfibi marrone scuro, con tacco non troppo pretenzioso, ma che gli aggiungevano giusto qualche centimetro, non perché volesse essere più alta, visto che raggiungeva quasi il metro e sessanta, bensì per la linea slanciata che le davano, oltre alla praticità. Un pantalone verde, una semplice maglietta bianca con sopra un gilet nero satinato. Dopo essersi lavata e vestita era pronta, mancavano solo il cappotto, la sua tracolla in pelle scura e il tocco finale: l'orologio da taschino, a cui Alexandra era tanto affezionata. Pronta per uscire prese il panino, un libro, le chiavi e finalmente si diresse verso la libreria, The Wood.

ALEXANDRA CRANE E IL MISTERO DEL MONTICELLI PALACEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora