15. Operazione Chirikawa

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- Benvenuto, Jack! - esordì l'uomo dal naso aquilino e dall'aspetto di un professore di lettere del liceo. Ancora stordito dalle scosse del portale, tentai di rispondere ma mi uscii fuori soltanto un sibilo come di un serpente in letargo. Prontamente i miei amici Will e Fox mi presero per le spalle e mi fecero sedere sulla poltrona levitante.

- Grazie al tuo sangue freddo siete riusciti a mettervi in salvo, per un pelo visto che la pioggia vi avrebbe... beh, lasciamo perdere i particolari e veniamo al sodo. So già che vorrai chiedermi tante cose, ma adesso è il momento di farti una bella scorpacciata di riposo arretrato, - continuò a parlare ancora, mentre la mia lucidità andava scemando sempre di più, come la fiamma di una candela alla fine della sua vita. L'ultima frase che ancora riuscii a sentire e a ricordare fu "Chirikawa!". Mi risvegliai sempre con la stessa domanda da quando è iniziata questa avventura: ero sveglio veramente o stavo ancora sognando? Oppure stavo sognando un sogno dentro quel sogno? Oppure... Beh, ecco, diciamo che la mia salute mentale era quasi al collasso. Non mi sarei stupito se un pinguino in smoking mi avesse servito la colazione a letto, tanto per farvi capire il mio livello di lucidità mentale. Fu nella sala mensa che ritrovai i miei amici che stavano pranzando: appena presi posto accanto a loro mi venne portato un generoso piatto di lasagne al ragù di coniglio: l'odore che mi salì alle narici mi riaprì magicamente lo stomaco! La sala era davvero grande e vi erano circa una cinquantina di persone tutte intente a chiacchierare e ad ingozzarsi senza fine. Sembrava di essere entrato in un college americano degli anni Ottanta.

- Amico, ti piace la compagnia? Rifocillati senza pensieri! - mi disse Will con una gioia fuori dal comune mentre continuava ad arrotolare le lasagne e a riempirsi la bocca, sbrodolando il sugo ovunque. Non me lo feci ripetere due volte e aprii la danza delle mascelle. Le lasagne erano un po' scotte ma il sugo era delizioso, tanto è vero che mi feci portare un altro piatto. Fox era già passato al secondo e stava gustando delle invitanti costolette di maiale alla brace, che aveva generosamente ricoperto con salsa di prezzemolo e aglio.

- Mangiate sempre con tale appetito? - mi venne spontaneo chiedere a Will mentre facevo la scarpetta col pane. - Tutto merito dello chef! - rispose il mio amico. - È italiano, sai? Il mio piatto preferito sono le polpette all'Armando, così lui si chiama.

Dopo esserci letteralmente riempiti le pance provammo ad alzarci e mi sentivo come una botte di vino piena fino all'orlo. Fu così che lentamente rotolammo verso il laboratorio di Herbert, che ci stava aspettando seduto alla sua scrivania. Era concentrato a leggere e sottolineare una mappa grande quanto tutto il tavolo ed era attorniato da altre persone che indossavano dei camici bianchi. Sembrava che stessero facendo un'ispezione cadaverica, con tanto di lenti di ingrandimento. Il primo che mi rivolse la parola fu proprio il simpatico dottore che mi accolse con un sorriso smagliante: - Ecco il nostro eroe! Prego, avvicinati. Scommetto di conoscere la tua prima domanda: vorresti sapere come mi sono liberato dai Parassiti e come ho fatto a svegliare gli altri dal sonno criogenico, esatto?

Mi aveva letto nel pensiero?

- Beh, per farla breve posso dirti che il fato era dalla mia parte: ero stato catturato anche io, come la maggior parte del genere umano, ma vedi io soffro di un raro caso di insonnia cronica la quale mi ha, come avrai capito, salvato la vita. Così ho finto di dormire e, quando i Parassiti hanno creduto che ero nel mondo dei sogni, sono sgattaiolato via dal reparto criogenico, fingendomi uno degli inservienti umani dei quali si servono per monitorare i vari letti. Pian piano sono riuscito a formare un vero e proprio esercito di umani ribelli (che riuscivo lentamente a risvegliare) che ho soprannominato i Risorti, dei quali tu sei l'ultimo superstite.

- Beh allora il vero coraggioso è lei, dottor Herbert! - affermai lieto. - Ma cosa vogliono da noi?

Il dottore mi sorrise e si avvicinò allo schermo che riempiva tutta la parete del suo studio, accendendolo: apparve una mappa piena di frecce colorate. - Da quello che abbiamo capito dalle nostre scarne indagini, gli alieni vogliono rubarci, anzi, appropriarsi dei nostri sogni, visto che non hanno molta fantasia, diciamo che si nutrono dei nostri sogni, ma a quale prezzo! Ci hanno catturato e imprigionato in quelle maledette celle criogeniche. Come vedi essi hanno conquistato quasi tutta la Terra, salvo qualche rara eccezione. Però abbiamo buone notizie, mio caro amico: crediamo di aver trovato un modo per poter risvegliare tutti gli esseri umani in un solo colpo ed è quello che stiamo studiando da mesi ormai: si tratta dell'Operazione Chirikawa. Ma di questo piano ne parleremo con calma. Adesso bisogna prepararsi alla guerra: ti trovi, se non l'avessi ancora capito, in una vera e propria scuola militare. Qua tutti quanti verrete addestrati per affrontare e, si spera, vincere questa invasione e poter così tornare tutti liberi! - alla parola liberi compresi che il mio tempo era scaduto ed infatti il dottore ritornò a sedersi al suo posto e a studiare quella mappa con gli altri professori. Mentre Will mi riaccompagnava alla mia stanza mi sentivo con lo stomaco in subbuglio: non ero pronto ad andare in guerra, ma quale altra alternativa avevo? Se il tuo pianeta viene ingiustamente invaso da dei cattivi alieni tu cosa avresti fatto se non combattere per la libertà? Era questa la famigerata Terza guerra mondiale profetizzata da Nostradamus? Mi addormentai così, in questi tetri pensieri mentre fuori miliardi di persone stavano sognando per intrattenere i Parassiti ingordi delle nostre fantasie.

Il mattino dopo iniziai la mia vita militare: e dire che non ho mai avuto simpatia per le armi. Ci fecero marciare all'alba, mentre fuori faceva un freddo tremendo, con quei stivali pesanti e duri che mi crearono fin da subito delle brutte vesciche le quali, a ogni passo, mi facevano un male terrificante. Se non avessi avuto il mio amico Will accanto a rincuorarmi, non so se sarei riuscito a sopravvivere in quell'ambiente pieno di dure regole. Alla fine del primo allenamento mi gettai sul letto, stremato. I piedi non li sentivo più, lo stesso per le gambe che parevano pesanti come se me le avessero cementate. Per fortuna il pasto ci rimetteva di buon umore: Armando aveva preparato gli gnocchi al formaggio filante.

Fox era raggiante quel giorno: ci raccontò che aveva ricevuto una medaglia come miglior cadetto della sua squadra. - Sono il più veloce, sapete? - affermò compiaciuto, ed io non avevo dubbi su questa sua capacità visto che ci aveva quasi seminati durante la nostra fuga dai polidroidi.

Passò un mese e feci amicizia con i miei commilitoni: eravamo una buona squadra e il nostro tenente ci voleva bene, nonostante fosse rigido con noi. Ci eravamo dati dei soprannomi: Will veniva chiamato Timido, Fox Speedy e a me mi chiamavano Brave, per il mio atto di coraggio quando siamo sfuggiti ai polidroidi. Fu quel giorno che ci venne assegnata la nostra prima missione: provare ad intrufolarci in un reparto criogenico dove avremmo dovuto liberare le persone addormentate. Saremmo stati guidati dal tenente Hylo, esperto di incursioni.

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- E così il denaro sei riuscito a trovarlo? - mi chiese il ragazzo chiamato Corvo.

- Non ancora, ma scoprirò chi me lo ha rubato dal mio armadietto! - esclamai, arrabbiato e stringendo i pugni. Avevo pazientemente messo da parte la mia paga da soldato e la notte precedente mi era stata sottratta. Sarei dovuto andare a fare una denuncia al mio superiore, ma non mi sembrava una buona idea. Mi trovavo nell'armeria dove ci stavano equipaggiando per la missione. Un sospetto però ce l'avevo: Matt, detto Cappellaio Matto (per il fatto che indossa sempre dei cappelli di diverso colore) il quale, due giorni fa, durante la consueta marcia mattutina mi aveva spinto per terra. Da quando avevo messo piede nell'accademia militare dei Risorti Matt non mi aveva digerito, forse un'antipatia a pelle, non so spiegarla altrimenti. E forse avevo una prova: nell'armadietto, infatti, avevo trovato un capello del suo stesso colore: arancione acceso.

Dopo aver indossato la tuta di attacco mi spostai nell'hangar Nove dove trovai i miei commilitoni già schierati e pronti a salire sull'aereo. Indossavamo tutti delle tute verde smeraldo e imbracciavamo dei fucili a carica termica i quali erano in grado di disattivare e di mettere fuori gioco i polidroidi. Il tenente ci osservò uno ad uno e poi, prima di farci salire, ci disse con autorità: - Da questo momento in poi non si scherza più: il nemico è la fuori, spietato e furbo, pronto a farci fuori senza pensarci due volte. Seguite scrupolosamente gli ordini che vi abbiamo impartito e nessuno si farà male. Confido in voi, ragazzi, e mi raccomando: liberiamo i nostri fratelli imprigionati. Per Herbert!

Se avessi saputo quello che mi sarebbe successo in quella missione, forse avrei disertato. 

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