EPILOGO - Serratura; Prima e Dopo [1/3]

206 10 4
                                    




A volte, solo a volte, ho l'impressione che il tempo non sia mai passato.
Flynn non lo sa, ma credo di ricordare il giorno in cui io e Lui siamo stati davvero vicini.
Inizia più o meno così.

Contea di Waterford, Irlanda, 1953


Se ne stava lì, arroccata sulla sommità del promontorio che si affacciava sul lago. Vederla era impossibile, ma non per me. Non per coloro che avevano il sangue della nostra famiglia che scorreva con forza nelle vene.

La nonna lo sapeva e, ovviamente, ne aveva paura.

«Cosa stai guardando, tesoro?»

Distesi le gambe rannicchiate sul monticello di cuscini sotto la finestra e puntellai i gomiti sul davanzale. Attraverso le vetrate appannate, la stavo osservando con affascinata curiosità. La torre nera della casa spuntava tra le fronde della Foresta degli Acri Rossi, le cui chiome, essiccate dal gelo dei venti dell'est che infuriavano dalla brughiera, rifulgevano sotto un sole pallido.

Soffiai sull'infuso alle primule, ne presi qualche sorso e appoggiai il mento sul parapetto. «Davvero non hai mai avuto il coraggio di avvicinarti alla casa, nonna?»

«Cielo, cara, che sciocchezze vai dicendo?»

«Mi stavo chiedendo, ecco... solo alcune persone della nostra famiglia, una volta mangiate le primule, sono in grado di vedere l'Invisibile. Come hai fatto a impedire a tutti gli altri di avvicinarsi a quel posto?»

Mi voltai e scorsi la nonna ondeggiare sulla sedia a dondolo, davanti al caminetto. Poggiò in grembo l'intrico di lana – non era mai stata molto brava a filare, ma di tanto in tanto ci provava ancora – e sospirò. «Se noi non vediamo loro, loro non vedono noi.»

Un brivido mi corse lungo la schiena. Tornai a guardare il profilo della torretta che si innalzava dal corpo principale dell'edificio, stavolta con un senso di inquietudine che mi riecheggiava in testa.

«Raccontami ancora la storia di Gorazd» dissi.

«Oh, Beatrice, l'avrai ascoltata un centinaio di volte!» La nonna lasciò perdere il filato e lo gettò con un gesto sconfitto sul tavolino. Le rivolsi un sorriso colpevole. «Sei terribile.»

«È la mia preferita» implorai, modulando la voce.

Nonna Rosaline lisciò la coperta di flanella adagiata in grembo, il tempo necessario a riordinare le idee.

«Accadde molto tempo fa, quando ancora l'elettricità era un bene prezioso e gli uomini attraversavano il mondo a bordo di mostri a vapore.»

Iniziava sempre così, quasi stesse leggendo il medesimo libro ogni volta.

«Avevo la tua età. Io e mio fratello eravamo in soffitta nel periodo di Lammas, il cui picco, come ben sai, cade il 7 agosto. Stavamo leggendo alcune vecchie storie a lume di candela quando, nel cuore della notte, udimmo un urlo provenire dalla foresta. Mio padre e gli altri uomini del villaggio accorsero al limitare del paese, armati fino ai denti. Dissero a noi ragazzi di rimanere in casa, avrebbe potuto trattarsi di un animale. Le urla avevano qualcosa di disumano e quasi tutti ci credettero.»

«Ma non voi.»

«Esatto. Ci appostammo tra le case per vedere cosa avrebbero fatto nostro padre e gli altri, e accadde qualcosa: né io né mio fratello osammo muoverci quando la donna bianca comparve sul limitare del bosco.»

Riuscivo persino a vederla, se mi sforzavo di guardare un punto preciso attraverso la finestra: la nonna le chiamava Banshee, spiriti femminili che emettono lamenti strazianti nel momento in cui qualcuno della famiglia posta sotto la loro protezione è prossimo a una grave disgrazia. Nei libri le Banshee erano rappresentate come donne dai lunghi capelli scarmigliati, il volto scavato dall'eternità e gli occhi spiritati, arrossati dal pianto.

BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora