Capitolo 14

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Amy

Arrivo a casa trafelata, mi sembra di aver corso la maratona di New York. Sono arrabbiata e ferita, letteralmente. Sono inciampata su un sasso per strada e il mio ginocchio chiede pietà.
Una serata da dimenticare, insomma.
Quando Sofi mi vede scatta all'in piedi, con il naso rosso e i capelli stropicciati fissa il mio ginocchio sanguinante.
«Ma che ti è successo?»
«Direi che non è proprio la mia serata fortunata».
Il tono della voce non lascia dubbi al mio stato d'animo e la mia amica subito comprende che forse è meglio non parlarne.
Mi chiudo in bagno per disinfettare il ginocchio sbucciato e ricordo di quando mia nonna me lo curava dolcemente, al contrario di mia madre che verso di me non ha mai provato un affetto smisurato. Mi manca moltissimo mia nonna, era l'unica a comprendermi, se fosse ancora qui sarebbe sicuramente fiera di me.
Asciugo il sangue e disinfetto lentamente perché brucia davvero tanto e nel frattempo non faccio altro che pensare che forse non avrei dovuto accettare di cucinare per Liam ma se non lo avessi fatto non avrei scoperto che Daniel ha ancora il terrore di qualsiasi cosa ci sia tra di noi.
E io che pensavo avessimo superato quella fase.
Con lui è così, un passo in avanti e dieci indietro.
Sbuffo e affranta decido di ritornare in cucina a glassare i dolci.
Appoggio una mano sulla fronte della mia migliore amica drammaticamente stesa sul divano, per fortuna sembra che la febbre sia scesa. Sofi mi fagli occhi dolci e quando alzo lo sguardo mi ritrovo a fissare Daniel, seduto su uno sgabello mentre mangia un cupcake.
«Ciao» mi saluta, con la bocca piena cerca di mascherare il fatto che stia masticando.
«Tu non sei normale» dico.
«Scusami, sono pessimo ma non ho resistito». Smette di mangiare e un po' mi addolcisco quando noto che ha della glassa al cioccolato all'angolo della bocca: sembra proprio un bambino.
«Possiamo parlare?»
Sospiro «No, sono stanca di parlare».
«Credo che possa aiutarci».
«Daniel con te è sempre la stessa storia e ho paura che sarà sempre così» intanto inizio a preparare altra glassa e questo mi aiuta a distrarmi.
«Io vado in camera» Sofi ci saluta con un mezzo sorriso e le auguriamo buona notte.
«Sembra uno straccio».
«Già».
«Amy ascolta sono davvero molto dispiaciuto. Io non lo so perché mi faccio prendere sempre dal panico».
«Credo che tu non sia pronto».
«No, aspetta. So di essere un completo disastro ma sono nuovo a queste cose. È che domani ci saranno tutti i miei amici e...»
«E non vuoi che ti vedano con me?»
«Non esattamente. Ho paura di mostrare loro un aspetto che solo ora sto scoprendo di avere».
Si appoggia al tavolo e mi duole ammetterlo ma sembra sincero.
«Allo stesso tempo» continua «voglio passare la giornata con te».
«A questo punto non credo che tu lo voglia davvero, vuoi solo cercare un modo per sistemare la situazione. Non verrò a quella festa solo perché ti senti in colpa».
Afferro un dolcetto e lo decoro sotto gli occhi rammaricati di Daniel.
«Io voglio che tu venga».
Scuoto il capo.
«Amy...»
«Daniel se hai il terrore di mostrarti diversamente in presenza dei tuoi amici, per me significa che non sei pronto. Non fa niente.» sorrido forzatamente e mi giro verso la cucina. «Devo finire qui e sono molto stanca, è meglio se te ne vai».
«Amy, ti prego» avverto una punta di disperazione nella sua voce mentre mi accarezza le spalle «so di aver sbagliato ma tu sai benissimo come sono complicato sotto questo aspetto. Non ho ragionato, ho agito d'impulso e anziché far prevalere la voglia di passare un'intera giornata in barca con te, ho dato importanza ad altro, al fatto che ti dovrò presentare ai miei amici... al fatto che non potrò fare a meno di starti accanto, di toccarti, baciarti...». Mi lascia un leggero bacio sul collo. Un aspetto di Daniel? È un ruffiano, ma questa volta non cederò facilmente.
«Senti, non puoi fare così ogni volta che ti comporti in modo sbagliato. Non possiamo fare passi avanti e poi tornare indietro ogni volta, poi ti penti e vieni da me» lo allontano senza guardarlo in faccia. Ho da fare molte cose ancora e lui mi sta distraendo.
«Hai ragione» ammette. «Non ti prometto che non capiterà più, mentirei, ma posso provare a non farlo accadere riflettendo un po' di più».
Stanca, gli faccio cenno che va bene.
«Allora domani verrai?»
«No Daniel» e su questo non transigo.
Ci resta evidentemente male, «Perché?»
«Perché sicuramente non finirò tutto ora e perché non mi va» sono sfinita e la mia pazienza sta andando a farsi benedire.
«Amy non ti sto chiedendo di venire perché mi sento in colpa. Voglio che tu venga per passare un'intera giornata insieme. Pensaci, staremo sulla barca, faremo il bagno, prenderemo il sole, relax totale e poi dormiremo insieme tutta la notte e domenica andremo a pranzo in un posto molto carino».
Esulto con malcelato entusiasmo. La verità è che vorrei davvero andare con lui ma non riesco a togliermi di dosso la sensazione che lo stia facendo per riparare all'errore e non perché lo desidera davvero.
Non voglio che faccia qualcosa solo per accontentarmi e tenermi buona.
«Cosa?»mi gira verso di sé. Ok credo di aver espresso il pensiero ad alta voce.
Sospiro nervosa, non riuscirò mai a togliermi il vizio di pensare ad alta voce! «Si, io non voglio che tu faccia qualcosa per farmi contenta». Arrossisco un po', Daniel mi guarda con i suoi occhi neri che da dispiaciuti passano ad essere dolci e comprensivi.
Mi abbraccia e mi stringe forte «Sono un cazzone e combino solo disastri con te, però mi fai impazzire, mi piaci da morire Amy e prima il pensiero che gli altri potessero vedere ciò che provo per te mi spaventava ma ora sai cosa ti dico? Non mi interessa».
Ha detto "quello che provo per te?"
«Vieni con me, per favore. Non voglio darti alcun contentino anche perché è evidente che non sei un cane. Facciamo le cose per bene, vieni con me su quella maledetta barca e trascorriamo una meravigliosa giornata insieme». Chiude il mio viso fra le sue mani e senza attendere una risposta mi bacia con trasporto.
Ci stacchiamo in contemporanea col respiro corto «Allora?»
«Ci penso».
Daniel mi sorride soddisfatto convinto di avere la vittoria in tasca. «Passo a prenderti alle otto».
«Cosa? Daniel ho detto che ci penso!»
«Si certo» mi stampa un bacio «ci vediamo domani mattina e per favore metti un costume coprente».
Inarco un sopracciglio. «Oh, no, non è perché sono geloso ma siccome non possiamo fare sesso, non credo che resisterei» e nel mentre fa dietro front. «Ci vediamo domani mattina piccola».
E io rimango come un'allocca a fissare la porta chiusa.
«Io indosserei il costume più sexy che ho» mi porto una mano sul cuore spaventata, ma è solo Sofi.
«È fuori di testa!» esasperata batto una mano sul tavolo.
«Tu gli piaci e anche troppo».
«Dici?»
«Si ma a volte le insicurezze hanno la meglio. Daniel forse ha paura che le cose non vadano bene» fa spallucce «ma l'importante è che torna sempre sui suoi passi, significa che gli importa di te, di voi».
Mi siedo, sono sfinita. «Lo spero».
«Però il costume per farlo schiattare lo metterei lo stesso» ammicca, anche se sembra più una smorfia.
«Non credo di possedere costumi sexy».
«Tu no, ma io si!» esulta e non so come, trova la forza per tirare fuori i suoi costumi migliori.
Li provo tutti e alla fine decido che si, voglio che soffra un po'.
Ben ti sta Daniel Lawrence.

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