Più forti della morte

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Due anni. Due fottutissimi anni senza di lui. Due anni da quello che sarebbe dovuto essere il giorno più felice della mia vita, che per colpa di un bastardo si è trasformato nel giorno più brutto di sempre. Vedere il suo corpo incosciente su quel dannato letto d'ospedale è stata una bastonata dritta allo stomaco, ma a quelle parole. Quando mi hanno detto "Mi dispiace signorina, ma non ha superato la notte"  è come se in quel momento mi avessero strappato il cuore dal petto e lo avessero calpestato.
Due anni che non lo vedo, che non sento la sua voce, che non posso parlarci, abbracciarlo, baciarlo, toccarlo, farci l'amore. Due anni passati in totale solitudine e agonia, due anni senza l'amore della mia vita.

"Adesso basta Martina, è una settimana che sei rinchiusa in camera" apre di botto la porta Luisa, la domestica di questa villa. Una settimana dopo quel maledetto 1 Settembre, mi sono trasferita in Italia, in un paesino nel sud. A Buenos Aires il suo ricordo era troppo vivo e mi faceva male, cazzo se faceva male. Ogni cosa lì mi ricordava lui. "Piccolina, cosa ti succede?" si avvicina preoccupata al mio letto, accorgendosi che sto piangendo anche la mia anima. Luisa è stata come una mamma in quest'ultimo anno e mezzo e mi è stata sempre vicina, ma nemmeno lei sa quello che ho passato. Non riesco a parlarne con nessuno. Il dolore che sento nel ricordare quel dannatissimo giorno è più forte di qualsiasi cosa e spesso, ogni giorno, cerco di reprimere i ricordi per non soffrire. Ma non sempre mi risulta facile, ne sono la prova le innumerevoli notti passate insonni negli ultimi due anni. "Ehi... tranquilla, respira" sussurra con voce dolce e soave la donna, accovacciata di fianco al letto, mentre mi accarezza la schiena.

"Lasciami sola, ti prego" dico con voce strozzata dai continui singhiozzi. Seppure contraria, Luisa lascia la stanza in silenzio, rispettando la mia volontà. Non ho bisogno di nessuno, nessuno che non sia lui.

...

"Buongiorno" saluto tutti i presenti, entrando in cucina per la colazione.

"Buongiorno Martina, come stai oggi?" sorride dolcemente Luisa, porgendomi la solita tazza di cappuccino e una fetta di ciambella al cioccolato. Da quando, una settimana fa, mi ha sorpresa nel pieno di un mio crollo, ogni giorno mi sta appiccicata, facendo di tutto per migliorarmi la giornata, anche con dei piccoli e semplici gesti.

"Buongiorno Martina" mi sorride anche Massimo, il braccio destro del padrone di casa. Lavoro qui da un anno e mezzo circa e sono l'assistente personale di Tommaso, mi occupo di organizzare eventi, appuntamenti, riunioni... qualunque cosa passa prima nelle mie mani. Appena arrivata in Italia ero sola, con pochi soldi e tanta voglia di non pensare, così ho iniziato a lavorare in un hotel, come donna delle pulizie. Stando impegnata tutto il giorno, non avevo molto tempo per pensare a quel maledetto giorno e, di conseguenza, non avevo tempo per piangere e crollare. Ho incontrato Tommaso per puro caso in quel hotel, lui era lì per una questione di lavoro e, una chiacchiera tira l'altra, abbiamo stretto amicizia, poi un giorno mi ha proposto questo lavoro ed eccomi qua. Tommaso ha ventotto anni e noi siamo la sua famiglia, oltre che i suoi dipendenti.

...

"Serve aiuto?" chiedo affacciandomi alla porta della cucina, dove trovo Luisa intenta a sistemare.

"Meno male che ci sei... potresti asciugare quelle stoviglie" alza lo sguardo su di me, indicando con una mano piatti, tazze e bicchieri da asciugare e mettere a posto. Quando finisco prima di lavorare, mi piace aiutare Luisa in cucina o nelle pulizie. "Ti dispiace se accendo la radio?" domanda poi.

"Figurati" le dico prendendo il canovaccio e iniziando ad asciugarli. La radio emette le ultime note del tormentone di quest'estate e poi il conduttore radiofonico inizia a parlare.

"E questo era il pezzo dell'estate, che è ormai giunta al termine. E ora, invece, un pezzo un po' vecchiotto per ricordare una grande band, che non è più la stessa senza la sua voce... sono due anni dal ritiro dei Give me 5" perdo un battito a sentire il nome di quella band. La sua. E subito dopo parte una canzone, fin troppo conosciuta per i miei gusti, Mas que una amistad. Le parole e la melodia della loro prima canzone, il loro esordio, rimbomba nella stanza, mentre Luisa muove i fianchi a ritmo di musica. Cerco di reprimere le lacrime, concentrandomi su quello che sto facendo. "Ed ora un pezzo per onorare il grande cantante di questa fantastica band, Jorge Blanco!" il piatto che ho tra le mai cade rovinosamente a terra, frantumandosi in mille pezzi, un po' come il mio cuore da quel giorno. Mi accascio a terra piangendo, mentre la sua splendida voce, che intona Amor en el aire, la canzone che mi dedicò al nostro secondo anniversario, giunge ovattata alle mie orecchie, così come la voce di Luisa, che mi richiama preoccupata, e poi solo buio.

OneShot// JortiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora