Capitolo 24

596 39 10
                                    

Sibilla sistemò il cappello di paglia in testa affinché fosse più comodo, poi mosse poco i grandi occhiali da sole e sistemò la mascherina scura sul volto. L'abito estivo molto sobrio che indossava era fresco e grazioso, adatto per il caldo di quel tredici giugno.

Il mercato di Campo de' Fiori era abbastanza sgombero e le persone che circolavano avevano pressoché quasi tutte la mascherina. Il sole picchiava insistentemente sulle teste dei passanti e ogni qual volta che Sibilla alzava la testa in direzione della statua austera di Giordano Bruno le veniva caldo solo a vederlo bardato in tutte quelle vesti.

Da dieci giorni era di nuovo a Roma insieme a Giuseppe e da allora stava cercando di tornare progressivamente alla vita normale.

Aveva fatto tutti i percorsi riabilitativi, sia dal punto di vista motorio che respiratorio, sebbene quest'ultimo desse ancora qualche problema. Le capitava che il fiato le venisse a mancare e proprio per quel motivo non era ancora riuscita a dedicarsi a una «ricostruzione» della forma fisica che aveva fino a qualche mese prima.

Senza contare che la mancanza del gonfiore sul ventre della quale necessitava come l'aria, dell'ossigeno. Le era capitato di guardarsi allo specchio più volte e di immaginarsi il suo bel pancino, ma erano settimane che stava riuscendo a non lasciarsi ingannare e suggestionare a tal punto dalla sua mente: le arrecava troppo dolore.

Aveva ricevuto un inaspettato conforto da tantissime persone: dai conoscenti ai milioni di fan da tutto il mondo. Così tanti amici e colleghi l'avevano chiamata, e sentirsi circondata da tutto quell'amore era come una dolce carezza. I parenti più stretti, a partire da sua madre, da Arianna, da Lillina, Nicola e Maria Pia erano sconvolti; piegati anch'essi dal dolore.

Se ne stava a casa senza riuscire a fare granché, con solo un lontano lavoro a settembre – per il momento, ad esclusione di un progetto a quattro mani che stava portando avanti da un mese – e senza molte prospettive, tuttavia il suo rientro a Roma aveva rinvigorito Giuseppe, gli aveva dato una carica di vitalità contagiosa che proprio in quelle ore lo stava impegnando a Villa Pamphilij con tutti i Ministri e grandi nomi del tessuto sociale, culturale ed economico italiano che mettevano a disposizione le loro idee per rilanciare il Paese dopo la crisi scatenata dal virus.

Stava lavorando come un matto, giorno e notte, e Sibilla era così contenta di vederlo fiducioso e risoluto a tal punto che il cuore si scaldava ad ogni notizia, ad ogni novità, ogni qual volta che varcava la soglia di casa e le sorrideva non appena la vedeva.

Sibilla approfittava di quel numeroso tempo libero per riprendere un po' in mano la propria vita e tornare ad una sorta di normalità.

Cercava di essere di sostegno a tutti, anche con piccoli gesti, per esempio fare la spesa nei mercati dei piccoli produttori e agricoltori, proprio come stava facendo in quel momento.

Era a un banco gestito da una coppia di coniugi un po' in là con l'età; per rispetto rimosse gli occhiali da sole, chiedendo di farsi dare verdure varie quando una voce sconosciuta e sprezzante richiamò la sua attenzione:

"... tu e lui siete degli infami" bofonchiò un tizio sciatto, sulla trentina: Sibilla riuscì a capire meno della metà delle parole che le aveva detto.

"Come scusa?"

"Ho detto che tu, principessa sul pisello, e quel dittatore di tuo marito siete degli infami"

"Guardi, sta parlando di cose che non conosce. Farebbe più bella figura a tenersi tutto questo rancore per sé" lo riprese, tornando a concentrarsi sui signori che la stavano ora scrutando preoccupati. Strinse i denti dal nervoso: odiava quelle situazioni d'attrito e non sempre riusciva a desistere alle provocazioni come faceva Giuseppe.

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora