1.
Avevano costruito quella casa dalla polvere e dall'odore di legno ammuffito. Era a un quinto piano di una palazzina senza ascensore: trasportare i mobili era stata una vera avventura.
Ognuno dei ragazzi aveva portato con sé qualcosa dalla vita precedente, chi un armadio, chi un tavolo, chi il biliardo e qualcuno di più lungimirante aveva pensato addirittura a un appendiabiti. L'appendiabiti era stato il primo arredamento dell'appartamento che avevano denominato "La Maledetta".
Era effettivamente una casa maledetta: il campanello non funzionava, così si era costretti a bussare fino a sbucciarsi le nocche.
Spesso Jo perdeva la pazienza e cominciava a scalciare, soprattutto quando era carico dei cartoni di pizza e sentiva la musica del pianoforte scordato provenire dall'interno.
Infatti, nella parte bassa della porta di legno scuro, c'erano i segni della sua insofferenza.
Più o meno era sempre Jo a portare la cena, almeno per i primi tempi della convivenza, quando i cartoni del trasloco ancora non erano stati svuotati e l'angolo cucina era sprovvisto dei fornelli.
Ed era sempre lui anche a pagare: gli amici gli rispondevano con un "sei tu quello ricco", ricordandogli anche di essere stato lui a versare l'acconto per l'affitto.
Quella sera faceva particolarmente freddo a Cambridge , soprattutto per uno spagnolo come lui che ancora non aveva idea di come fosse finito lì, e quindi prese a scalciare con particolare veemenza, rabbrividendo nel cappotto blu e rivolgendo un sorriso sarcastico al coinquilino che gli aprì.
"Tutto qui?" gli chiese Milo attraverso le spesse lenti degli occhiali da vista.
"Scusami se ho praticamente svuotato il fast-food" l'altro lanciò sul tavolo da biliardo le chiavi dell'auto e poggiò le buste ancora fumanti sul piano cottura "Dove sono tutti?"
"Tutti?" gli fece eco Milo.
"Non ti sei accorto che manca l'altra metà della casa?"
"Ah sì, giusto, tutti" il ragazzo si grattò la tempia e i capelli arruffati "non ne ho idea"
Jo levò gli occhi al soffitto e si spogliò del cappotto. Tornò nel salotto e sedette al tavolo accanto al coinquilino, poggiando il mento sul polso e rimirandolo sfogliare con attenzione le pagine dei libri di testo.
"Ma non ti confondi con tutti questi sproloqui?" gli chiese.
"Non sono sproloqui, è filosofia"
"Dimmi la differenza" ridacchiò.
"La filosofia è un processo spirituale che interpreta il nostro modo di pensare, di agire e di vivere. Uno sproloquio è un discorso sconclusionato."
"Era una battuta, Milo"
Questo si scusò, affondando di nuovo il naso tra le righe.
"E comunque la definizione era più o meno la stessa" sussurrò Jo, alzandosi e prendendo il pacchetto di sigarette sopra al frigorifero.
La accese con la fiamma del fornello.
Il rumore di una chiave nella serratura attirò la sua attenzione e, voltandosi, intravide un'ombra femminile avanzare all'ingresso.
"Ciao Maggie" disse, aspettando che l'amica gli comparisse davanti. Lei gli sorrise, osservandolo poggiato all'elettrodomestico.
Maggie stringeva nella mano un grosso ombrello blu e aveva il viso nascosto sotto la spessa sciarpa grigia di lana.
"Ecco dov'era finita la mia sciarpa!" strepitò Jo, che quella stessa mattina l'aveva cercata ovunque.
Lei accorse ancora imbacuccata a dare un bacio sulla guancia di Milo.
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La Maledetta
RomanceÈ il 1991, Jo è di pessimo umore, i suoi coinquilini, invece, non fanno altro che ridere; una storia di amicizia e amore tra i lampioni di Cambridge, una storia di vita.