«Non avete idea di quanto cazzo sia stato fantasmagorico! E visto che siamo in argomento, vi dico che metterglielo dentro è stata una soddisfazione "da orgasmo"!»
Questo il modo con cui se ne era uscito quella sera Ricky "il segaiolo", una frase che qualche anno prima non avrebbe mai detto. Era così al settimo cielo che una parte di lui ancora non ci credeva. Minnie era una gran figa, lo pensavano tutti quelli intorno al tavolo. Capelli a coda di cavallo, labbra carnose, occhi da gatta, un seno neanche troppo prominente – vero, sì, ma d'altronde la tetta ideale combacia perfettamente con l'interno di una coppa.
Però un culo... Soprattutto nell'ora di ginnastica, quando si metteva quei leggins che, Ricky lo ripeteva ogni volta, avrebbe voluto letteralmente «strapparle davanti a tutti». Era una meraviglia che parlava da sola.
«E bravo il nostro Ricky», aveva commentato Josh con due pacche sulla spalla, soddisfatto per l'amico.
«Sei forte fratello. Questo è il karma, e io ho sempre detto che esiste. Prima o poi la ruota della fortuna gira. Oggi a te, domani a me e...»
«Sì, lo sappiamo Lennie, non ricominciare a scartavetrarci i coglioni.» Josh non era uno che le mandava a dire, soprattutto quando la si metteva sul filosofico. «E non farci buttare fuori come l'ultima volta, che ti sei fatto beccare tre, e dico tre volte, a fumare la tua bella cannetta.»
«È colpa mia se la gente non capisce la bellezza di un tale piacere?» rispose Lennie con fare altezzoso.
«Volete smetterla? Oh, ecco che arriva Frankie! Belli, sorridenti e niente stronzate, ok? Voglio vedere se entro stasera riesco almeno a palparle il culo.»
«O se tornerai sulla Terra con una bella pizza in faccia», aggiunse Josh, il sorriso a trentadue denti.
I tre osservavano la cameriera avvicinarsi a loro, la pelle sudamericana accompagnata da movenze maledettamente sexy. E Ricky, il più eccitato, che sbavava.
«Ragazziii, ma che bello vedervi! Allora, scuola finita eh? Ve la state spassando?»
"Spassando" era proprio il termine più adatto per Ricky.
«Non hai idea. Non ce la facevamo più a stare in quell'orribile ospedale, bianco come un manicomio», rispose Lennie, riferendosi alle mura gessate dell'edificio.
«Effettivamente quella scuola somiglia proprio a un ospedale. Quando ci andavo, io e quelli della mia classe dicevamo la stessa cosa, ahah.»
Frankie si sistemò lo Stetson sulla testa che tutte loro, le cow-girls, portavano fedele allo stile da far west del Ranch. La camicetta a quadratini bianchi e rossi legata in vita, un dito al di sopra dell'ombelico scoperto vicino un piccolo neo.
La ragazza sfogliò il taccuino degli ordini, si leccò l'indice, affondò il pulsante della biro e disse: «Bene bene, sono contenta. Scusate se taglio corto, ma stasera siamo pieni così di lavoro. Che prendete ragazzi?»
«Per me il solito. Hamburger, formaggio fuso e bacon: una poesia», rispose Josh. Si portò i polpastrelli delle dita sulle labbra e li baciò.
«Io quello con la cosa... Come si chiama?» Lennie si accarezzò il mento mentre schioccava le dita con l'altra mano.
«Vuole il cheeseburger con la BBQ e le cipolle in mezzo. Perdonalo, ancora non impara il nome.»
«Ahah, nessun problema. A me capita sempre con gli esami di economia.»
Lennie lanciò un'occhiataccia da "dopo facciamo i conti" a Josh. Voleva strangolarlo, ma si accontentò di mollargli un calcio sulla caviglia da sotto il tavolo. Sfortunatamente colpì solo la gamba della sua sedia.