Dicembre 1991

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3.

Maggie si era sentita sollevata quando aveva udito scalciare alla porta.

Aveva trascorso il Natale nella tenuta di famiglia nel Devonshire, con le sue due sorelle e la famiglia al completo. Aveva ricevuto come regali una sciarpa rossa e un profumo che neanche le piaceva così tanto.

Era stata seduta in tavola quasi sempre in silenzio, ascoltando i racconti di gloria della sorella maggiore, Emma, che aveva appena terminato il dottorato in letteratura latina, e quelli di sua sorella minore Helen, appena diciottenne ma strabiliante nell'equitazione.

Pur di non incappare sempre nei soliti discorsi, quelli che sarebbero terminati nel "e tu Maggie, che ci racconti?", la ragazza preferiva tacere e fumare. Suo padre, al capo opposto del tavolo, non aveva mai smesso di fissarla: la reputava la più stupida delle figlie, quella cui di studiare non era mai andato, quella che non aveva mai portato a cena un ragazzo e la stessa che aveva iniziato a fumare a soli quattordici anni. La stessa che aveva lavorato fin dai sedici anni, consegnando libri porta a porta e finendo a vivere comunque tra i libri, trovando impiego nella biblioteca universitaria.

Maggie non aveva mai dato loro problemi, eppure sembrava essere comunque la pecora nera della famiglia. Maggie la svogliata, Maggie la mediocre, Maggie la dissoluta che conviveva con tre ragazzi e chissà, quei quattro, cosa condividevano oltre al cibo e al pavimento.

Il ritorno di Jo, il ventisette dicembre, aveva finalmente riportato allegria nella casa. Aveva fatto scorta di stecche di sigarette all'aeroporto e Maggie non aveva perso tempo per scattargli subito una polaroid, ancora sulla soglia di casa, con i tre bagagli in mano e la faccia distrutta dal viaggio in aereo e poi in treno, con ancora indosso cappotto, sciarpa e cappello.

Jo si lamentò per l'intera serata di suo fratello Luis e di suo padre: Maggie lo ascoltò mentre gli legava il grembiule da cucina sulla maglietta a righe bianche e blu, passandogli poi il mestolo per girare il sugo.

"Che si mangia?" gli chiese lui curioso, poggiando le labbra sul bordo del mestolo e bruciandosi la lingua.

"Pasta al pomodoro"

"Potevamo aspettare Milo per farcela cucinare"

"Che c'è, non ti fidi di me?"

Jo storse la bocca in una smorfia poco convinta.

"Guarda che mi ha lasciato la ricetta scritta sul frigo" lei afferrò il foglietto e glielo mostrò, poggiando le mani sui fianchi.

"Quindi non ci metterai il ketchup?"

"Non ci metterò il ketchup"

"Ti ricordo che una volta ci hai cucinato la pizza con il ketchup" osservò Jo, buttando il sale nell'acqua bollente come da istruzioni.

Maggie roteò gli occhi smeraldo e gli ficcò in bocca una sigaretta, pur di farlo tacere.

La pasta non venne poi così cattiva, non avevano il parmigiano ma un'inglese e uno spagnolo non si fecero poi tutti quei problemi, arrotolando male gli spaghetti, aiutandosi con il cucchiaio e ridendo di come avrebbe reagito il povero Milo se li avesse visti.

Per uccidere il tempo mischiarono il mazzo di carte francesi e si sfidarono a picchetto, mettendo in mezzo al tavolo il posacenere e la bottiglia di Licor cuarenta y tres che il ragazzo aveva sgraffignato dalla cantina del padre.

Alle due del mattino erano ancora presi dalla partita: il sonno era scivolato via a ogni goccio di liquore e avevano preso a giocarsi gli spicci che avevano nei jeans.

"Chiedo una tregua" Jo poggiò le carte e si accese l'ennesima Winston. Stese le gambe sul tavolo e si passò una mano tra i capelli scuri, scrutando il viso della coinquilina, scoperto grazie ai capelli legati in una crocchia disordinata.

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