La Vita Dura

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Ho visto sorgere questa città. Son qui da prima della sua espansione. Son stato il primo ad arrivare, quando solo le erbose colline, il vento selvaggio e la luce calda del sole, circondavano il mio vicinato.
Ho visto generazioni di figli e di padri, giovani e anziani. Mai nessuno ha dubitato di me, mai nessuno ha pensato ad un mio tradimento.
Ma nonostante tutto, mi hanno abbandonato, me ed i miei fratelli.
Chiusi a noi stessi, siam rimasti a far la polvere, ad avere come sola compagnia i ragni e le loro ragnatele. I topi e le loro tane; gli insetti vari, di diverse dimensioni, ci camminano addosso e si nascondono nei nostri meandri.

Un giorno, senza preavviso, tornarono da noi. L'aria fresca mi ravvivò; essere accudito, ripulito, illuminato mi fece tornare l'allegria... Che durò poco.
Mi ricoprirono con strane sostanze, un velo opaco, molto ruvido e dal discutibile odore, mi venne messo in volto. Per anni soffrì di solitudine, manco più i miei fratelli minori potevo incontrare.
La luce mattutina, non sapevo più cos'era, l'aria fresca era ormai svanita in questa stantia solfa che soffoca i miei sensi.
Ci volle tempo, molto tempo, prima che, dolorosamente e con noncuranza, mi strappassero via quell'orrido vestito. Ingiallito dal tempo, umidificato per essere estratto, lo vidi buttato via come se fosse stato nulla per me.
Ma finalmente, la luce accecante, la brezza fresca dell'autunno, il fruscio degli alberi in giardino fuso a quel assordante, e non più ovattato, trambusto cittadino, finalmente deliziavano il mio udito.
Ed eccoli i miei fratelli, qualcuno è cambiato nell'aspetto ma sempre presente. Siamo di nuovo riuniti e felici.

La felicità continuò, finalmente ci donarono dei colori nuovi e molto lucenti. Diventai bello, come quando nacqui; mi sentivo più forte e resistente di sempre. Potei così assistere ad altre generazioni, i cui pargoli si divertivano a giocare ai miei piedi.
Ricevetti qualche piatto sul muso, un lancio di foga. Sopportai chi ne aveva bisogno, potevo essere la spalla per ogni pianto, perché a differenza di altri, non faccio distinzioni. I miei padroni son tutti ben accetti, amati e rispettati come il primo. Solo uno, non sarà mai considerato nostro amico. Colui che ci ha venduto, definendoci non a norma, vecchi e discutibili.

Conducendoci alla morte, sotto i macchinari pesanti che fracassavano senza indugio i nostri mattoni, i nostri smalti, le nostre tubature, egli perse la nostra stima. Se mai un giorno, un altro me verrà edificato al posto mio, spero che possa conoscere la nostra storia. Spero che decida di crollare su quel individuo, per renderci onore, per renderci giustizia.
I mie cavi mattoni rossi, ora giacciono al sole, arsi dalle intemperie e dall'abbandono. Siamo stati lasciati a marcire, abbandonati di nuovo, senza neppure una degna sepoltura. Non potremo neppure dar vita ai nostri figli, perché siam considerati solo detriti, solo vecchia muratura.
Qui termina, con noncuranza e ingiustizia, la vita di questo vecchio muro, di questo primo colono ormai dimenticato...

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