Prologo.

2.1K 200 80
                                    

Una notte, la stessa vita, i soliti ragazzi ubriachi, le solite ragazze leggere.
Conosco questa discoteca, meglio di me stessa sicuramente, è un pozzo di ricordi, ma nonostante tutto sono ancora alla ricerca di avventure, di persone con cui stare in sintonia.

La scontentezza, l'infelicità, la gente falsa che va e viene solo per rovinare la vita di gente per bene.

Era questo ciò che mi aveva insegnato la vita, credevo di non riuscire a trovare nessuna via di uscita se non affogando i miei pensieri fra gente persa, facendo scorrere drink ardenti nella mia gola, lasciando offuscare le mie orbite pur di non guardare quei corpi fatti di plastica inconsistente.

Prendo un respiro e mando giù un altro shottino di vodka alla fragola ma quando sto per posare il bicchiere di vetro con forza, mi rendo conto però che accanto a me si è seduta una ragazza che mi osserva di sottecchi.

Ha dei bei lineamenti, dei capelli piuttosto scuri, mentre sospira non riesco a far a meno di chiedere al mio fedele barista di portare uno shottino di vodka per entrambe.

La ragazza mi guarda sconcertata e  quando poi si ritrova il bicchierino dinnanzi a sé, lo allontana.

Ho pensati per un istante che fosse astemia mando giù l'alcool in un sorso alzando gli occhi al cielo.

"Perché?"chiese lei con voce molto fioca.

"Perché, cosa?" risposi, fingendo di non aver capito.

"Perché mi stai offrendo da bere senza nemmeno conoscermi?"

"Offre la casa."disse il barista facendo un occhiolino mentre si allontanava.

"Offre la casa" risposi con sorriso beffardo.

Scappò un sorrisino anche a lei, nonostante cercasse di trattenersi.

"Quindi? Non lo bevi? È scortese rifiutare una cosa che ti è stata offerta" le dissi guardando il mio bicchiere di vetro vuoto.

"Non credo mi piaccia la vodka alla fragola. Magari c'è della droga dentro..." insinuò.

"Ma se nemmeno ti conosco" risposi alzando il tono della voce.

Pensavo che la testa non reggesse ancora per molto, inoltre avevo perso la cognizione del tempo, sembrava che i secondi trascorressero come attimi infiniti e strazianti.

"Come ti chiami?" chiesi guardandola voltarsi nella mia direzione.

"Laura..." rispose indugiando, come se non si stesse ricordando il suo nome.

"Stai mentendo" dissi voltandomi a guardare la folla.

Lei fissò il bancone e quando notai con la coda dell'occhio che stava muovendo il braccio destro, tornai ad osservarla.

Guardó attentamente il bicchierino come per esaminarlo e mormoró: "oh, al diavolo."

Non potei fare a meno di ridacchiare.

La musica da questo punto del bar si sentiva piano e ne fui sollevata, soprattutto quando pronunciò:"Madison. Mi chiamo Madison."

Dopo diverse ore, credo, io e Madison eravamo completamente sbronze.

Sorso dopo sorso avevamo parlato molto e ci eravamo rese di avere molte cose in comune, era l'alcool a farla parlare e molto probabilmente il giorno dopo non si sarebbe ricordata nemmeno di me e delle cose che mi aveva raccontato.
Io d'altro canto, credo che non ricorderó molto, ma comunque qualcosa di fondamentale su di lei, quella persona che lei aveva definito riservata si era rivelata l'opposto con me.

Ci alzammo da quella sedia che doveva essere risultata poco comoda quando mi disse:"credo che devo fare la pipí"

Iniziammo a ridere senza senso e quando mi resi conto che stava andando nella direzione sbagliata la richiamai urlando.

"Madison, è di là!"

"Dove?"disse urlando come me.

"Vieni, ti ci porto io."dissi ridendo per la sua faccia da cerbiatto smarrito.

"Cerbiatto non barcollare, stiamo arrivando."tentai ripetutamente di tenerla in piedi, ma proprio nulla sembrava farle tornare l'equilibrio.
Quando arrivammo in bagno c'era solo una ragazza che uscì proprio nel momento in cui Madison entrò in bagno.

Io nel frattempo ne approfittai per rinfrescarmi, era stata davvero un'ottima cosa quella di mettere delle scarpe basse, almeno non mi ritiravo con i piedi doloranti.

Quando Madison uscì ne approfittai per spruzzarle l'acqua del rubinetto in faccia.
"Adesso dovresti essere più sveglia."

"E adesso pure tu!"disse ricambiando il mio gesto.

Quando uscimmo di lí ci dirigemmo in mezzo alla folla per ballare con gli ultimi due bicchieri di vodka della serata molto probabilmente.

Mi sentivo ubriaca fradicia ma Madison mi aveva obbligata a prenderne un altro e per evitare che si mettesse ad urlare come una bambina, presi il bicchiere.

"Brindiamo a questa serata!"urlò lei con la poca voce che le restava.

Passò una coppia di fidanzati e per sbaglio Madison inciampó sul ragazzo, facendo volare la vodka sul vestito della sua ragazza.

Erano entrambi delle furie allora tirai Madison dal braccio e lei disse:"adesso che si fa? Io mi stavo divertendo!"

"Corri, stanno arrivando!"

Non riusciva a correre con quei tacchi allora le dissi:"i tacchi, toglili!"

Di fretta se li tolse e scappammo fuori di lí nascondendoci in una via ridendo per l'ennesima volta della serata.

Riprendemmo una boccata d'aria perché il respiro stava per venire a mancare.

Sentimmo dei lamenti provenire dal cassonetto della spazzatura, ci avvicinammo preoccupate e nottamo un uomo accasciato in un angolino che chiedeva aiuto.

Iniziammo ad urlare anche noi mentre pian piano cercavamo la ferita, ma non c'era.

Quando iniziò a vomitare capii che si trattava di un qualcosa di più grave.

"Chiama l'ambulanza, diamine!"urlai

"Non ho il telefono, credo di averlo scordato nella macchina, vado dentro a chiedere aiuto."

"Così ubriaca come sei dubito che ti crederanno, ci vuole troppo tempo. Prendi il mio telefono dalla tasca dai!"

"Subito."

Inizió a parlare e nel frattempo chiesi all'uomo cosa fosse accaduto, ma non riusciva quasi a respirare.

"Cerchi di riprendere fiato, dai."dissi cercando di infondergli forza.

"Possibile che non passi nessuno di qui? L'ambulanza arriverà fra pochi minuti."

"Dobbiamo sollevarlo, aiutami, altrimenti qui ci metteranno più tempo per riuscire ad arrivare."

"L...la busta."indicó una busta piuttosto stropicciata con scritte diverse cose che al buio non si vedevano da lontano.

Presi la busta e la misi nelle sue mani, magari gli avrebbe potuto dare forza.

Pesava molto, ma cercavamo di portarlo almeno fuori dalla via.

L'ambulanza sembrava non arrivare.

Lo ripoggiamo per terra prive di forze.

"Dovete farmi un favore."disse l'uomo con poca voce.

"Deve pensare a farcela, nient'altro."

"Vi chiedo di portare questa a mio figlio..."
"Come si chiama suo figlio? Dove lo troveremo?"chiese Madison disperata.
"È lontano.."

||Perdendoti, perdendomi.||[Sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora