9 - «Te lo si legge negli occhi.»

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Capitolo 9

Taehyung

Contavo perfino i secondi che mancavano all'appuntamento con Jungkook. Mi sentivo al settimo cielo all'idea di rivederlo, tuttavia quel buon umore era contemporaneamente contrastato dalla rabbia nei miei stessi confronti e dalla consapevolezza che stessi iniziando a cedere a sentimenti che avrebbero portato solo casini. Dovevo sforzarmi per evitarlo, bisognava rimanessi professionale e mi attenessi a quello che dovevo fare, ero stato innamorato in passato quindi sapevo riconoscere i segnali d'allarme. Mi ostinavo a ripetere che ero ancora in tempo per fermarmi, che in realtà provavo solo pena per lui e non c'era nulla di cui preoccuparsi, ma quel briciolo di speranza andò al diavolo non appena lo incontrai per la prima volta dopo quei giorni. Le sue iridi profonde e il suo timido sorriso fecero fermare il mondo intorno a me, era passato poco tempo eppure appariva sempre più bello ai miei occhi. Mi abbracciò forte e l'unica cosa che feci fu abbandonarmi a quella stretta; chiusi le palpebre e pensai che no, non ero più in tempo per fermarmi, ormai ci ero cascato in pieno.


-Devi smetterla di correre così tanto. Prima o poi farai un incidente.- brontolò mentre si aggrappava alle mie spalle per aiutarsi a scendere dalla moto senza perdere l'equilibrio. Mise i piedi per terra, si levò il casco e smosse il ciuffo corvino.

-Scusa nonno, la prossima volta andrò pianissimo.- lo presi in giro, ricevendo di conseguenza un leggero e meritato schiaffo sul braccio accompagnato dal suono della sua meravigliosa risata.

Lo raggiunsi sull'asfalto e mi guardai intorno con la speranza non ci fosse nessuno. Quello era un posticino tranquillo che avevo scoperto poco dopo essermi trasferito a Busan, da dove la città si estendeva creando un panorama mozzafiato soprattutto a quell'ora in cui tutto dormiva e le uniche luci ad esserci erano dei palazzi e delle stelle. Qualche anno prima andavo lì con Yoongi per fumare e ammirare il tutto con la mente appannata dall'erba perdendoci in lunghe e insensate conversazioni, crescendo avevamo smesso di farlo. Quei tempi mi mancavano: non ero totalmente spensierato nemmeno da più giovane come in teoria avrebbe dovuto essere, ma di sicuro non potevo paragonare i problemi di allora con quelli attuali.

Il più piccolo ignorò la panchina leggermente più indietro e si affacciò alla ringhiera imbambolandosi davanti a quello spettacolo statico ma mozzafiato. Studiò il paesaggio con le pupille che gli brillavano di luce propria, spalancò le palpebre com'era solito fare quando era sorpreso, assunse un'espressione ancora più infantile e dolce di quella che aveva normalmente. Piuttosto che sulla città io mi concentrai su di lui, sarei rimasto ore a fissarlo mentre si meravigliava con poco.

-Diciotto anni di vita e non sono mai venuto qui. In generale non conosco molto posti del genere, però mi piacciono tanto.- mormorò poggiando i gomiti sul ferro che lo proteggeva dal cadere, non degnandomi di uno sguardo data la comprensibile distrazione.

-Io ne conosco fin troppi. Te li farò vedere uno ad uno.- gli promisi. Sperai sul serio che avremmo potuto condividere più momenti del genere.

Gli chiesi di sederci e lo presi per mano, mi accomodai per primo e lo tirai senza dargli alcuna scelta se non quella di mettersi sulle mie gambe. Nonostante il buio notai un leggero rossore sui suoi zigomi, dopo qualche attimo per realizzare si posizionò meglio cingendo le mie spalle con le braccia.

-Mi sei mancato.- gli rivelai in un sussurro sincero, mentre guardavo con intensità la sua bocca che appariva come un invitante pasto di cui volevo saziarmi. -A Seoul non hai trovato nessun riccone che voleva portarti via da me?-

Si mise a ridere. -No, scemo. E anche se fosse non me ne importerebbe.-

-Dicono tutti così.- alzai le pupille al cielo fingendo di non credergli.

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