Febbraio 1992

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1.
La prima volta che Leo aveva capito che quella storia non sarebbe stata solo uno "stupido incidente di percorso", era la mattina del 24 gennaio. Si era alzato, aveva sbadigliato rumorosamente, era inciampato su un plettro ed era uscito dalla stanza con gli occhi ancora cisposi e i capelli schiacciati dal cuscino.
Era entrato in bagno ed aveva ceduto alla tentazione di tagliarsi un po' quella folta barba: gli prudeva. Aveva preso il pennello, passato la schiuma sulle guance e sciacquato il rasoio con l'acqua calda. Non era rumoroso, Leo, nonostante la stazza. Anzi era terribilmente silenzioso nel muoversi.
Syd infatti era irrotto in bagno solamente in boxer: il biondo era saltato all'indietro, incontrando la figura ancora sonnolenta di Leo, inoltre con il viso pieno di schiuma da barba.
"E tu chi diavolo sei?" erano state le prime parole che Leo gli aveva rivolto.
Ormai erano passati almeno dieci giorni, Syd era tornato a Cambridge un altro paio di volte eppure Leo gli si rivolgeva ancora con lo stesso tono scocciato di quella mattina.
Milo aveva accettato la sua presenza senza troppi problemi: quando Maggie parlava di Syd, era diversa. Era luminosa, era gioiosa, sembrava una rosa in fiore. Syd inoltre non era mai stato brusco con lui, e Milo non aveva motivi di odiarlo.
"Buongiorno" Syd entrò in cucina con la punta del naso rossa e una maglietta sui boxer bianchi.
Jo, comodo nella tuta che non indossava mai, stava studiando e fumando insieme alla sua fidata tazza di caffè. Gli rispose con un grugnito.
"Posso prendere questo caffè?" gli chiese Syd  sbirciando nella moka "voglio portarlo a Maggie"
Lo spagnolo non levò lo sguardo dai libri. "Preparane altro"
"Ma ce n'è ancora in caldo..."
"Sì, ma quello non è tuo. Quello è mio"
Syd inspirò profondamente e scrutò il ragazzo al tavolo. Avrà avuto al massimo ventidue anni, nonostante portasse un po' di barba per darsi un tono. Gli leggeva in volto l'insofferenza che provava nei suoi confronti e parlava con un accento particolare.
"Sei spagnolo?" gli domandò sfoderando un sorriso.
Jo annuì e girò la pagina del libro di Chaucer.
"Hermosa!" esclamò Syd. L'altro lo guardò con un sopracciglio alzato.
"Scherzi? È così che ti hanno insegnato a rimorchiare?" gli chiese di risposta.
"È tutto ciò che so dire in spagnolo"
"Meglio se parli inglese, allora"
Il ragazzo di Oxford digrignò i denti e spalancò le ante della credenza.
"Dove lo trovo il barattolo per il caffè?" si trovò dover chiedere ancora.
"Cercalo" ricevette quell'ovvia risposta.
Scrocchiò le nocche e, prima che potesse voltarsi per dirgli qualcosa, udì un passo leggero e scalzo percorrere il corridoio.
"Ciao" Maggie sussurrò, raggiungendo il coinquilino e dandogli un bacio sulla guancia. "Credevo fossi andato via!" si rivolse poi a Syd, raggiungendolo per abbracciarlo e baciargli leggermente le labbra.
"Non potrei mai" replicò lui, accarezzandole i capelli e poggiando la bocca sulla punta del suo naso delicato.
"Non potrei mai" Jo gli fece il verso a bassa voce, fissando la soglia del salotto. Lì, ancora in corridoio ma con l'orecchio teso al chiacchiericcio e gli occhi sullo spagnolo, Leo dovette coprirsi la bocca con le mani per non ridere.

Il telefono squillò per la terza volta quel pomeriggio e Jo, seduto al tavolo di fronte ai tanti libri, per la terza volta, finse di non sentirlo.
Udì la porta della camera di Leo spalancarsi e lo vide accorrere a rispondere imbronciato e scocciato.
"Chi rompe ancora?" sbraitò, pronto a sorbire le solite telefonate promozionali o gli scherzi telefonici dei compagni di corso.
"Ah, aspetta" abbassò invece il tono della voce e si voltò verso l'amico con cipiglio. Poggiò la cornetta sulla maglietta blu a maniche lunghe e pronunciò il nome di Colette in un sussurro. Jo gli indicò di attaccare con un veloce gesto della mano e uno sbuffo.
"Non è in casa" asserì dunque Leo al telefono.
"Richiamerò più tardi" gracchiò la voce della ragazza.
"No! No: ti faccio richiamare io."
Agganciò e poggiò la schiena al frigorifero. Scrutò Jo piegato sui manuali e scosse il capo. Spalancò il frigo: prese la bottiglia di coca cola, due bicchieri e sedette accanto all'amico.
"Se continui a evitarla, ti mollerà" gli disse.
"No" Jo rispose tranquillo "sono in una botte di ferro fino all'esame"
"Sei proprio un debosciato"
"Io?"
"Stai sfruttando la tua posizione per portarti a letto la ragazza che ti piace!"
Jo arricciò il naso e si stiracchiò nella maglietta bianca. Da quando avevano fatto una colletta per riparare la caldaia, non erano più costretti a girare per casa bardati.
"Non mi piace poi così tanto" mormorò scrivendo gli appunti su un quaderno "non la credevo così insistente"
"Perché?"
Lo spagnolo sbuffò ancora.
"Vuole uscire tutti i giorni, vuole vedermi tutti i giorni, soprattutto non sa finire una conversazione senza prendere a spogliarsi..."
"Povero te: hai una ragazza che non vede l'ora di venire a letto con te. Che tragedia!" Leo esclamò con fare sarcastico.
"Vuole portarmi a letto per avere un bel voto all'esame, è diverso. E poi non è la mia ragazza"
"Non mi sembra comunque una tragedia"
"No ma è sfibrante! Io voglio solo farmi gli affari miei!"
"Se solo trovassi Suzanne, non mi lamenterei un solo secondo di trascorrere più tempo a letto che sui libri" concluse l'altro. Si accese una sigaretta e sbirciò la materia che l'amico stava studiando: lirica.
"Dovrei studiare anche io" commentò grattandosi il mento.
"Oppure potresti vivere d'arte sulle mie spalle, come hai fatto finora"
"Potrei" Leo mormorò pensoso.
Jo alzò lo sguardo su di lui e sbatté le palpebre. Si accese anche lui una sigaretta.
"Stavo scherzando, ovviamente"
"A me invece piace quest'idea, credo che la metterò in pratica" di nuovo, Leo parlò pensoso.
Milo si aggiunse al tavolo sbattendo i volumi di filosofia. Aveva una pessima cera: stava studiando troppo negli ultimi tempi.
Jo tornò ai suoi libri e Leo prese a comporre con la matita sul pentagramma; la concentrazione dei tre venne spezzata verso le otto di sera, quando Maggie rientrò in casa con del fish and chips caldo e una cassetta in mano.
"Cos'è?" domandò curioso Leo, osservandola inserire la cassetta dello stereo.
Lei non rispose e aspettò che tra le pareti rimbombassero le note allegre e acute di Glory Days, di Bruce Springsteen. Lasciò scivolare il cappotto in terra e lanciò la sciarpa sul divano, sorridendo, facendo sorridere anche il francese e Milo accanto a lui.
"Perché sei così allegra?" Le chiese Milo mentre lei faceva una piroetta su se stessa. Ma non ottenne risposta. La maggior parte delle volte, Maggie era solo allegra. Maggie era così, era Maggie.
Si sfilò le scarpe e lanciò anche quelle sul divano, con meno eleganza. Leo si alzò e le si offrì come cavaliere per un paio di giravolte; la ragazza si gettò anche addosso a Milo, impedito ma divertito e coinvolto da tutto quel brio. Con un po' di fiatone, mentre Leo alzava il volume e Milo apriva il vino, Maggie saltellò verso Jo e gli sfilò il libro da sotto il naso.
Gli prese le mani e provò a tirarlo su dalla sedia:
"Dai, balliamo" gli disse dolcemente.
Lui levò gli occhi al cielo e si lasciò trasportare in mezzo al salotto: ci vollero due attimi perché lei spazzasse via il suo cattivo umore. Ballarono per quei tre minuti e si fermarono con l'affanno per accettare i bicchieri di vino bianco che Milo passò loro.
"Lo sapete che siete le mie persone preferite?" Maggie pescò una sigaretta dal pacchetto e cinse la vita di Milo con entrambe le braccia.
"E tu sei la nostra persona preferita" rispose dolcemente Leo, sfiorandole la guancia con il dorso della mano.
Trillò il telefono.
Leo guardò Jo e questo fu costretto a rispondere sotto lo sguardo incuriosito di Maggie.
"Colette" disse con voce allegra "oggi non posso. A domani"
Attaccò e diede una pacca sulla schiena di Leo, tornando verso i suoi libri.
"Colette?" mormorò Maggie al francese, sorpresa.

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